"Ferma il motore o muori…"


Patrizia Anastasi


Usano le minacce i militari della motovedetta libica, che intimano ad una motovedetta, salpata da Zuwara sulla costa della Libia, di fermarsi e tornare indietro.


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"Ferma il motore o muori..."

“Spegni il motore… o vieni con le buone oppure muori, tornare a casa sano e salvo è  meglio di  morire, quindi fermati…” Usano le minacce i militari della motovedetta libica, che intimano ad una motovedetta, salpata da Zuwara sulla costa della Libia, di fermarsi e tornare indietro.

Un video documenta la scena drammatica che si consuma in alto mare. Una cinquantina di persone, tra cui donne e bambini stipate sul gommone, vanno avanti piano, quando una motovedetta, che li avvista in lontananza, intima loro di fermare il motore. Ma il barcone è deciso a proseguire la traversata. Così le motovedetta, nuove di zecca, il governo italiano ne ha regalate tre a Tripoli, accelerano il loro andare e si avvicinano al gommone. A questo punto i migranti non possono far altro che arrendersi. Lanciano una cima e vengono abbordati. Il video è stato girato da bordo della vedetta, fatto arrivare in Italia e messo in onda, in esclusiva, daRepubblica TV e dal TG3. Francesco Viviano, inviato di Repubblica, che ha raccolto il video e che sul tema dell’immigrazione ha firmato diverse inchieste:

“Un filmato  fatto uscire dalla Libia per dimostrare che loro, i libici fanno sul serio, soprattutto adesso che hanno ricevuto dall’Italia tre motovedette nuove di zecca, con le quali effettueranno, così hanno concordato con il governo italiano, il pattugliamento delle coste africane”.

L’idea, come sostiene il reporter, è probabilmente di mostrare agli italiani l’efficienza dei libici nel bloccare i migranti in mare, come previsto dall’accordo firmato tra Roma e Tripoli.

“Queste sono operazioni sporadiche da parte dei militari- ci dice Francesco Viviano-.
Dipende dalle situazioni locali. Le bande che gestiscono il traffico di esseri umani decidono queste mosse. Se i clandestini fossero ogni volta fermati dai militari al largo della Libia, non arriverebbero sulle coste italiane.

Non è dato sapere se quella frase, ferma il motore se no muori, voglia dire “rischi di naufragare”, oppure “se non fermi il motore facciamo fuoco”. Così  come non è dato sapere quale sorte sarà riservata alle persone riportate indietro. I campi per migranti libici sono così pieni che Tripoli ha chiesto al nostro Paese di fermare i respingimenti. In Libia non esiste ancora un sistema di esame internazionalmente riconosciuto delle richieste di asilo. La sorte più probabile per i migranti respinti sarà quella di prigionieri, o di completo abbandono in un Paese che non offre alcuna speranza, oppure un viaggio a ritroso verso casa, un viaggio in cui la sopravvivenza è ancora più improbabile che nel mare tra Zuwara e Lampedusa.

E conclude Viviano:
“Questi sono disperati che farebbero di tutto pur di lasciare la loro terra che li maltratta. E soprattutto, il ritorno in Libia rischia di essere una nuova condanna a continue violenze. Vengono rinchiusi in questi casermoni di ‘accoglienza’, picchiati, violentati, quindi l’unica soluzione è quella di fuggire dai loro Paesi, ma anche dalla Libia, a qualunque costo. Gli extracomunitari infatti affermano: ‘tenteremo ancora’ ”.

Fonte: Articolo21

18 maggio 2009

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