Droghe, tortura e recidiva, tre firme per cambiare davanti ai tribunali
il Manifesto
Appello al parlamento, perché finalmente si occupi sul serio dei problemi sempre più gravi delle carceri italiane.
«Con questa campagna vogliamo inviare l’ennesimo appello al parlamento, perché finalmente si occupi sul serio dei problemi sempre più gravi delle carceri italiane». Franco Corleone offre anche il senso politico della raccolta di firme «Tre leggi per la giustizia e i diritti. Tortura, carceri, droghe», organizzata oggi davanti ai tribunali di buona parte della penisola.
Una mobilitazione per promuovere tre proposte di legge di iniziativa popolare già depositate in Cassazione. Con gli obiettivi di ridurre il sovraffollamento, introducendo una sorta di «numero chiuso» all’esaurirsi della capienza regolamentare – solo teoricamente fissata per legge – negli istituti di pena; modificare e alleggerire le disposizioni della criminogena legge Fini-Giovanardi sulle droghe; infine inserire nel codice penale quel reato di tortura che ancora manca, nonostante l’Italia sia firmataria di trattati internazionali che lo prevedono.
Ad organizzare la campagna di raccolta delle firme, insieme all’Unione delle camere penali ci sono praticamente tutte le associazioni attive sul fronte della tutela dei diritti dei detenuti. Fra queste anche due «giganti» come l’Arci e la Cgil: «Qui a Firenze organizza la Fp Cgil – osserva sul punto Corleone – perché il carcere è diventato anche lo specchio della crisi sociale che stiamo vivendo. Per gli effetti della crisi economica, un numero sempre maggiore di detenuti non ha i soldi per acquistare e cucinarsi da sé il cibo, e ricorre alla mensa dell’amministrazione penitenziaria. Che a sua volta ha tagliato le forniture, con il risultato che recentemente alcuni detenuti sono rimasti senza pasto».
Le altre associazioni promotrici (A buon diritto, Acat Italia, Adu, A Roma, insieme-Leda Colombini, Antigone, Ass. Federico Aldrovandi, Giuristi democratici, Saman, Bin Italia, Cnvg, Cnca, Coordinamento dei garanti dei diritti dei detenuti, Fondazione Michelucci, Forum Droghe, Forum per il diritto alla salute in carcere, Giustizia per i diritti di cittadinanzattiva, Gruppo Abele, Gruppo Calamandrana, Il detenuto ignoto, Itaca, Libertà e Giustizia, Medici contro la tortura, Naga, Progetto Diritti, Ristretti Orizzonti, Società della Ragione, Società italiana di psicologia penitenziaria, Vic-Volontari in carcere) sono esplicite: «Sarebbe un bel segnale se anche esponenti delle forze politiche si recassero davanti ai tribunali a sottoscrivere le nostre proposte, tutte nel segno della giustizia, della democrazia e dei diritti umani». Nonostante il conclamato disinteresse di gran parte della politica, il garante fiorentino dei detenuti non perde la speranza: «Nei loro discorsi di insediamento a camera e senato, sia Laura Boldrini che Pietro Grasso hanno fatto riferimenti alla disperante condizione carceraria. Ora però qualcosa si deve concretizzare: più del 30% dei detenuti sono dentro per la violazione delle leggi sulla droga».
Più in dettaglio, la proposta di legge per introdurre il reato di tortura nel codice penale segue il testo codificato nella Convenzione dell’Onu, che qualifica un sistema politico come democratico solo quando si ha una proibizione legale della tortura. La seconda proposta «Per la legalità e il rispetto della Costituzione nelle carceri», ha l’obiettivo di ridurre l’affollamento rafforzando il concetto di misura cautelare in carcere come extrema ratio, proponendo modifiche alla legge Cirielli sulla recidiva, e imponendo il «numero chiuso» una volta esaurita la capienza regolamentare. In aggiunta c’è la richiesta di istituire un Garante nazionale per i diritti dei detenuti, e l’altra meritoria proposta di cancellare il reato di clandestinità. Infine, le «Modifiche alla legge sulle droghe: depenalizzazione del consumo e riduzione dell’impatto», che puntano ad archiviare la Fini-Giovanardi depenalizzando i consumi e la coltivazione casalinga, diminuendo le pene e restituendo centralità ai servizi pubblici per le dipendenze.
Fonte: www.dirittiglobali.it
9 aprile 2013