Don Oreste, e quella fiducia incrollabile che lui aveva nel bene che Dio ha messo nell’uomo


La redazione


Gianvito Padula della Comunità Papa Giovanni XXIII ricorda don Oreste Benzi: "Pronto ad offrire un’ opportunità a chi chiedeva di essere aiutato a liberarsi dalle oppressioni, interiori o materiali".


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Don Oreste, e quella fiducia incrollabile che lui aveva nel bene che Dio ha messo nell’uomo

Non si scandalizzava mai del limite dell’uomo perché era convinto che il bene che Dio Padre ha per l’uomo è più grande di qualsiasi “peccato” l’uomo stesso possa compiere, e per questo andava sempre sulle strade, in mezzo alla solitudine e all’emarginazione dei più abbandonati, pronto ad offrire un’ opportunità a chi chiedeva di essere aiutato a liberarsi dalle oppressioni, interiori o materiali.
Con la speranza e la fiducia che trasmetteva, don Oreste aiutava l’altro a riconoscere e valorizzare pienamente tutto l’amore che Dio ha donato e conservato nel cuore dell’uomo.

Il suo modo di contrastare il racket della prostituzione internazionale era di andare di notte sulla strada per convincere le ragazze straniere a farsi aiutare, a farsi accogliere nelle strutture della Comunità Papa Giovanni XXIII affinchè venissero protette dal racket e a cambiare vita.
Allo stesso modo, sempre sulla strada, andava anche dai clienti a chiedergli di non andare con le prostitute schiavizzate, perché così facendo alimentavano un brutale sistema di sfruttamento.

Durante il G8 di Genova, insieme a chi faceva interposizione nonviolenta tra i gruppi violenti dei Black block e la polizia, don Oreste andava a parlare con i black block, per dirgli che anche lui era contrario a questo sistema violento che opprime e schiaccia i più deboli ed oppressi, ma non è la violenza che può far cambiare il sistema iniquo, anzi lo alimenta, e proponeva loro di abbandonare la violenza e di scegliere in modo radicale la strada del dialogo e dell’amore.

Ai giovani che gli chiedevano di poter fare volontariato, don Oreste proponeva sempre una esperienza concreta che nasce da una relazione profonda con i poveri.
Poveri non in quanto categorie sociali, ma in quanto persone che hanno storie precise, con un nome e cognome, persone in carne ed ossa con i loro doni e i loro limiti.
”E’ la relazione profonda con i poveri – lui diceva – che ci libera, perché ci aiuta ad uscire dal nostro egoismo e ci rende migliori e quindi ci avvicina a Dio”.
Era stata la sua esperienza personale, la stessa che proponeva a tutti : il dono dell’amore ricevuto da Dio, diventa quindi strumento di liberazione anche per tutti coloro che ancora sono oppressi dalle proprie paure e dalle proprie debolezze.
E aspettano sulle strade qualcuno che li vada a cercare, aiutare, riscattare.

E’ la sfida della “Società del Gratuito” come la chiamava don Oreste: un cammino verso la rivoluzione dell’amore, profondamente incarnato nel Vangelo e nella vita concreta di Gesù Cristo, esempio vivente di uomo di pace e giustizia.
Un cammino che don Oreste, grazie alla sua fede incrollabile e contagiosa nell’amore che Dio ha dato all’uomo, costruiva pazientemente e instancabilmente, giorno e notte, tentando di strappare al male dell’indifferenza e dell’ esclusione tante vittime deboli ed innocenti che hanno bisogno di conforto, di sostegno concreto.

Un amore gratuito quello che lui aveva da sempre sperimentato come dono ricevuto da Dio Padre e che continuamente voleva restituire a chi più ne aveva bisogno, a chi più era solo, disperato.
Una restituzione integrale: partire dalla relazione profonda con l’altro, per raggiungere poi una restituzione concreta dei beni che questo sistema ingiusto toglie ai più poveri della Terra.

A chi ha nostalgia di don Oreste e vorrebbe ancora cercarlo per parlarci, confrontarsi, il Vescovo di Rimini, durante il suo funerale, ha suggerito dove cercarlo: in piacevole compagnia di coloro con cui è stato amico e che come lui hanno dedicato la loro vita ai poveri e agli oppressi: don Tonino Bello, Madre Teresa di Calcutta e dom Helder Camara.

Gianvito Padula
Comunità Papa Giovanni XXIII

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