Eppure qualcuno resiste
Piero Piraccini
Sono passati solo quattro anni da quando gli italiani impedirono col loro voto al referendum, la modifica alla Costituzione che, sulla scia della “Grande riforma craxiana” avrebbe ridotto la solidità delle fondamenta della Repubblica.
“Nascendo piangiamo perché siamo entrati in questo grande teatro di pazzi”. Così fa dire Shakespeare a Re Lear ormai sulla strada della follia. E che l'Italia da tempo ci si sia incamminata, oramai solo quelli c'erano ma dormivano, lo negano.
Sono passati solo quattro anni da quando gli italiani impedirono col loro voto al referendum, la modifica alla Costituzione che, sulla scia della “Grande riforma craxiana” (toh! si rivede il grande statista colpito con inaudita durezza), avrebbe ridotto la solidità delle fondamenta della Repubblica.
Oggi, inverando quel tentativo abortito, la legalità costituzionale ed ordinaria non è più un valore in sé. Le elezioni non costituiscono più un esercizio di democrazia. L'unto dal voto popolare vuole essere un intoccabile ancorché prevaricatore di equilibri che stanno alla base della nostra convivenza. Dunque nessun Parlamento approva più leggi, nessuna Magistratura giudica e sanziona reati riferiti a chi governa, nessuna Costituzione fa da quadro di riferimento formale e sostanziale dell'agire politico del premier. Questo è l'obiettivo. Si torna allo stato premoderno cancellando secoli di faticosi percorsi che hanno portato a scrivere nelle aule dei tribunali che “la legge è uguale per tutti”, anche se a volte era solo una speranza. Sono passati quasi otto secoli da quando Giovanni Senzaterra ponendo fine ad una disputa sanguinosa con l'aristocrazia e con la Chiesa sancì un principio base: anche il re è soggetto alla legge. Era la Magna Charta. Nell'anno 2010 non si vuole che sia più così. Berlusconi, eletto grazie al suo immenso potere economico e mediatico, non vuole essere giudicato. Cosicché, a differenza di Craxi che privo di un'adeguata maggioranza parlamentare per cambiare le leggi a suo piacimento fuggì ad Hammamet, lui resta e nelle aule dei tribunali, nei pochi casi in cui arriveranno a sentenza i suoi processi, risuoneranno parole inusuali: l'imputato è assolto perché il fatto compiuto non è più reato. Perché ciò dispongono leggi predisposte dai suoi avvocati e dal Parlamento approvate. Sicché come dice il procuratore Caselli, la maggioranza dei carcerati è ormai costituita da ladri di polli, e per salvare Berlusconi dai suoi processi rischia chi ha chiesto giustizia perchè truffato dal Tanzi della Parmalat o ha visto i suoi familiari bruciati alla Thissen: i tempi del processo potrebbero essere scaduti, dunque liberi tutti. Altra cosa per chi, invece, è stato sanzionato dalla giustizia: la gran parte immigrati e tossicodipendenti. Per loro poche possibilità di recupero come prevede la Costituzione, molte probabilità di morire in galera come dimostra la realtà. A problemi sociali: marginalità, disagio e povertà la riposta è di carattere penale. Nessun Ghedini al loro orizzonte, solo il carcere o l'allontanamento dai luoghi del loro precario lavoro. Come gli immigrati di Rosarno. Perché, come dice il ministro Maroni, bisogna essere cattivi. Non nei confronti della 'ndrangheta ma delle sue vittime. Dunque nuove leggi che richiamano quelle razziali di alcuni decenni fa, riproposte in altra forma essendo altro il contesto, e quindi sgomberi disposti nei confronti di chi vive una marginalità sociale deprivata di diritti. Rom ed immigrati, clandestini e non, allontanati e basta. Cacciati dai loro tuguri e gettati in mezzo alla strada, nelle braccia di organizzazioni che hanno bisogno di manodopera clandestina, perché ricattabile.
A quest'Italia che, sdoganato la repulsione al diritto, svende ogni dignità al profitto personale, si contrappone una minoranza politica debole che ha difficoltà persino a trovare propri candidati alle elezioni. Una sinistra che almeno prova ad uscire dal popolo degli invisibili cercando di ricompattare una colpevole dispersione. Fosse altrimenti, non saremmo a questo punto. Eppure qualcosa resiste, c'è una società civile che non si arrende. Cos'è, altrimenti, quel treno che parte da Cesena ed accompagna 47 studenti ad Auschwitz perchè conoscano le perversioni del nazismo, o quel premio che sarà consegnato alla fondazione Jerry Masslo che assiste migranti ridotti in schiavitù, o quel comitato nato a difesa della Costituzione che in questi giorni mentre ne evidenzia i principi violati, distribuisce le arance e i pomodori che quegli schiavi raccolgono in campi controllati dalla mafia nell'indifferenza dello Stato, o chi, infine, sta preparando una nuova marcia per la pace Perugia-Assisi promuovendo una nuova scala di valori perchè abbiamo bisogno di un'altra cultura contro la violenza, il razzismo, le mafie, l'indifferenza, la rassegnazione?
Editoriale di Piero Piraccini
gennaio – febbraio 2010