Il dovere di fare la pace – Le proposte della PerugiAssisi


Flavio Lotti e Marco Mascia


Le proposte della Marcia PerugiAssisi. L’alternativa alla guerra esiste ma serve la volontà politica di realizzarla. Per spingere i governi sulla via della pace deve crescere dal basso un grande movimento di cittadini e istituzioni per la pace.

Con questo spirito, vi invitiamo a raccogliere queste proposte e a sostenerle con creatività, nei modi che riterrete più opportuni.


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Foto di Roberto Brancolini

 

 

Condividiamo tutti una responsabilità

Il dovere di fare la pace

Proposte per orientare le nostre scelte prima che sia troppo tardi

 

 

Ci sono tanti modi per fare la pace, tranne uno: la guerra. La guerra è sempre un “omicidio in grande”, una lunga scia di sangue, sofferenze, distruzioni, odio, vendette. Sugli orrori e le macerie della guerra alcuni promettono di scrivere la parola pace ma è un grande imbroglio perché alla spirale distruttiva della guerra, della violenza, dell’odio, delle vendette e del dolore non c’è fine.

Dopo settanta milioni di morti e la fine della seconda guerra mondiale, alcune donne e uomini di paesi diversi hanno cercato di mettere al bando la guerra creando le Nazioni Unite, ideando una forza di polizia internazionale e promuovendo un nuovo diritto internazionale fondato sul principio della eguale dignità della persona umana e dei popoli. Allo stesso tempo, in Europa, altri leader politici, uniti nello sforzo di scongiurare altre catastrofi, convinti che la sovranità assoluta degli stati fosse all’origine della guerra, immaginarono un’Europa unita e solidale e avviarono la costruzione dell’Unione Europea dando vita alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio.

La realtà dei nostri giorni descrive, purtroppo, un mondo molto diverso: un mondo in guerra dominato dallo scontro tra i più diversi interessi personali, nazionali e economici. Anziché cogliere le straordinarie opportunità offerte dalla fine della guerra fredda e dalla caduta del Muro di Berlino, si è scelto di inseguire il disegno di un ordine mondiale gerarchico fondato sulla legge del più forte e sul presunto “diritto di fare la guerra”, sulla de-regulation istituzionale ed economica e sulla competizione selvaggia. L’aggressione russa dell’Ucraina è figlia di questo schema di guerra globale che ora ci minaccia sempre più da vicino.

Dal 24 febbraio è in corso una drammatica escalation militare che sta facendo strage di vite umane e che minaccia di condurci alla catastrofe nucleare. Dinnanzi a questa drammatica realtà, all’invasione russa, al legittimo diritto alla resistenza dell’Ucraina e alle sue richieste di aiuto, molti governanti si sono arresi allo schema della guerra continuando a fornire armi senza assumere alcuna seria iniziativa di pace. A nulla ancora sono valsi gli appelli ininterrotti di Papa Francesco e di tanti cittadini a fare ogni sforzo per fermare la follia della guerra. A prevalere oggi sembra essere la cieca volontà di continuarla inseguendo la tragica illusione, già smentita dalla storia più recente, di poterla vincere.

Le conseguenze dell’escalation militare sono terrificanti. In Ucraina la macchina della guerra continua a uccidere e distruggere senza pietà violando tutti i diritti umani. In Europa si sta scivolando verso la recessione e un’economia di guerra che toglierà il respiro a molti giovani e famiglie. In un mondo sempre più insicuro si accelera un cambio radicale delle relazioni internazionali, a scapito della libertà e della democrazia, che alimenta un groviglio di crisi, conflitti, ingiustizie e violazioni dei diritti umani.

E’ in questo contesto, foriero di violenze e sofferenze, divisioni e contrapposizioni a tutti i livelli, che siamo chiamati a riscoprire il dovere di fare la pace.

La pace è l’interesse primario di tutte le genti e le nazioni. La pace è la priorità. Abbiamo bisogno di pace come i polmoni hanno bisogno dell’ossigeno. Per questo, i governanti hanno la responsabilità primaria di lavorare incessantemente per fermare la guerra e creare le condizioni per ricostruire la pace. Se non lo fanno vengono meno alla loro stessa ragion d’essere.

Il momento è pericolosissimo. Se non sapremo opporre alla guerra una “decisa volontà della pace” saremo travolti. L’Unione Europea, insieme ai governi e parlamenti degli stati membri ha, più di ogni altro, il dovere politico, istituzionale e morale di prendere l’iniziativa per scongiurare il peggio che deve ancora venire, per salvare la vita degli ucraini e di tutti gli innocenti che stanno morendo sotto le bombe e per proteggere i propri cittadini dalle tragiche conseguenze della guerra. Sono loro che in questi giorni stanno decidendo se sarà la pace o la guerra a scrivere il futuro nostro e dell’Europa. A loro torniamo a dire: le sorti dell’Ucraina, dell’Europa, del diritto all’autodeterminazione dei popoli, della libertà, della democrazia e della pace nel mondo sono troppo importanti per essere lasciate nelle mani dei signori della guerra. L’art. 21 del Trattato sull’Unione Europea stabilisce espressamente che “l’Unione promuove soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite e opera al fine di preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, nonché ai principi dell’Atto finale di Helsinki e agli obiettivi della Carta di Parigi”.

