Famiglia Cristiana: Don Ciotti “La mafia si batte a scuola”
Libera
A gennaio il Governo si è impegnato a presentare un pacchetto di norme antimafia. Nella sede milanese di Famiglia Cristiana ne hanno discusso don Luigi Ciotti e Rosy Bindi.
A gennaio il Governo si è impegnato a presentare un pacchetto di norme antimafia. Nella sede milanese di Famiglia Cristiana ne hanno discusso, affrontando i molteplici aspetti del problema – dalla presunta trattativa con lo Stato al ruolo della Chiesa, dall’Expo 2015 al semestre europeo a guida italiana – , don Luigi Ciotti, fondatore di “Libera”, e Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia. Famiglia Cristiana di questa settimana riporta un’ampia sintesi dell’incontro, intitolata “La mafia si batte a scuola”.
All’inzio, una considerazione di don Ciotti: “Le mafie uccidono di meno, riciclano di più. Con la loro capacità di anticipazione e adattamento, hanno saputo inserirsi nei meccanismi dell’economia “immateriale”, aumentando i profitti e diminuendo l’allarme sociale. Tutto questo è avvenuto senza un’adeguata presa di coscienza sociale e politica”. Bindi riconosce “la mancanza di una legislazione adeguata sulla trasparenza e di contrasto dei paradisi fiscali, del riciclaggio e dell’autoriciclaggio” e avanza una serie di proposte: “Il rapporto mafia politica va indagato, senza reticenze. Non possiamo permettere, come è accaduto, che un ministro della Repubblica dica che con la mafia dobbiamo convivere. È una resa inaccettabile alla logica mafiosa. La nostra Commissione affronterà questo nodo, avendo chiara la distinzione tra i compiti del magistrato e quelli del politico. Sicuramente va approvata una legislazione diversa e più efficace sul voto di scambio. Ma io penso che la politica dovrebbe riuscire a emettere un giudizio su sé stessa prima ancora che emergano reati. Se so che fare il sindaco nella Locride è diverso che fare il sindaco in Toscana, so anche che c’è una politica che in alcune zone del Paese con il voto di scambio tiene la società sotto ricatto e abitua la comunità a essere ricattata. Se invece di rafforzarti nella tua dimensione di cittadino riconoscendo i tuoi diritti ti tengo legato ai miei favori ti rendo permeabile ai poteri mafiosi. Da questo punto di vista il codice etico antimafia è da riprendere. La nostra Commissione dovrebbe anche incalzare le forze politiche perché prevedano un grande investimento nella formazione di politici e amministratori che si trovano nei territori più esposti”. E ancora: “Sui beni confiscati si sono ottenuti risultati importanti, però va fatto un aggiornamento delle norme anche perché se non riusciamo a renderli produttivi facciamo aumentare il consenso alle mafie. L’azienda sequestrata che fallisce e licenzia diventa un esempio negativo, provoca le manifestazioni sotto le Prefetture e gli attacchi ai magistrati che si occupano di misure di prevenzione. C’è da intervenire meglio nella prima fase perché non passi molto tempo dal sequestro alla confisca e perché si usi una logica imprenditoriale. Se abbiamo sequestrato un rudere meglio abbatterlo e farci un parco per bambini, ma se si sequestra un supermercato, come è stato fatto a Palermo, visto che in questo Paese esiste una legislazione di vantaggio per la cooperazione si potrebbe chiedere ad alcune cooperative di farsi carico del bene e di riportarlo nell’economia legale, per essere un servizio ai cittadini e un luogo di buona occupazione. Bisogna esigere che ci sia una reazione di più attori e di più soggetti. Poi si deve istituire l’albo degli amministratori dei beni confiscati, per evitare, come purtroppo avviene, che a gestire le imprese sequestrate ci siano prestanome dei mafiosi. È un capitolo importante sul quale contiamo di ottenere subito dei risultati. Accanto c’è il grande tema degli enti locali. Anche qui la legislazione non è più adeguata. Bisognerebbe rafforzare gli strumenti per prevenire infiltrazioni e condizionamenti criminali nelle amministrazioni. Quando invece c’è lo scioglimento, bisognerebbe nominare commissari a tempo pieno che non siano semplici burocrati e abbiano più poteri. E, soprattutto, si deve evitare che i politici che hanno causato lo scioglimento per infiltrazione mafiosa rivincano le elezioni”.
Don Ciotti rileva poi che “sempre più sono le persone che, pur non essendo tecnicamente né testimoni né collaboratori di giustizia, vogliono uscire da circuiti mafiosi e criminali nei quali sono vissute e dei quali si sentono ostaggi. Aiutarle a costruire una speranza per sé e i propri figli non è solo un dovere morale e sociale, ma un segnale per indurre anche altri a seguirle in quel difficile passo verso la dignità e la libertà”. Bindi dichiara l’impegno suo e della Commissione su questa punto e segnala due altri impegni della Commissione: la Calabria e l’Europa. “Serve una legge speciale per la Calabria. Una regione che è in una situazione drammatica e che non può essere lasciata a sé stessa e alla quale, al contrario, occorre restituire attenzione e risorse che le sono state negate o tolte. Infine dobbiamo investire sul Semestre europeo. Mi piacerebbe che si mettesse la lotta alle mafie al primo posto, perché la crescita sulla quale intendiamo puntare anche in Europa o è all’insegna della legalità oppure non è”.
Fonte: www.libera.it
7 gennaio 2013