Egitto e Israele, scontri al confine: quattro morti
Avvenire
Un’ennesima incursione dal Sinai, che minaccia di riaccendere la tensione fra Israele e il nuovo Egitto dei Fratelli Musulmani, è sfociata oggi nel sangue a ridosso del confine fra i due Paesi.
con la morte di un soldato israeliano e di tre assalitori di nazionalità per ora incerta, incluso un attentatore imbottito d’esplosivo.
L’episodio è stato innescato dall’azione d’una cellula partita dalla penisola egiziana – zona divenuta ormai agli occhi di molti una polveriera, per la presenza di gruppi agguerriti votati al Jihad, la guerra santa dell’Islam radicale -, penetrata in territorio israeliano in una zona montagnosa (fra il Monte Harif e il Saguy): dove ancora non è stata completata la barriera di confine costruita a ritmo serrato dallo Stato ebraico. Con un agguato in piena regola alle postazioni di frontiera israeliane, il gruppo si è messo in movimento mentre alcuni militari si erano distratti per soccorrere una quindicina di immigrati africani che tentavano di guadagnare il confine, e ha aperto il fuoco. Alla prima raffica, è caduto ucciso il militare israeliano Nethanel Yahalomi, un artigliere di 20 anni.
Ne è seguita una furiosa sparatoria, durata 15 minuti, al culmine della quale uno degli attaccanti è saltato in aria (quando un proiettile ha colpito il potente ordigno che aveva addosso) e altri due sono stati pure uccisi. Un secondo soldato israeliano è rimasto invece ferito, in modo non grave.
«Siamo riusciti a sventare un attacco di dimensioni ancor più serie», ha commentato più tardi, quasi con sollievo, il portavoce militare, colonnello Yoav Mordechai, riferendosi alla quantità e alla qualità delle armi trovate in dotazione agli infiltrati: Kalashnikov, abbondanza di munizioni, ordigni, corpetti esplosivi, lanciarazzi. Secondo notizie ufficiose, esperti dell’intelligence del Cairo sono stati autorizzati a esaminare i cadaveri nel quadro di un tentativo congiunto di verificare chi possa aver ordito l’attacco. E magari anche allo scopo di rivitalizzare almeno la cooperazione fra le forze di sicurezza dei due Paesi, in una fase nella quale il dialogo politico fra il governo israeliano di Benyamin Netanyahu e la leadership egiziana del dopo-Mubarak appare ai minimi termini.
La situazione sul terreno, lungo il confine, resta d’altronde pericolosa e volatile come non mai. Ancora la settimana scorsa decine di beduini del Sinai e di guerriglieri affiliati a gruppi filo al-Qaida avevano dato l’assalto alla base principale della Forza multinazionale di osservatori, ingaggiando un’aspra battaglia. Due giorni fa, nel sud della limitrofa Striscia di Gaza palestinese, due miliziani islamici sono stati invece uccisi in un raid mirato della aviazione israeliana: si accingevano, secondo fonti militari, a lanciare nei giorni successivi un attacco in grande stile contro obiettivi civili in Israele, passando proprio dal Sinai. I due, stando alle medesime fonti, facevano parte di un gruppo salafita locale, «legato segretamente ad alcuni dirigenti di Hamas».
I media egiziani ipotizzano intanto che anche l’attacco odierno possa essere stato condotto da salafiti palestinesi, giunti dalla Striscia. Da Gaza, però, la leadership di Hamas – preoccupata di vedersi attribuite responsabilità in iniziative che sembrano irritare e imbarazzare il grande vicino egiziano, proprio mentre un “fratello islamico” come Mohamed Morsi si è issato alla presidenza – lo ha recisamente smentito.
La tensione resta comunque molto elevata in tutta l’area. L’ agenzia di stampa palestinese Maan ha avvertito oggi stesso che nuovi attentati destabilizzanti potrebbero verificarsi nel Sinai del nord nelle prossime 48 ore. Tanto che le forze egiziane sul posto risultano aver già innalzato ulteriormente lo stato di allerta, fino a un livello da allarme rosso.
Fonte: www.avvenire.it
22 Settembre 2012