Europa: quanto ci costano le espulsioni?


Alessandro Graziadei


Questa settimana abbiamo provato a fare i conti in tasca a Frontex l’agenzia per il pattugliamento delle frontiere dell’Unione europea.


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Europa: quanto ci costano le espulsioni?

Questa settimana abbiamo provato a fare i conti in tasca a Frontex l'agenzia per il pattugliamento delle frontiere dell'Unione europea. Creata nel 2004 e diventata operativa nel 2005, Frontex è un organismo “elastico”, che si adegua alle indicazioni operativa decise, negli anni, dall’Unione europea. Di fatto il regolamento che istituisce l'Agenzia ne fissa sede e struttura, ma non le assegna un mandato specifico né compiti diretti, ad esclusione degli studi e delle analisi sull'immigrazione e i suoi flussi. Alle missioni partecipano, di volta in volta, più Stati, che devono contribuire a finanziarle, come nel caso dell’attuale Hermes 2011, guidata dall’Italia che fornisce tutte le unità navali e gli equipaggi che pattugliano il Canale di Sicilia per “individuare e prevenire l’attraversamento illegale delle frontiere per le isole Pelagie, la Sicilia e la penisola italiana”.
Tuttavia, nonostante i finanziamenti dei singoli Stati per le missioni siano pochi, nel 2011 il budget annuale fisso dell'agenzia, finanziato in gran parte da Bruxelles, ha sfiorato una previsione di spesa di quasi 86 milioni e 400 mila euro rispetto ai 70 milioni di euro del 2008.
 Paradosso dei paradossi: mentre negli ultimi anni i bilanci di Frontex sono lievitati per foraggiare l'apparato burocratico – dai 18 milioni di euro del 2008 ai 36 milioni preventivati nel 2011 – il suo potenziale d'intervento si è sempre più indebolito anche in seguito alle denuncie di Amnesty International che hanno in più occasioni chiesto spiegazioni in merito ai respingimenti effettuati per stroncare i flussi migratori verso la Spagna tra il 2006 e il 2008.
Oltre alla macchia delle violazioni commesse in mare, l'immagine dell'agenzia è stata sporcata dal fallimento delle tre missioni Nautilus nel canale di Sicilia.
 “Le operazioni di pattugliamento guidate dai contingenti europei dal 2006 al 2008 furono interrotte, ufficialmente per mancanza di mezzi e fondi – ha precisato Melting Pot Europa, un progetto per la promozione dei diritti di cittadinanza – ma anche perché inefficaci. L'arrivo di più navi ed elicotteri coincise con il picco massimo di morti e incidenti nel Mediterraneo: i migranti sfuggivano ai controlli con imbarcazioni più piccole, muovendosi su rotte più lunghe e, di conseguenza, più pericolose” nonostante i 7.982.506 Euro messi a budget dall’operazione nel solo 2008.
Ma il problema dei costi, per alcuni troppo pochi per affrontare una sfida come quella dell’immigrazione, è un problema di straordinaria attualità. A richiamare l’attenzione sulle cifre è stato Fortress Europa, il blog del giornalista Gabriele Del Grande da anni impegnato nell’analisi dei flussi migratori, dei diritti dei migranti e del pesantissimo costo umano dell’immigrazione: “Circa 17.627 persone che dal 1988 sono morte di viaggio, lungo le frontiere della fortezza Europa”, più di 1.800 dei quali nel solo 2011. Secondo le cifre dell’ultimo rapporto di Frontex l’agenzia nel 2010 è riuscita a spendere la bellezza di 8.525.782 euro per rimpatriare 2.038 persone, “dati – ha continuato Del Grande – che riguardano soltanto le spese di viaggio, non le spese di detenzione nei centri di identificazione né le spese giudiziarie per i processi di convalida del trattenimento”.
“L'Unione europea che stanzia quasi dieci milioni di euro per 2.000 rimpatri – ha continuato il blogger – è la stessa regione dove si stima vivano circa tre milioni di persone senza documenti di soggiorno e lo stesso luogo dove si stima entrino senza documenti in media 100.000 persone ogni anno dal Mediterraneo e dalle frontiere terrestri orientali, mentre altre centinaia di migliaia di persone arrivano nei nostri aeroporti con visti che poi lasceranno scadere”.
Davanti a questa situazione difficilmente gestibile con politiche di rimpatrio forzato, Frontex anziché usare i voli di linea affitta degli aerei da compagnie private e organizza vari scali in diversi paesi europei fino a riempirli di soli passeggeri da espellere e della relativa scorta di polizia. Il risultato? 4.111.175 euro per rimpatriare 777 migranti in Nigeria, Camerum e Gambia; 1.010.329 euro per 215 colombiani ed ecuadoregni; 986.171 euro per 225 giorgiani ed armeni; 945.529 euro per 154 iracheni… fino all’economico viaggio di 21 migranti del Burundi, espulsi da Svezia, Cipro, Olanda e Norvegia per “soli” 273.206 euro, circa 13.000 euro a testa.
Quanto basta per considerare le tanto “Joint return operations 2010” di Frontex un fiasco anche dal punto di vista economico oltre che strategico “visto che – ha concluso Del Grande – è necessario chiedersi a cosa serva spendere così tanto denaro nelle operazioni di rimpatrio e più in generale nella macchina repressiva contro la mobilità dei cittadini non europei, laddove è scientificamente dimostrabile che è tutto inutile. Che la gente si sposta da sud a nord e viceversa a prescindere dalle leggi sull'immigrazione e dalla macchina delle espulsioni”.
Se siete arrivati fin qui, anche in voi sarà sorta spontanea la domanda: ma se l’espulsione non è una soluzione umana, ne tanto meno economica all’emigrazione, quali politiche integrative e d’accoglienza si potrebbero avviare con 8.525.782 euro? Possiamo immaginare non poche e realtà come il Consiglio Italiano per i Rifugiati impegnato quotidianamente nell’assistenza, informazione, sensibilizzazione, formazione e promozione del diritto di asilo di migranti e rifugiati, saprebbe forse investire questi fondi con maggior oculatezza e migliori risultati.

Fonte: Unimondo.org

16 luglio 2011

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