Flavio Lotti accusa i ministri degli Esteri e della Difesa: "Non vogliono incontrarci"


Emanuele Giordana - Lettera22


Lo sfogo del coordinatore della Tavola della pace: "Siamo forse invisibili?". I due Ministeri chiave della nostra politica estera non intendono dialogare con i costruttori di pace e gli organizzatori della Perugia-Assisi.


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Flavio Lotti accusa i ministri degli Esteri e della Difesa: "Non vogliono incontrarci"

“Forse il movimento per la pace è invisibile”. Usa un paradosso Flavio Lotti ma non è in vena di motti di spirito. E' anzi furioso. “Ancora una volta registro il silenzio e l'assenza del benché minimo segno di attenzione al dialogo con la società civile da parte dei ministri di Esteri e Difesa. Abbiamo chiesto un incontro di dialogo prima della marcia Perugia Assisi. Silenzio totale. Chiusura inaccettabile e intollerabile in un paese dove, esperienza unica in Europa, esiste una delle più vivaci società civili del pianeta, quantitativamente e qualitativamente. Non parlo dunque solo di una chiusura verso la Tavola della pace: parlo di quelle migliaia di uomini e donne che spendono tempo e denaro proprio per costruire pace, democrazia e diritti in giro per il mondo. E invece? Noncuranza. Forse siamo invisibili oppure indegni di attenzione”. E' uno sfogo quello del coordinatore nazionale, con Grazia Bellini, della Tavola della Pace, l'anima organizzativa della Perugia Assisi del 7 ottobre. In realtà l'appuntamento comincerà il 1 e durerà una settimana (il 27 settembre tutte le iniziative verranno ufficialmente presentate alla stampa) mentre il due ottobre sono già in agenda una serie di incontri istituzionali
Con chi vi incontrerete Lotti?
Col presidente del Consiglio Prodi e col presidente della Camera Bertinotti. Stiamo aspettando una risposta da Marini. E un riscontro lo abbiamo avuto anche dal parlamento. L'idea è che il movimento vada a incontrare la politica e le istituzioni. Una scelta di metodo: andare noi incontro alla politica a porgere i quesiti della società civile. Una scelta di dialogo. Ci siamo fatti vivi con tutto l'arco parlamentare, nessuno escluso, e chiaramente col governo
Che però in parte non risponde
Non rispondono i due ministeri che sono importantissimi nella nostra politica estera che noi crediamo sia fatta anche dalle esperienze del movimento per la pace. Non abbiamo chiesto loro l'impossibile ma la costruzione di un dialogo sui grandi temi nei quali far sentire la voce di organizzazioni della società civile ed enti locali impegnati sul campo: lotta alla miseria, pace in Medio oriente, Iraq, Afghanistan, l'Africa sempre dimenticata, l'idea di sicurezza e la corsa al riarmo che molto ci preoccupa. Ma non abbiamo ricevuto, non dico una risposta, ma nemmeno un segnale
Come lo interpretate?
Registrando, in un anno di governo del centrosinistra, l'elemento assai negativo della noncuranza verso tutti coloro che si impegnano per la pace. Un paradosso tutto italiano in un paese che, rispetto ad altri in Europa, ha questa grande ricchezza di impegno diretto per la pace e la democrazia, i diritti umani . Una realtà che viene, non dico solo non ascoltata, ma addirittura ignorata. Uno spreco di capitale umano, energie, risorse che potrebbero aiutare invece la politica estera del nostro paese e renderla più forte e vivace di quanto non sia
Cosa significa “andare incontro alla politica”?
E' la scelta di un metodo, come dicevo ed è questo il quadro di riferimento, la cornice della marcia. La settimana della pace ha l'obiettivo di riproporre alla politica una nuova agenda sulle grandi urgenze che l'Italia deve affrontare o che sta affrontando. Ed è con questo spirito che abbiamo chiesto incontri istituzionali con governo e parlamento. Riproporre tutte le domande inevase che provengono dalla società civile e dal movimento per la pace. Abbiamo mandato un documento – “Voglio di più” – scritto a tante mani tra aprile e giugno e invitato parlamento e governo a un confronto
Non c'è voglia di sentir critiche?
Ma noi chiediamo un confronto sui grandi temi e abbiamo fatto un gesto di disponibilità con un intento costruttivo. Abbiamo deciso di andare incontro alla politica fuori da una logica emergenziale che è poi quella che tiene banco tutti i giorni suoi giornali. E abbiamo scelto una giornata simbolica, non solo perché fa parte della settimana che si conclude il 7 ottobre con la marcia, ma perché il 2 ottobre, giorno della nascita di Gandhi, è stato scelto dall'Onu come giornata della non violenza. Chiediamo insomma di lavorare assieme per costure una nuova politica. Ma a qualcuno evidentemente non interessa ascoltarci. A Esteri e Difesa ci siamo rivolti quasi tre mesi fa. Nessun segnale.

L'intervista è pubblicata oggi su lettera 22 e sul manifesto

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