Restituiamo la parola alla politica

Per spezzare la spirale mortifera dell’escalation, è necessario togliere la parola alle armi e restituirla alla politica. Non è vero che non si può fare niente.

Invece della corsa alle armi si può alimentare una lungimirante sequenza di iniziative politiche improntate alla ricerca delle condizioni di una pace giusta e duratura.

Invece dei propositi di vittoria, vendetta e umiliazione che stanno portando ad una guerra totale si possono ricreare le condizioni per la ripresa del dialogo politico.

Invece di coltivare il disegno impraticabile dell’isolamento della Russia si può proporre di riporre le armi per costruire assieme in Europa un sistema di sicurezza comune dall’Atlantico agli Urali basato sul disarmo, i diritti umani, il diritto all’autodeterminazione dei popoli e i diritti delle minoranze. Così come nel 1975 la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa con l’Atto finale di Helsinki rappresentò la risposta politico diplomatica all’esigenza di aprire canali di dialogo tra i paesi appartenenti ai due blocchi contrapposti dell’Est e dell’Ovest, oggi dobbiamo lavorare alla costruzione della Casa Comune Europea e dare vita ad un sistema di sicurezza paneuropeo nella prospettiva di una federazione europea che riunisca tutti gli stati del nostro continente.

Invece di continuare a svilire le Nazioni Unite si può impegnare il Segretario Generale dell’Onu e l’Assemblea Generale ad avviare un negoziato globale per la pace in cui tutti i governi del mondo, a cominciare dalle grandi potenze, siano chiamati ad affrontare i veri nodi globali dello scontro, assumendosi la responsabilità di scegliere la via della pace anziché la via della guerra (perché non lavorare ad una Conferenza mondiale della pace?). “Garantire la sicurezza e la pace è responsabilità dell’intera comunità internazionale. Questa, tutta intera, può e deve essere la garante di una nuova pace.” “Se la voce delle Nazioni Unite è apparsa chiara nella denuncia e nella condanna ma, purtroppo, inefficace sul terreno, questo significa che la loro azione va rafforzata, non indebolita.”

Invece di continuare la corsa al riarmo e aumentare le spese militari possiamo investire sulla promozione della sicurezza umana perseguendo l’attuazione del diritto di tutti ad una esistenza e un lavoro dignitoso, alla salute, alla formazione, alla casa, a vivere in un ambiente sano e bello.

L’alternativa alla guerra esiste ma serve la volontà politica di realizzarla.

“La pace non si impone automaticamente, da sola, ma è frutto della volontà degli uomini.” Fare la pace è una cosa seria che va presa sul serio. “E’ una costruzione laboriosa, fatta di comportamenti e di scelte coerenti e continuative, non di un atto isolato” di qualcuno. La ricerca della pace deve essere perseguita, come ci ricordava Robert Schumann “con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”.

“Alla comunità internazionale tocca ora un compito: ottenere il cessate il fuoco e ripartire con la costruzione di un quadro internazionale rispettoso e condiviso che conduca alla pace.”

Per spingere i governi sulla via della pace deve crescere dal basso un grande movimento di cittadini e istituzioni per la pace. La Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternità, che il 24 aprile ha riunito decine di migliaia di persone, famiglie, associazioni e istituzioni di diverso orientamento culturale, politico e religioso, ha generato molte energie positive.

Chiediamo a gran voce la pace

Insieme con Papa Francesco, invitiamo tutte le donne e gli uomini di buona volontà a continuare a “chiedere a gran voce la pace, dai balconi e per le strade”. In ogni città, in ogni quartiere, in ogni scuola e università, in ogni luogo di lavoro nasca un gruppo, un comitato, un’iniziativa per la pace. Gli Enti Locali, richiamando gli statuti che riconoscono la pace come diritto fondamentale della persona e dei popoli, raccolgano la domanda di pace dei propri cittadini e facciano di ogni territorio un laboratorio della pace che vogliamo per il mondo.

Costruiamo un argine alla propaganda di guerra

Questo è il tempo in cui dobbiamo accrescere la capacità dei costruttori e delle costruttrici di pace di contrastare i discorsi di guerra che hanno invaso le televisioni con discorsi di pace sempre più competenti, approfonditi e credibili. Alla propaganda di guerra e alle campagne di persuasione dell’opinione pubblica che straripano nei grandi mezzi di comunicazione (già vietate dall’articolo 20 del Patto internazionale sui diritti civili e politici) contrapponiamo un capillare lavoro quotidiano di formazione e crescita culturale personale e collettiva che valorizzi le energie positive dei giovani. Ai piani di guerra fondati sulla legge del più forte contrapponiamo piani di pace fondati sul buon senso. Alla logica amico-nemico contrapponiamo la costruzione della fraternità universale.

