Fondi sociali, magro bottino: i tecnici non fanno il miracolo
Redattore Sociale
IL 2012 DEL SOCIALE. Il governo Monti aveva suscitato grandi speranze, ma per i fondi nazionali è cambiato poco. Nel 2013 i servizi sociali sul territorio soffriranno molto, anche con l’arrivo in extremis di 600 milioni dalla legge di stabilità.
Era iniziato all’insegna della speranza e dell’ottimismo: almeno all’apparenza, del resto, gli ingredienti c’erano tutti. Il 2012 del sociale invece ha portato con sé una grande delusione, ancor più cocente quanto più l’avvento di una nuova stagione politica, quella del governo tecnico, aveva dodici mesi fa autorizzato a sperare in una netta inversione di tendenza rispetto all’impegno statale nel settore delle Politiche sociali. I pochi fondi stanziati in extremis nella legge di stabilità (circa 600 milioni fra Fondo Politiche sociali e non autosufficienza, con qualche incognita su quest’ultimo), pur segnando un punto a favore, migliorano solo in parte un quadro estremamente difficile che si riverbera ora interamente sul 2013.
Non è stata una priorità
Il governo guidato da Mario Monti non ha amato il sociale, non l’ha considerato una priorità per il paese; lo ha ascoltato, ne ha inteso le richieste, ne ha rispettato e probabilmente anche compreso le necessità e il valore, ma non è riuscito a fare significativi passi avanti – dal punto di vista della messa a disposizione di risorse – rispetto alla situazione che aveva trovato. Sui fondi stanziati, relativamente al sociale il governo del professore della Bocconi non ha potuto o voluto rivoluzionare l’approccio che aveva caratterizzato il precedente esecutivo, quello guidato da Silvio Berlusconi, protagonista dal 2008 al 2011 della più imponente riduzione di risorse che si fosse mai vista, con una contrazione della spesa pubblica indirizzata a fondi di natura sociale superiore al 90% (dagli oltre 2 miliardi e mezzo del 2008 ai 218 milioni del 2011, fino ai 10 del 2012). Molto più di un semplice taglio.
Impegnato, in materia di welfare, sulle due impegnative e delicate riforme riguardanti il lavoro e le pensioni, il governo Monti ha insomma segnato il passo proprio sul sociale, e proprio nell’anno più difficile, quello in cui i comuni e le regioni si sono trovati, per i loro servizi sociali, senza le boccate d’ossigeno, che negli anni precedenti avevano avuto, dei trasferimenti provenienti dai fondi nazionali (le politiche sociali, la non autosufficienza, i minori non accompagnati, la famiglia e i servizi per l’infanzia, le pari opportunità, gli immigrati, ecc.).
Le delusioni
Nei dodici mesi che abbiamo alle spalle, nonostante i continui appelli lanciati fra gli altri dalla conferenza delle Regioni, dall’Anci, dal Forum del Terzo Settore, tutti culminati a ottobre con un’apposita manifestazione nazionale di protesta (“Cresce il welfare, cresce l’Italia”), per gli enti locali la situazione è addirittura peggiorata, considerato che nei vari provvedimenti assunti per il risanamento della finanza pubblica non sono certo mancate ampie decurtazioni ai trasferimenti indistinti destinati proprio alle regioni e alle amministrazioni municipali. Nel corso dell’anno (era il luglio 2012) le regioni, che in precedenza avevano chiesto la somma di 1,5 miliardi per le politiche sociali, hanno bollato come “indecente” la decisione del governo di finanziare il fondo per le politiche sociali con la somma di 10,8 milioni di euro, una cifra “risibile” anche per i comuni, durissimi nel parlare di “provocazione” e di “affronto”.
Negli ultimi due mesi le pressioni parlamentari, una volta tanto convergenti, hanno prodotto un qualche risultato all’interno della legge di stabilità, con la previsione per il 2013 di 300 milioni per il Fondo politiche sociali e di una somma tra 275 e 315 milioni per il Fondo non autosufficienza (i 40 milioni “ballerini” dipenderanno dai risparmi per i nuovi controlli sui “falsi invalidi”). Una conseguenza, questo secondo fondo, soprattutto delle clamorose mobilitazione delle associazioni dei malati di Sla. che sono state poi le prime a manifestare tutta la loro insoddisfazione.
In totale circa 600 milioni, imputati per giunta non su un capitolo specifico, ma sul tesoretto del fondo “omnibus” di competenza di Palazzo Chigi: poco rispetto a quanto servirebbe per rispondere ai bisogni di base, ma certamente qualcosa in più rispetto a quello che c’era.
Nel tracciare un bilancio del 2012, oltre alla scarsa attenzione a reperire risorse per il sociale, pesa anche il tentativo di recuperarne di ulteriori a suo scapito: si pensi alle misure penalizzanti verso il terzo settore proposte per la spending review, fino alla tassazione delle pensioni di invalidità e alla stretta sui permessi concessi ex lege 104/92 in legge di stabilità. Ipotesi poi tutte ritirate dal piatto.
I successi
In questo contesto generale, il provvedimento forse più convincente attuato dal governo è stato il Piano sociale per il sud, presentato a giugno 2012 e destinato a Campania, Calabria, Puglia e Sicilia: uno stanziamento totale di oltre 2,3 miliardi di euro recuperati dal ministro Barca attraverso la riprogrammazione di fondi comunitari. In particolare, oltre 800 milioni sono destinati ai servizi per l’infanzia (i nidi) e a quelli per gli anziani, e consentiranno alle regioni interessate di recuperare almeno in parte la distanza che li separa, in termini di qualità e quantità, dalla media nazionale. Né si può dimenticare che il governo ha – per dirla con il sottosegretario al Welfare Maria Cecilia Guerra – “disinnescato la miccia” della legge delega sulla riforma fiscale e assistenziale prevista dal precedente governo. Di rilievo poi, anche se non hanno impegnato nuovi fondi, i contributi che il governo ha avviato su questioni quali la riforma dell’Isee, la definizione di un Piano per la non autosufficienza, la sperimentazione di una nuova social card (già pensata nel 2011 e a cui è stato dato il via libera).
L’anno che verrà
La fine dell’anno, che segna anche la fine della legislatura e l’avvio della campagna elettorale, consegna al 2013 una situazione di grande sofferenza per l’intero settore: sarà durante i prossimi mesi che l’impatto delle riduzioni statali attuate nel corso del tempo si manifesterà al livello del singolo cittadino. Né i nuovi fondi stanziati riusciranno in tempi brevi ad alleviare le difficoltà. Le esigenze del sociale sbarcano così all’interno di una difficile campagna elettorale, con la speranza di apparire finalmente come finora non si è riusciti a fare: una priorità per la tenuta sociale e per lo sviluppo stesso dell’intero paese. (ska)
SPECIALE: IL 2012 DEL SOCIALE, a cura di Giovanni Augello, Alessandra Brandoni, Eleonora Camilli, Stefano Caredda, Carla Chiaramoni, Giorgia Gay, Daniele Iacopini, Chiara Ludovisi, Laura Pasotti, Francesco Spagnolo.
Fonte: http://www.redattoresociale.it
20 dicembre 2012