F-35, non solo un problema di quantità
Gabriele Polo
Intervista al Generale Fabio Mini di Gabriele Polo. Il generale Fabio Mini, lunga esperienza sul campo, ha tuonato spesso contro l’acquisto di quei caccia, arrivando a definirne velleitaria la logica.
Un caccia in picchiata sui bilanci. Pubblici. Centotrentuno F-35 – prodotti dalla Lockheed – ordinati dieci anni fa dal governo italiano e oggi al centro di un bel po’ di problemi, a partire dal costo che supera i 15 miliardi di euro. Ora il consiglio superiore di Difesa sta mettendo in discussione quell’ordine, ma solo nella sua quantità. Il generale Fabio Mini – lunga esperienza sul campo e che, tra i tanti incarichi, ha comandato la missione KFOR-NATO in Kosovo nel 2002/2003 – ha tuonato spesso contro l’acquisto di quei caccia, arrivando a definirne velleitaria la logica.
Generale, a che ci servono questi F35?
Sono stati ordinati per dare il cambio agli Amx, agli F16 che avevamo preso in leasing e ai Tornado. L’F35 è un caccia multiruolo – di quegli aerei che possono fare un po’ di tutto finendo per non fare bene nulla. Un centinaio sono per l’aeronautica, 22 – a decollo verticale – per la marina. Ma sono stati ordini un po’ incauti: oggi non servono più a nulla, perché non c’è il nemico comparabile a questo aereo.
Con tutte le guerre che ci sono in giro e i nostri soldati sparsi per il mondo, ci siamo persi il nemico?
Il nemico per quegli aerei lì. Solo i russi potrebbero impegnare in battaglia gli F35, ma escludo che si pensi a una guerra con la Russia. Dove si combatte – in Libia o in Afghanistan – non faranno più di quanto faccia un vecchio aereo. Insomma, sono uno spreco, costosissimo e inutile.
E, allora, perché li abbiamo ordinati e li stiamo comperando? Non saranno mica tutti scemi nelle alte sfere?
L’Italia ha firmato dei contratti capestro per far felici quei vertici delle Forze Armate, cui si scalda il cuore all’idea di rinnovare il parco armamenti, anche a scapito del personale. L’idea era quella di sostituire i vecchi con i nuovi – alla pari – come nella guerra fredda, senza pensare che nel frattempo erano cambiate tutte le condizioni operative. Poi si voleva far piacere agli amici americani, cui non si nega mai nulla, soprattutto commesse che sono di 200 milioni di dollari all’ordine, ma che si gonfiano a dismisura quando con l’aereo ti vendono manutenzione e assistenza: agli Usa l’F22, detto “raptor”, alla fine è costato un miliardo di dollari a velivolo.
Sprechi a parte, che ne faremo di questi aerei?
Un po’ di esercitazioni. Saranno delle Ferrari che dovranno fare il lavoro di una 500. Per questo il programma che li riguarda è velleitario, un po’ come il varo della seconda portaerei italiana, quando già la prima in questi anni ha fatto soprattutto crociere.
Generale, non è che lei ce l’ha tanto con caccia e navi per spirito di corpo, perché non si tratta di carri armati per l’esercito?
Ma no! Sono il primo a dire che abbiamo troppi carri armati… 400.. che ce ne facciamo? Anche “a terra” gli sprechi non mancano. Per esempio abbiamo buttato via degli ottimi cannoni, usati solo per le esercitazioni, per sostituirli con dei semoventi d’artiglieria… che fanno anch’essi solo esercitazioni.
In questo mare di sprechi, chi è che decide davvero d’acquistare le armi pesanti? Il governo? I militari? Le fabbriche d’armi?
Tutto è condizionato dall’incrocio tra politiche d’immagine delle caste con gli interessi economici delle industrie. I militari chiedono il desiderabile, il ministro della difesa giustifica, il governo ordina, generali e ammiragli firmano i contratti e le fabbriche di armi…..
Sollecitano?
Eh (ride)…. diciamo “spingono”, anche con gli amici della politica.
Cioè “ungono”?
Anche. E fanno pressioni con non troppo velate minacce o con grandi promesse. Di prebende immediate, promozioni, incarichi di vertice per nuove carriere: sono molti i militari che si riciclano come consulenti o commessi viaggiatori delle industrie belliche, in particolare quelle private.
Dice che girano un bel po’ di soldi sottobanco?
Intanto ne girano tantissimi sul banco, quel che succede “sotto” non è difficile immaginare e neppure verificare. Ci sono aziende che dichiarano fiscalmente le mazzette versate. Come ha fatto la Lockheed negli anni ’70: lo scandalo che coinvolse anche il presidente della Repubblica dell’epoca, Giovanni Leone, scoppiò quando il gruppo americano dichiarò di aver versato un bel po’ di dollari per spingere all’acquisto degli aerei Hercules. Non mi risulta che il sistema fiscale sia cambiato molto in America e nemmeno la corruzione in Italia.
Ma ora, con un militare al ministero della difesa, cambierà
qualcosa? Almeno sul versante degli sprechi?
Questo ministro dovrà mantenere gli impegni presi da quello precedente e si comprerà gli F35, magari non tutti. E’ normale assolvere agli impegni presi dal predecessore… se poi il “precedente” e il “seguente” sono la stessa persona…
Cioè?
Beh, gli F35 li aveva richiesti lui, Di Paola. Ha anche attinto alla strategia americana per giustificare aerei, portaerei, sommergibili, reti digitali, semoventi e così via. Mi riesce difficile pensare che limiterà di molto il numero di ordinazioni. Più facile che per salvare i materiali mandi in cassa integrazione gli uomini, che sono sempre dei “rompiballe”.
Fonte: http://www.ilmale.net/
17 Febbraio 2012