Anche noi dobbiamo fare pace

Questo è anche il tempo in cui dobbiamo contrastare la diffusione di sentimenti di impotenza e di rassegnazione. La guerra si nutre del silenzio, della passività e quindi della complicità delle vittime. Al contrario, la pace abbisogna del contributo fattivo di tutti e di ciascuno.

Prendiamoci cura gli uni degli altri

In questi tempi di guerra, mentre cresce il dolore sociale e si aggravano le crisi economiche, ambientali, politiche e umanitarie, tutti siamo chiamati a fare la pace sviluppando la nostra capacità di cura degli altri, partendo dai più bisognosi, dai più fragili e dai più piccoli, allargando il nostro sguardo e la nostra preoccupazione all’intera famiglia umana e al pianeta che ci accoglie. Solo attraverso questo prezioso lavoro quotidiano, dal basso, con il contributo insostituibile di ogni persona, sarà possibile rispondere al bisogno umano primario della pace.

Facciamo crescere la società della cura

E’ la società della cura che deve crescere in ogni luogo: donne, uomini, giovani e anziani che si prendono a cuore gli altri anziché pensare solo a sé stessi, che praticano la cultura della solidarietà anziché la cultura dell’indifferenza, che cercano il bene comune anziché quello individuale, l’interesse generale anziché quello particolare, l’amicizia sociale anziché la competizione selvaggia. E’ così che le persone, con piccole e grandi responsabilità, dentro e fuori le istituzioni, fanno la pace, tutti i giorni, in modo artigianale.

Oggi più che mai, a nulla vale invocare la pace se non si è disponibili a farla in prima persona.

* * *
Tu cosa scegli?

Ripetiamo. L’invasione russa dell’Ucraina è un crimine. Gli ucraini sono stati aggrediti, hanno il diritto di resistere e noi abbiamo il dovere di aiutarli. Ma nessuno si può permettere di ignorare le conseguenze delle proprie azioni. Per questo dobbiamo decidere: continuiamo sulla via della guerra o scegliamo la via della pace?

La via della guerra La via della pace
Legge del più forte Legalità, diritto e democrazia internazionale
Volontà di potenza e di dominio Volontà di solidarietà e cooperazione
Pressione militare ed economica Dialogo e negoziato politico – Distensione – Ricerca di accordi
Escalation militare De-escalation militare
Fornitura di armi Iniziativa politica – Cessate il fuoco – Corridoi umanitari
Guerra totale globale Ripudio della guerra
Uso della bomba atomica Eliminazione delle armi di distruzione di massa
Guerra infinita Coesistenza pacifica
Yalta Helsinki
Strategie dello scontro Arte dell’incontro
Disumanesimo Dovere di proteggere ogni vita
Vittoria o morte Soluzione negoziata del conflitto
Corsa al riarmo Disarmo
Aumento delle spese militari Riduzione delle spese militari
Eserciti nazionali Polizia internazionale delle Nazioni Unite
Violenza Nonviolenza
Segreto militare Verità e trasparenza
Sicurezza armata Sicurezza comune – Divieto dell’uso della forza
Pace negativa Pace positiva
Ordine internazionale

gerarchico / imperiale

Ordine internazionale democratico
Alleanze militari Onu e organizzazioni internazionali democratiche regionali
Interesse nazionale – Nazionalismo Europeismo – Cosmopolitismo
Autoritarismo Diritti umani – Riconoscimento e rispetto delle minoranze
Società chiusa Società aperta
Costruzione di muri Costruzione di ponti
Economia di guerra Economia sociale e solidale – Economia della fraternità
Competizione globale Sviluppo Umano
Sfruttamento selvaggio delle risorse e dell’ambiente naturale Cura dell’ambiente e del pianeta – Conversione ecologica
Sicurezza nazionale armata Sicurezza umana
Controllo e manipolazione dell’informazione Libertà d’informazione
Propaganda di guerra Educazione alla pace, ai diritti umani e alla cittadinanza glocale
Respingimenti Cooperazione, condivisione e accoglienza
Odio e vendetta

Perdono e riconciliazione

Queste riflessioni e proposte, maturate nell’incontro “La via della pace” che si è svolto ad Assisi il 23 aprile scorso e curate da Flavio Lotti e Marco Mascia, sono un contributo alla ricerca fattiva della pace che ci deve vedere tutte e tutti coinvolti.

Invia la tua adesione, le tue idee e proposte al Comitato promotore Marcia PerugiAssisi, via della Viola 1 (06122) Perugia – Tel. 075/5737266 – 335.6590356 – fax 075/5721234 – email adesioni@perlapace.it – www.perlapace.it – www.perugiassisi.org

 

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