Femminicidio, 2013 tragico
Elisabetta Reguitti
Numeri che fanno paura e raccontano un paese stretto nella crisi, ma soprattutto nell\’ignoranza e nel maschilismo.
NEI PRIMI SEI MESI del 2013 sono state ammazzate 68 donne (124 in tutto il 2012). In Italia la violenza è la prima causa di morte per le donne dai 20 ai 40 anni. Più delle malattie. Più degli incidenti stradali. Il 70% dei femminicidi che si sono consumati potevano essere evitati perché già segnalati come situazioni a rischio. Da gennaio a oggi, oltre 600 donne si sono rivolte alla “Casa delle donne per non subire violenza” di Bologna le cui volontarie aggiornano mensilmente il bollettino di una guerra consumata fra le mura domestiche.
MA IL FEMMINICIDIO non è solo l’uccisione delle donne come movente di genere (classificato come atto criminale in sé), ma rappresenta il culmine di tutte le violenze che una donna può subire in una vita. Secondo l’ultima indagine Istat, oltre il 14% delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni ha subito abusi sessuali o fisici dal partner: poco meno di 7 milioni di casi. Circa 1 milione gli stupri o tentati stupri. Solo il 7% di chi subisce violenze denuncia il compagno. Allarmante appare il dato che il 33,9% di coloro che hanno subito violenza dal proprio compagno e il 24% di coloro che l’hanno subita da un conoscente o da un estraneo, non parla con nessuno dell’accaduto per paura che il denunciato si incattivisca ancora di più.
LA CULTURA MASCHILISTA non è un concetto astratto, ma un principio saldo e diffuso. In molti casi, secondo gli esperti, è radicata la convinzione dell’inferiorità della donna e la conseguente volontà del controllo su di lei. Una donna che sta a casa, che cura i figli, fa la spesa e bada agli anziani, oppure una donna che si accontenta di mezzo salario e che si adatta a fare un lavoro precario e mal pagato, per il suo aguzzino vale meno. Donne che si ritrovano a essere ricattate dal datore di lavoro e devono stare zitte per non perdere quello stipendio. Donne che hanno paura di separarsi da un marito violento perché da lui dipendenti economicamente e che temono di non poter più rivedere i figli. Sembra poi che l’ultima frase di molte vittime prima di morire per mano del loro uomo sia “non vali niente”. Parole che un maschio non può tollerare.
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
5 luglio 2013