Emergenza Rom: tanto rumore… perché?
Redattore Sociale
Una guerra tra poveri, una caccia alle streghe ai danni del capro espiatorio di turno e gli occulti “burattinai” che fomentano la gente perché faccia il lavoro sporco.
CAPODARCO DI FERMO – Una guerra tra poveri, una caccia alle streghe ai danni del capro espiatorio di turno e gli occulti “burattinai” che fomentano la gente perché faccia il lavoro sporco. E sullo sfondo interessi milionari legati all’edilizia. Ecco un modo di leggere i fatti di Ponticelli, quartiere napoletano dove negli ultimi giorni sono stati incendiati gli accampamenti dei nomadi, dopo un presunto tentativo di rapimento di una bambina di sei mesi da parte di una donna Rom. L’analisi è di Giovanni Zoppoli, referente napoletano dell’associazione “Osservazione”, che viene da una lunga militanza e conosce bene le realtà dei Rom a Napoli, in particolare quella di Scampia e Ponticelli. “Ci sono almeno due elementi che non quadrano – spiega Zoppoli – . Il primo è che la zona occupata dagli accampamenti nomadi rientra nel Piano urbanistico di zona dove da poco meno di un mese sono stati emessi bandi di gara per la costruzione di strutture residenziali: appartamenti, scuole, ospedali, servizi. Quest’area è interessata da un finanziamento pubblico di 7 milioni di euro e il termine per l’inizio dei lavori è fissato per agosto. Se entro tale data i lavori non partiranno, i soldi verranno persi. In altre parole, sembra strano che questo ‘allarme rapimento’ sia scoppiato proprio adesso, pochi giorni dopo i bandi di gara. Tra l’altro in Europa non esiste nessun caso accertato di bambini rapiti da Rom: uno stereotipo vecchio e superato”.
Quanto alla camorra, spiega ancora Zoppoli, “ci sono da fare almeno due considerazioni in merito, che rendono probabile l’ipotesi data: la prima è che Ponticelli è una zona dove la camorra è molto forte, la seconda è che la criminalità organizzata ha sempre messo le mani sull’edilizia. Un cerchio che si chiude se si considera un terzo elemento, e cioè quanto sia forte la pressione psicologica sulla gente, quanto sia facile diffondere la psicosi degli zingari che rubano bambini. Nel quartiere c’è già un malessere molto forte che dipende da tanti elementi, degrado urbano, sociale, malavita, assenza di servizi. Insomma diventa una guerra tra poveri”.
Stessa tesi sposata da Giulio Riccio, assessore alle Politiche sociali del comune di Napoli: “Dietro i roghi che stanno interessando i campi rom di Ponticelli c'è la mano della camorra, li hanno visti tutti alcuni componenti della criminalità organizzata fomentare le folle”.
E intanto, ci sono almeno duecento Rom che in seguito all’incendio sono praticamente per strada. Che fine faranno? “Non si sa. E in più rimane il problema degli altri che si sono sparpagliati in altri accampamenti”. E’ ancora Zoppoli a fornire una chiave di lettura: “Al fondo della questione, c’è sempre la mancanza di una seria politica di accoglienza. Nell’emergenza è necessario pensare a strutture di accoglienza provvisoria, il problema è quando il provvisorio diventa definitivo. A Napoli negli anni ‘90 è stata realizzata una struttura di accoglienza a Secondigliano che doveva essere una soluzione all’avanguardia e che in realtà si è trasformata in un ghetto. Io credo che bisogna smettere di pensare ai Rom come popoli nomadi che vogliono vivere così. Integrarli significa permettergli l’accesso, insieme a gente del luogo, in appartamenti, magari usufruendo di fondi di garanzia e supporti da parte delle istituzioni”.
Un altro punto di vista per capire il perché di tanta esasperazione è quello di Giuliano Ceschi, direttore della Caritas di Verona, secondo il quale “i recentissimi fatti di violenza e intolleranza razziale che, dopo Roma, hanno colpito anche Napoli, avviando una sorta di 'caccia alle streghe', devono far riflettere soprattutto sulle possibili conseguenze. La modalità di ‘caccia’ fa sicuramente pensare che dietro il lancio di molotov contro le baracche nel campo Rom di Ponticelli possa nascondersi una sorta di ‘burattinaio’ losco, che vuole affermare la sua supremazia anche nei confronti delle istituzioni che appaiono, agli occhi dei cittadini, inerti e impotenti. Purtroppo il fatto più grave è che, insieme alla guerriglia urbana delle periferie degradate sia partita la caccia allo zingaro, all’immigrato, al diverso, a dimostrazione di quanto l’ostilità radicata in millenni di storia possa accendere, in tutti i sensi, la guerra tra poveri”. Invece, secondo Ceschi, la questione Rom dipende da come le città scelgono di gestirla: “Non è uguale per tutti. A Verona, ad esempio, si è trovata una modalità rispettosa dell’identità dei Rom i quali, non solo si sono dimostrati ben disposti a lasciare i campi e a entrare in appartamenti, ma desiderosi di farlo. E’ così che lo ‘spauracchio’ della sicurezza si sgonfia”.
“L’integrazione e la convivenza civile sono possibili – continua don Giuliano – . La vicenda dei Rom di Roma, Napoli, Milano è stata trattata con toni che definisco ‘sopra le righe’, tra l’altro rinfocolati anche dai media che, affrontano una realtà variegata in modo molto generico. Questa situazione è fortemente preoccupante. Io non credo che le ultime vicende di Napoli si possano spegnere facilmente. Temo fortemente possibili conseguenze ritorsive”.
E allora, ecco qualche cifra per ridimensionare il fenomeno. Innanzitutto è da precisare che non esiste un’unica popolazione rom o “zingara” e non esiste soprattutto ancora un censimento ufficiale in Europa. Secondo gli studiosi, le popolazioni rom sono infatti una “galassia” di minoranze che però non hanno la stessa storia, né una cultura omogenea o un'unica religione. In comune hanno una lingua di ceppo indiano, anche se i diversi gruppi parlano dialetti molto diversi, a causa dei molteplici prestiti linguistici mutuati dai Paesi in cui si sono radicati. Sono tra 9 e 12 milioni i rom che vivono in Europa e l’Italia non è affatto invasa: è quattordicesima con 150 mila presenze. La maggiore presenza in Romania (1,2 milioni), seguita da Bulgaria, Spagna e Ungheria (800 mila); 340-400 mila in Francia, 300 mila nel Regno Unito. In Italia sono 150 mila (lo 0,25% della popolazione italiana, la percentuale più bassa dell’Europa mediterranea). Metà dei Rom presenti in Italia ha la cittadinanza italiana; tutti gli altri sono extracomunitari (provenienti soprattutto dalla ex Jugoslavia) o cittadini comunitari della Romania. La stragrande maggioranza è stanziale; molti non hanno nessuna esperienza di nomadismo.
16 maggio 2008