Egitto, un anno di presidenza Morsi, un anno nero per i diritti umani


Riccardo Noury


Un anniversario segnato soprattutto da proteste dalla partecipazione senza precedenti, dalle quali si è levato il grido ”irhal” (“vattene”).


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Egitto30g13

Ieri è stato il primo anniversario dell’insediamento alla presidenza dell’Egitto di Mohamed Morsi. Un anniversario segnato da manifestazioni a suo sostegno ma soprattutto da proteste dalla partecipazione senza precedenti, dalle quali si è levato il grido ”irhal” (“vattene”).

Per i diritti umani, si è trattato di un anno nero, da numerosi punti di vista.

Sotto la presidenza Morsi è stata adottata una nuova Costituzione, da cui è stato escluso il divieto di discriminazione per motivi di genere e di razza. Nell’Egitto dei Fratelli musulmani le donne, già poco rappresentate nelle istituzioni e progressivamente espulse dalle piazze a causa di una violenza sessuale ormai epidemica, non paiono meritevoli di tutela costituzionale.

In questi mesi, sono aumentate le limitazioni alla libertà d’espressione, con decine di incriminazioni e processi nei confronti di blogger, comici e “blasfemi”. È stata messa la museruola alle Organizzazioni non governative, attraverso l’adozione di norme vessatorie, raid nelle loro sedi, successivi provvedimenti di chiusura e condanne.

La violenza contro la comunità musulmana sciita e quella cristiano copta ha raggiunto livelli allarmanti. Le minoranze religiose vivono nella paura.

Poi c’è il filone della mancata discontinuità.

Non è stata avviata la minima riforma degli apparati di sicurezza. Non meraviglia, di conseguenza, che le violente tattiche repressive usate per 30 anni e poi nell’intermezzo del Consiglio supremo delle forze armate, siano state impiegate anche in questi ultimi 12 mesi.

Non è stato preso alcun provvedimento per stroncare la tortura e non è stata posta fine alla pratica, contraria al diritto internazionale, di sottoporre imputati civili ai processi nelle corti marziali.

Un anno di disillusione per le tante persone che in Egitto, nel gennaio 2011, erano scese in piazza per far cadere un regime violento. Un anno di rabbia per chi ha perso la vista, le gambe, le braccia nei giorni della rivoluzione, e di  frustrazione e angoscia per i familiari di chi, per quella rivoluzione abortita, ha perso la vita.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
1 luglio 2013

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento