Fao. Tutte le opinioni del vertice


Emanuele Giordana - Lettera22


Da Wade a Zapatero, da Sarkozy a Napolitano. Ognuno difende il suo orticello in attesa del documento comune…


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Fao. Tutte le opinioni del vertice

Mentre al vertice della Fao il documento finale (“work in progress” come si dice) è per adesso un lenzuolo di 37 pagine oggetto del taglia e cuci degli sherpa, la prima giornata del summit sulla sicurezza alimentare è stata una vetrina dove ogni capo di stato, tra gli oltre 180 accreditati con una truppa di 5mila delegati, ha difeso il suo orticello. Molte le frasi scontate, alcune buone idee, tanta disponibilità a versare l'obolo.
Forse il merito per il discorso a maggior effetto va attribuito al presidente del Senegal, Abdoulaye Wade, che ha accusato l'aureo consesso e la Fao in particolare di non averlo mai consultato e di trattare i paesi in via di sviluppo alla stregua di "mendicanti". “Non continuate a imporci istituzioni ed esperti. L'Africa non è più come vent'anni fa. Basta con questa farsa". Pur se Wade non è nuovo a questo genere di polemiche (anche perché è un connazionale di Diouf, il padre-padrone della Fao), per un attimo gli oltre mille giornalisti accreditati e rinchiusi come polli in batteria in una saletta da qualche centinaio di posti a seguire sulla Tv a circuito chiuso i “grandi” della terra, devono essere stati distratti dalla stella del giorno, il presidente iraniano Ahmadinejad al quale il gran rifiuto del governo italiano ha restituito l'aura di grande star della prima giornata del summit.
Al momento dunque il debutto del super summit ha registrato soprattutto il diversificato ventaglio di opinioni e soluzioni che girano nelle cancellerie. Una bella figura l'ha fatta il presidente Giorgio Napolitano che si è preso gli apprezzamenti persino delle agguerrite Ong a cui sono piaciuti i richiami ai “nodi del commercio da sciogliere in sede Wto” e il passaggio sugli aiuti alimentari che “non bastano per affrontare una crisi globale come questa”. E si perché il grande orientamento è soprattutto verso il portafoglio dell'aiuto. E sia Ban Ki-Moon, sia Jacques Diouf, hanno puntato sulla generosità come prima qualità da far vibrare. Appello che il servizio stampa dell'Onu ha tradotto rapidamente in uno slogan: “Con soli 30 miliardi di dollari il mondo può sconfiggere la vergogna della fame”. Uno spot raccolta fondi che sarebbe il miglior viatico per mettere a posto la coscienza e scappar via per altri impegni. Il manifesto di questa tendenza è stato Nicolas Sarkozi che, scambiandosi occhiatine e ammiccamenti con il caro amico “Silviò” (Berlusconi, tra frizzi, lazzi e l'inevitabile barzelletta sui comunisti conduceva la sessione del mattino) ha promesso 50 milioni subito (venti in più di quelli chiesti da Diouf) e un miliardo da spendere in cinque anni nell'Africa subsahariana (magari, aggiungiamo maliziosamente noi, nei paesi della francofonia).
Il presidente Lula Da Silva ha invece difeso a spada tratta i suoi agrocarburanti. Citando fonti del Dipartimento di stato americano (forse per sembrare meno autoreferenziale) ha spiegato che il Brasile ha 340 milioni di ettari di terra e che di questi solo l'1% va in etanolo. In effetti Lula rappresenta il punto più controverso della polemica sugli agrocarburanti, riassunta nelle posizioni del Forum Terra Preta, che raccoglie le varie associazioni contadine e della società civile. Per il Forum col summit c'è "grande comunanza” su molte questioni (cambiamento climatico, crisi alimentare, l'urgenza di soluzioni e l'aumento dei prezzi del petrolio tra le cause dell'emergenza) ma restano punti di divergenza, il primo dei quali è proprio legato alla questione degli agrocarburanti. Una pratica che al più può essere una soluzione interessante “ma solo se usata a livello aziendale e non a livello internazionale". Forse i delegati del Forum si sono trovati in sintonia con Lula quando il presidente brasiliano ha accusato, oltre ai petrolieri, la grande speculazione finanziaria sui prezzi dei cereali e sugli alimenti in genere. Convitato di pietra di cui però non si riesce a indicare nome e cognome e che non è tra i più gettonati nell'analisi dell'Onu.
Tra gli altri “big” si sono distinti la signora Kirchner, presidente dell'Argentina – che, parlando a braccio, si è lanciata in una vibrata difesa molto peronista del suo paese, un tempo “granaio del mondo” – e l'attesissimo Robert Mugabe, il “cattivo” che si contendeva la scena con Ahmadinejad. Anche lui ha finito per parlare di sé e del fatto che l'Occidente, attraverso sanzioni e imposizioni economiche, vuole arrivare a un illegale cambiamento di regime nello Zimbabwe. Ma l'intervento forse più interessante resta quello di Zapatero. Che ha rivendicato la necessità di una leadership dell'Onu, forse alludendo, senza dirlo, al piano americano per bypassare più di un vertice e reso noto ieri (vedi articolo a fianco). Il leader spagnolo ha invitato la comunità internazionale a scrivere una “Carta della sovranità alimentare” e a non limitare le risorse alla cooperazione allo sviluppo.

Fonte: lettera22, il Manifesto

04 giugno 2008

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