Egitto, futuro all’ombra del passato
Azzurra Meringolo
Il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha deciso il rinvio di tre mesi delle elezioni come chiede l’opposizione laica, ma resta il nodo dell’alleanza di fatto tra militari e islamisti e dei sostenitori irriducibili dell’ex rais Mubarak.
“C’è una piccola parte del Cairo post rivoluzionario che rimarrà per sempre di Mubarak” scrive il quotidiano Al-Masry Al-Yaoum. Questa è piazza Moustafa Mahmoud, nel quartiere di Mohandessin, il luogo di ritrovo per i fedelissimi del deposto raís. E’ stata in questa piazza che il 2 febbraio scorso, in una delle giornate più violente della rivoluzione, i fedeli del vecchio Hosni erano arrivati in sella a cavalli e cammelli per attaccare quanti, in piazza Tahrir, si battevano per la caduta del regime. Da quel giorno piazza Moustafa Mahmoud è diventata il loro punto di riferimento non solo spirituale, ma anche materiale, come hanno mostrato gli eventi di venerdì scorso, quando decine di cairoti sono andati a manifestare proprio davanti alla moschea di questa piazza, cantando slogan e sventolando striscioni a sostegno dell’ex presidente egiziano.
Convinti di poter costringere l’Egitto a fare un passo indietro, gli irriducibili sostenitori del rais hanno anche dichiarato di voler creare un partito in sostegno del deposto presidente. “E’ stato il nostro padre, la nostra guida, il nostro garante – scrive un manifestante sul suo account Facebook. E’ stata solo una minoranza a volerlo fare fuori.”
Come i loro avversari, anche questi manifestanti hanno fatto di internet uno strumento di lotta, creando una pagina Facebook: il cui nome“la terza rivoluzione: la rivoluzione della rabbia dei bambini di Mubarak”, parla chiaro. Questa non è l’unica pagina creata dai sostenitori del vecchio leader, ma ve ne sono altre nelle quali si celebra l’ex raís, sperando di farlo tornare al suo posto. “A fare cadere il suo regno è stato un complotto internazionale” scrive un altro manifestante, convinto che la rivoluzione che ha portato al rovesciamento di Mubarak sia stata il frutto di una cospirazione internazionale. “Gruppi come Kifaya e il 6 Aprile sono stati allevati negli Stati Uniti ” dice un altro manifestante al Masry- al Yaoum.
E mentre i lealisti cercano di lottare per fare un passo indietro, chi spera che il cambiamento in Egitto sia irreversibile discute animatamente su come portare avanti la transizione. Nelle ultime settimane il dibattito si è focalizzato soprattutto su due questioni: la possibile posticipazione delle elezioni parlamentari previste per il prossimo settembre e la tempistica sulla stesura del nuovo testo costituzionale.
Questo “tedioso dibattito” , come lo definisce Hassan Nafaa, un noto opinionista egiziano, non sembra interessare agli irriducibili di piazza Tahrir che vogliono esclusivamente salvare la rivoluzione il cui spirito, dicono loro, sembra essersi perduto. “Il cambiamento in Egitto è più una speranza che una realtà” taglia corto un attivista su Twitter. “Dobbiamo ricompattare le fila e scendere in strada per fare sentire la nostra voce”risponde un altro. “Chi non ha sentito odore di cambiamento deve tornare in piazza, deve farlo per il suo paese e per i martiri che hanno perso la vita nei 18 giorni di combattimento” conclude un terzo.
Il prossimo appuntamento è fissato per l’8 luglio, sempre a piazza Tahrir, quando questi ragazzi chiederanno ai militari di dare risposta alle loro richieste rivoluzionarie. “Vogliamo una democrazia reale, la libertà di espressione, la fine dello stato di emergenza e l’epurazione del regime” scrive una giovane sulla pagina Facebook dove è stato pubblicato l’annuncio della manifestazione. Al momento sono 60 mila gli utenti che hanno risposto positivamente al’invito e il numero è destinato a crescere nelle prossime settimane.
Il nuovo Egitto è un paese che ha bisogno di rimettersi in piedi e iniziare a camminare nuovamente. Non tutti però concordano su come farlo. I militari al potere sembravano decisi ad andare ad elezioni subito, come auspica la Fratellanza Musulmana, attualmente il gruppo politico più organizzato e pronto a questo evento. Le istanze secolari e liberali però non smettono di chiedere più tempo, sperando di diventare competitive e non consegnare una vittoria facile alla Fratellanza. Ieri sera dal governo hanno fatto sapere che il Consiglio supremo delle Forze Armate e’ ormai decisivo a rinviare di tre mesi le elezioni. Si attende solo l’annuncio ufficiale.
Fonte: NenaNews
27 giugno 2011