Fermiamo l’uccisione a sangue freddo dei cittadini palestinesi


Ambasciata di Palestina


Il Ministero degli Affari Esteri Palestinese condanna la barbarica aggressione del governo Netanyahu contro il popolo palestinese.


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Il Ministero degli Affari Esteri Palestinese condanna la barbarica aggressione del governo Netanyahu contro il popolo palestinese; ed in particolare condanna le violenze ad Hebron e Gerusalemme, le uccisioni a sangue freddo che le forze di occupazione commettono ogni giorno con la falsa accusa di essere vittime di accoltellamenti, causando ad oggi 74 morti, di cui 14 minorenni, il ferimento e l’arresto di migliaia di civili palestinesi.

È una gara all’interno del governo israeliano ad inventare ogni giorno scuse nuove per opprimere il nostro popolo: per ultimo la proposta di Netanyahu di creare un tribunale speciale per le questioni di sicurezza, con lo scopo di accelerare le applicazioni delle punizioni collettive, gli arresti amministrativi, le demolizioni di case ed il ritiro delle carte d’identità dei cittadini palestinesi di Gerusalemme, fino a giungere alle uccisioni a sangue freddo dei giovani palestinesi e rifiutarsi di consegnare le salme ai familiari.

Il Ministero degli Affari Esteri Palestinese si rammarica per il silenzio della comunità internazionale e si sorprende di coloro che mettono allo stesso livello il carnefice e la vittima, perché quello che stanno vivendo i territori palestinesi è un’aggressione barbarica, che viola tutte le leggi internazionali.

Il Ministero degli Affari Esteri Palestinese chiede alle Nazioni Unite ed al Consiglio di Sicurezza e a tutte le organizzazioni internazionali competenti di applicare la legge internazionale e la legge umanitaria internazionale in Palestina e al guardarsi dall’usare due pesi e due misure e di non fermarsi alle timide condanne perché sono considerate, dal governo di occupazione come incoraggiamento a continuare il massacro contro il popolo palestinese.

 

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Allegato estratto dell’articolo di Michele Giorgio sul Manifesto- 29 ottobre 2015

HEBRON. Testimone italiano:«Non ho visto un coltello in mano al palestinese ucciso»

Pietro Pasculli ha assistito ieri all’uccisione da parte di soldati del 23enne Islam Ibeido, avvenuta a Tel Rumeida. Amnesty International accusa le forze di sicurezza di Israele di essere responsabili di una serie di uccisioni illegali di palestinesi di Michele Giorgio – Il Manifesto

 

Gerusalemme, 29 ottobre 2015, Nena News – «Quando i soldati israeliani hanno aperto il fuoco quel ragazzo aveva le braccia alzate e non ho visto coltelli». Non ha dubbi Pietro Pasculli, 25enne di Ruvo di Puglia, giunto due settimane fa a Hebron per monitorare per conto di una associazione internazionale quanto accade nella città cisgiordana emersa in queste ultime settimane come il centro principale dello scontro tra palestinesi e coloni e soldati israeliani, dopo l’inizio dell'”Intifada di Gerusalemme”, innescata dalle tensioni sulla Spianata delle moschee. Pasculli ieri ha assistito all’uccisione di un palestinese, Islam Ibeido, 23 anni, avvenuta a Tel Rumeida, a pochi metri dall’appartamento in cui vive assieme ad altri attivisti e a breve distanza dal punto dove martedì sera era stato colpito a morte un altro palestinese, Hamam Said, accusato di aver ferito un militare israeliano. I media israeliani hanno riferito che l’uccisione di Ibeido è avvenuta poco prima del ferimento di una colona di 40 anni avvenuto nei pressi di un supermercato degli insediamenti ebraico di Etzion, tra Betlemme e Hebron. Il portavoce della polizia, Micky Rosenfeld, ha spiegato che i soldati hanno aperto il fuoco durante un controllo di routine quando il palestinese ha tentato di usare un coltello per attaccare un militare. L’italiano smentisce nettamente questa versione dei fatti. «Io quel coltello proprio non l’ho visto», ha raccontato Pasculli al manifesto, «Ho assistito a tutta la scena dalla finestra del mio appartamento. Mi aveva incuriosito il fatto che due soldati si fossero allontanati dal gruppo di militari che da giorni sorvegliano la zona». Dopo qualche secondo, ha aggiunto il testimone, «è apparso un giovane palestinese. I soldati gli hanno detto qualcosa, lui dopo qualche secondo ha alzato le braccia, potevo osservarlo bene e non visto tra le sue mani alcun coltello. I soldati hanno caricato le armi e qualche attimo dopo hanno fatto fuoco. Prima sette-otto colpi, poi un’altra raffica». A Pasculli abbiamo fatto notare che un coltello, dalla lunga lama, appare accanto al corpo di Islam Ibeido nelle foto girate in rete. Pasculli su questo punto è stato di nuovo molto deciso. «Io tra le mani di quel giovane palestinese un coltello non l’ho visto – ha ripetuto l’attivista italiano – e ho potuto osservare quanto accadeva da distanza ravvicinata e da una posizione favorevole».

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