Egitto, centinaia i desaparecidos
Michele Giorgio, Il Manifesto
“In carcere ci sono ancora tra 400 e 500 egiziani arrestati dalla polizia e dall’esercito durante i 18 giorni della rivoluzione contro Mubarak. Di loro si sa molto poco. Ma di altri 40-50 non sappiamo nulla, sono spariti, nessuno li ha più visti dai giorni delle manifestazioni”.
«In carcere ci sono ancora tra 400 e 500 egiziani arrestati dalla polizia e dall'esercito durante i 18 giorni della rivoluzione contro Mubarak. Di loro si sa molto poco. Ma di altri 40-50 non sappiamo nulla, sono spariti, nessuno li ha più visti dai giorni delle manifestazioni. È molto grave, vogliamo risposte immediate dalle autorità militari». Pronuncia frasi concitate Gamal Eid, direttore della Rete araba di informazione dei diritti umani. I desaparecidos, aggiunge, sono una questione nazionale. «La costruzione del nuovo Egitto – dice l'attivista a il manifesto – passa per la trasformazione radicale della concezione di sicurezza del paese che in futuro dovrà essere fondata sul rispetto della persona umana e della libertà di pensiero e di espressione».
Ma su questo non c'è alcuna garanzia, nonostante le rassicurazioni date dal Consiglio militare supremo che ha preso il controllo del paese dopo le dimissioni dell'ex raìs Hosni Mubarak. C'è il rischio che il mukhabarat, il servizio segreto che per decenni ha arrestato, interrogato e torturato per conto del presidente-faraone continui ad operare impunemente in un Egitto più democratico e pluralista.
Ma la denuncia di Gamal Eid chiama in causa anche l'esercito, molto popolare tra gli egiziani per la posizione che ha mantenuto durante i 18 giorni della rivolta. «Sappiamo che la polizia militare ha arrestato una parte dei cittadini ora dispersi», spiega Eid esortando i generali egiziani a far stilare subito una lista dei detenuti e a rispettare i loro diritti.
Martedì il quotidiano al-Masry al-Youm, la «voce» della rivolta, aveva pubblicato un elenco di nomi di uomini e donne, in gran parte tra i 15 e i 48 anni, che sono svaniti nel nulla tra il 25 gennaio (primo giorno delle manifestazioni) e il 9 febbraio, due giorni prima delle dimissioni di Mubarak. Almeno 5mila persone sono finite in manette (e spesso pestate in carcere) durante la rivoluzione, di queste almeno 500 sono ancora in cella. La denuncia lanciata dal direttore della Rete araba di informazione dei diritti umani è stata raccolta da alcuni cyber-militanti protagonisti della rivolta che hanno detto di aver ricevuto da «alti gradi» delle Forze Armate l'assicurazione che «tutti i manifestanti svaniti nel nulla saranno ritrovati». Ma i dubbi restano. Qualche giorno fa il quotidiano britannico Guardian aveva riferito l'allarme partito da alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani sulla detenzione in gran segreto di centinaia, forse migliaia, di oppositori del regime da parte della polizia militare. Alcuni manifestanti, scrisse il quotidiano, vennero detenuti in segreto in alcune sale del Museo Egizio, che si trova a ridosso di piazza Tahrir, epicentro delle proteste al Cairo.
Per ora il Consiglio Supremo delle Forze Armate continua ad usare il guanto di velluto. Entro dieci giorni l'Egitto avrà una nuova costituzione, o meglio, la vecchia Carta verrà emendata, promettono i militari che hanno affidato la direzione della commissione competente ad un giudice in pensione, Tareq Beshry. A sorpresa hanno anche inserito nel gruppo un Fratello Musulmano, l'avvocato ed ex deputato Sobhi Salah. Che la confraternita, tuttora considerata fuorilegge, stia ricevendo la legittimazione che cerca da sempre è segnalato anche da un'intervista ad un noto portavocedel movimento, Essam El Arian, trasmessa dalla tv di stato, in una prima volta assoluta per l'Egitto. Ma non manca chi sfida i militari, come la «Coalizione dei giovani» anti-Mubarak. Se il Consiglio Supremo delle Forze Armate – ha avvertito la Coalizione – non comunicherà al più presto un calendario delle tappe del suo lavoro, non sarà cambiato il governo e non sarà abolita la legge d'emergenza in vigore dal 1981, domani, giornata della «Marcia della Vittoria», verranno riorganizzati raduni permanenti in piazza Tahrir.
Rimangono nel frattempo un mistero le condizioni di salute di Mubarak da venerdì scorso nella sua residenza a Sharm el Sheikh. L'ex raìs secondo alcuni sarebbe gravissimo, sul punto di morire. Altri invece, come il quotidiano Shurouq, lo danno in buona salute ma depresso. Il raìs si sarebbe rifiutato di rispondere ad telefonata giunta da Barack Obama, per sottolineare il suo forte disappunto per la posizione dell'Amministrazione Usa nei confronti delle proteste popolari in Egitto.
Fonte: www.ilmanifesto.it
17 febbraio 2011