Egitto, strage di manifestanti
NEAR EAST NEWS AGENCY
A due anni dalla rivoluzione, il popolo egiziano torna nelle piazze con le stesse richieste: uguaglianza sociale e democrazia. Bilancio drammatico: 10 morti e 400 feriti.
A due anni dalla rivoluzione che ha portato alla caduta del regime quarantennale di Hosni Mubarak, l’Egitto non si placa e torna nelle piazze. Piazze che in realtà il popolo egiziano non ha mai svuotato. E ieri il sangue è tornato a scorrere nel Paese.
Si celebrava il secondo anniversario da quel 25 gennaio 2011, quando Piazza Tahrir divenne famosa in tutto il mondo. Oggi il target è il presidente Morsi, il primo democraticamente eletto nel Paese, ma accusato dalle opposizioni di ritenersi un nuovo faraone.
Ieri negli scontri scoppiati tra manifestanti e forze di polizia al Cairo, Alessandria, Ismaila, Port Said e Suez sono rimaste ferite almeno 400 persone. Drammatico il bilancio dei morti: due a Ismailiya e otto a Suez (due poliziotti e sei dimostranti). La polizia ha lanciato gas lacrimogeni contro le folle organizzate dalle opposizioni, che hanno risposto con i sassi. A Ismailiya, la sede del partito Libertà e Giustizia, braccio politico dei Fratelli Musulmani, è stato dato alle fiamme. Ad Alessandria, i manifestanti hanno formato una catena umana e bloccato le linee del tram.
Nella capitale Piazza Tahrir si è di nuovo riempita: la gente è tornata a intonare gli slogan di due anni fa (“Andatevene!”, “La gente vuole far cadere il regime”) e a chiedere riforme democratiche e ridistribuzione della ricchezza, le stesse domande di giustizia sociale per cui due anni fa il popolo egiziano versò il proprio sangue.
Gruppi di manifestanti hanno tentato di arrivare sotto il palazzo presidenziale e hanno distrutto il filo spinato posto a protezione: la polizia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere la folla. Le proteste al Cairo erano esplose dopo che le forze di sicurezza avevano distrutto due tende di protesta in Piazza Tahrir, alle prime ore del giorno.
Ad essere sotto accusa sono le politiche neoliberiste lanciate dal governo islamista al potere, poco propenso ad ascoltare le critiche e le proposte delle opposizioni laiche e liberali. Politiche che stanno conducendo il popolo egiziano verso nuove forme di povertà e di disuguaglianza sociale.
“La nostra rivoluzione continua, rigettiamo il dominio di un partito unico. Questo non è lo Stato dei Fratelli Musulmani”, ha detto ieri uno dei leader della sinistra egiziana, Hamdeen Sabahy. E le opposizioni non si fermano e proseguono la battaglia contro la Costituzione, approvata poche settimane fa ma considerata espressione del governo al potere.
Per ora la reazione del governo appare debole: la Fratellanza ha deciso di distribuire ieri, nel secondo anniversario della rivoluzione, cibo e medicine alla popolazione in difficoltà.
Fonte: Nena News
26 gennaio 2012