Esercito Israele pronto ad espellere 15 famiglie
NEAR EAST NEWS AGENCY
Perchè si trovano in un’altra area a sud di Hebron dichiarata “zona militare chiusa” dalle forze di occupazione ed usata per le esercitazioni. Come la “Firing Zone 918”.
Quindici famiglie palestinesi della tribù Shalalda hanno ricevuto l’ordine di abbandonare immediatamente le loro abitazioni che si trovano a al Janoub, a est del villaggio di Sair. Altrimenti saranno evacuate con la forza. Lo riferiscono i media palestinesi. Si tratta di famiglie che vivono in grotte situate in un’area che le forze di occupazione israeliane utilizzano per le esercitazioni militari.
E’ l’ennesima minaccia di espulsione che avviene a sud di Hebron dove Israele gia’ tiene sotto pressione i residenti di otto dei 12 villaggi palestinesi che i comandi militari intendono mentenere in via definitiva come “zona militare chiusa”. A gennaio la Corte suprema israeliana aveva emesso un’ingiunzione per fermare l’ordine di espulsione firmato dal ministro della difesa uscente Ehud Barak e aveva dato 60 giorni di tempo agli avvocati delle famiglie per presentare un’istanza.
Sulle mappe israeliane parte della zona a sud di Hebron è tracciata come “Firing zone 918” e si trova nell’area C dei Territori occupati, che è ancora sotto totale controllo militare, 20 anni dopo la firma degli accordi “di pace” di Oslo. Si tratta di un territorio di tre chilometri quadrati. Vuota secondo le autorità israeliane e che invece è popolata da circa 1.800 persone.
Le frazioni “disabitate” a detta dei comandi militari sono 12: Tuba, Mufaqara, Sfai, Majaz, Tabban, Fakheit, Megheir al – Abeid, Halaweh, Mirkez, Jinba, Kharuba e Sarura. Otto di queste, quelle più meridionali, sono minacciate dall’ordine di espulsione: gli abitanti dovrebbero essere trasferiti a Yatta. Le quattro più settentrionali, popolate da circa 300 persone, sarebbero “salve”. Tra una frazione e l’altra, e tutt’intorno, decine di insediamenti israeliani e centinaia di coloni.
L’area C, circa il 61% della Cisgiordania, conta circa 350.000 coloni israeliani, contro una popolazione palestinese che va dai 92.000 secondo il governo israeliano ai 150.000 censiti dalle Nazioni Unite. E’ la miniera d’oro dell’edilizia dello Stato ebraico, quella in cui ogni anno vengono autorizzati migliaia di nuovi appartamenti e dove i coloni vengono facilitati a trasferirsi.
Già nel 1999 l’Associazione per i Diritti civili in Israele era ricorsa in appello contro lo sfratto di circa 700 abitanti di 12 villaggi della zona a opera dell’esercito, che ne aveva demolito edifici e pozzi. Nel 2000 ai residenti era stato permesso di tornare alle loro case. Poi, dal 2005, lo stallo. Lo scorso anno lo Stato ebraico ha presentato un’istanza, secondo la quale ci sarebbe “una crescente tendenza, dal 2009, ad aumentare e rafforzare la popolazione (palestinese, ndr) nella zona C”.
Fonte: http://nena-news.globalist.it
12 marzo 2013