Egitto, il giorno più atteso


Peace Reporter


Rania, 30 anni, racconta paure e speranze in vista della grande manifestazione contro Mubarak.


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Egitto, il giorno più atteso

Mi chiamo Rania Aala, ho trent'anni, e da quando sono nata ho sempre visto Mubarak al governo, sempre. E' frustrante per la mia generazione. Il partito al governo, l'Npd pensa che siccome ci sono quaranta milioni di poveri in questo Paese, allora siamo tutti ignoranti, politicamente incompetenti, senza leadership. Anche i capi della cosiddetta 'opposizione' si sono comportati come se noi non esistessimo. Ci hanno lasciato fuori dall'equazione e sono diventati tristi, ridicolmente oppressivi. Il picco della nostra frustrazione si è verificato in occasione di due fatti: le dichiarazioni di Gamal Mubarak, che vuol correre per la presidenza dopo il padre, uccidendo così tutte le nostre speranze per un futuro democratico e facendoci sentire impotenti e sconfitti, e i colossali brogli elettorali alle scorse parlamentari, che hanno dato un sonoro schiaffo alla nostra dignità. Da questi due fatti, e con occhio e orecchio tesi a ciò che i coraggiosi tunisini hanno fatto, abbiamo deciso di far sentire la voce della classe media e istruita di questo Paese, perché l'unica speranza per noi era di organizzarci, non in modo partigiano, ma con una sola richiesta: mandare a casa il presidente e tutti i quadri al governo, i parlamentari, i media, i capi di tutte le istituzioni ufficiali. Vogliamo in cambio un governo veramente patriottico, il rispetto della nostra libertà e dei nostri diritti, tutti i diritti, non solo quelli fondamentali. Veniamo da tutte le parti dell'Egitto, apparteniamo a diverse fazioni e a diverse esperienze. Per questo motivo nel movimento ci sono anche divisioni.

Non scendiamo in piazza perchè ci sono i Fratelli Musulmani, o El Baradei, né loro possono mettere il cappello alla rivolta. El Baradei è un patriota. Non è ciò che il governo vuol far sembrare. E' per il cambiamento e si è offerto per guidare la transizione proprio per evitare il caos. Lo sosterremo fino in fondo, perché il suo è un nome pulito.

Noi scendiamo in piazza in pace, e vi prego di dirlo, di ripeterlo cento volte, che si sappia nell'Unione Europea e negli Stati Uniti. Se si sparerà e verremo uccisi in massa è perché il governo ha deciso così. Noi scendiamo in piazza in pace, senza provocare. La metà di noi non hai mai manifestato in vita sua. Non siamo qui per il pane o per le riforme, siamo qui per cacciare Mubarak. Il suo regime non sa come gestire una crisi se non con la violenza. Per questo ci sarà violenza, distruggeranno macchine fotografiche, arresteranno centinaia di persone e impediranno ai giornalisti di lavorare. Ma noi cercheremo di aggirare queste misure. La gente ha rotto le barriere del silenzio e della paura. Ci sarà violenza e scorrerà sangue. Gli uomini del regime spareranno proiettili di gomma come aperitivo. Poi quelli veri. Lo hanno fatto a Suez e lo faranno in tutto il Paese oggi. I miei sentimenti alla manifestazione saranno questi: speranza, vendetta, gioia per il cambiamento, ma anche preoccupazione per le possibili violenze. Tuttavia, noi andremo in piazza in pace.

testo raccolto da Luca Galassi

Fonte: PeaceReporter

27 gennaio 2011

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