Don Ciotti: oltre la mafia, l’emergenza è la corruzione
Piergiorgio Cattani - unimondo.org
“Non esiste regione che può considerarsi immune dalla mafia”. Non usa giri di parole Don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e dell’associazione Libera, intervenuto a Trento martedì 5 aprile in occasione della nascita del comitato Libera per il Trentino Alto Adige Südtirol.
“Non esiste regione che può considerarsi immune dalla mafia”. Non usa giri di parole Don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e dell’associazione Libera, intervenuto a Trento martedì 5 aprile in occasione della nascita del comitato Libera per il Trentino Alto Adige Südtirol. Può sembrare strano che questa regione, nella realtà ma soprattutto nell’immaginario collettivo sinonimo di efficienza e legalità, abbia bisogno di combattere il fenomeno mafioso. Eppure anche in Trentino sono sedici i beni confiscati alle mafie a seguito di un unico processo per usura: una situazione certo meno allarmante rispetto ad altre zone del nord ma comunque da tenere sotto controllo. “Non bisogna mai abbassare la guardia come ammoniva Paolo Borsellino proprio durante il maxi processo, un momento in cui nel paese e in Sicilia si respirava aria di euforia, affermando con forza che non sono consentiti allentamenti di impegno e di tensione”.
Don Ciotti però non parla solo di criminalità organizzata ma fa una lezione di etica pubblica e di educazione civica (quella che vogliono togliere dalle discipline scolastiche), così necessarie per creare un clima di legalità. I fari del suo agire sono tre: la Costituzione della Repubblica italiana, il Vangelo e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Nel suo intervento il fondatore di Libera cita vari articoli della Costituzione, dall’articolo 4 che chiama alla responsabilità di tutti (“ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”) fino all’articolo 101 per cui “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”. “Non possiamo permettere – ha gridato don Ciotti in uno dei passaggi più applauditi del suo intervento – che la magistratura finisca sotto il controllo del potere politico”.
Già, la politica, che presenta molte ombre ma anche qualche luce. “È dal 1999 che l’Italia ha mitigato la legislazione per i reati connessi alla corruzione: falso in bilancio, abuso in atti d’ufficio…, ma invece si varano norme ad personam leggi sul processo breve che significa prescrizione breve per i problemi di alcuni imputati e con notevole svantaggio per le vittime. Dallo stesso anno, con la convenzione di Strasburgo, l’Europa ci chiede di inserire nel codice penale questi reati e ci suggerisce di autorizzare operazioni sotto copertura e l’introduzione della figura del collaboratore di giustizia anche per i reati di corruzione. Una cosa buona che questo governo ha fatto è stata l’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, una delle richieste di Libera. La voleva già il presidente Prodi ma fu un suo ministro ad opporsi… questo per dire che a volte le responsabilità sono trasversali. Un'altra iniziativa positiva è stata il varo della legge per la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti alle mafie che va a coronamento della legge del 1982 ispirata da Pio La Torre; è positiva anche l’istituzione della Giornata del ricordo di tutte le vittime della criminalità organizzata”.
Occorre parlare anche di speranza. “È un dovere educativo abituare i nostri ragazzi a cogliere le cose positive in loro, nella loro famiglia, nella loro città, nel paese. Come diceva Norberto Bobbio secondo cui non vi è cultura senza libertà ma non vi è cultura neppure senza spirito di verità, anche noi abbiamo bisogno di verità, di saper cogliere le cose positive per creare una pedagogia della speranza”.
È proprio l’assenza di verità a condizionare pesantemente la vita dell’Italia e la coscienza dei singoli. “Mai la generalizzazione, mai la semplificazione, mai quella mentalità distratta, quel pensiero sbrigativo così comune: occorre distinguere per non confondere, per sconfiggere quello che chiamo il peccato del sapere, cioè la mancanza di profondità, il sapere di seconda mano, un sapere per sentito dire; c’è invece il dovere dell’approfondimento, di una conoscenza attenta. Non sottovalutiamo neppure il degrado culturale, dobbiamo investire in cultura per fare crescere il grado di conoscenza e di consapevolezza soprattutto nei giovani”. “Liberare la terra significa liberare le persone dal dominio mafioso su un determinato territorio”, ma è decisiva anche una liberazione della mente.
Un approfondimento e una consapevolezza che ci fanno capire quanto sia la corruzione il male endemico contro cui combattere. “Non basta parlare sempre e solo di mafie – più volte don Ciotti ha ripetuto queste parole – dobbiamo ampliare lo sguardo nelle pieghe della vita sociale del paese. Vuol dire impegnarsi per l’uguaglianza, per i diritti, per il lavoro, per la cultura, per un’informazione libera, per una politica come servizio al bene comune. Dobbiamo parlare di corruzione che è il vero cancro del paese come testimoniano i dati forniti dalla Corte dei Conti. Una corruzione diffusa che non coinvolge soltanto i rapporti tra privati e enti pubblici ma anche tra privato e privato che sono forme di auto riciclaggio e di una diffusa mentalità illegale”. Ma non basta più parlare di legalità perché essa “in fondo non è neppure un valore ma è un prerequisito per raggiungere il vero obbiettivo che è la giustizia. La legalità e la solidarietà sono presupposti per la giustizia”.
Fonte:www.unimondo.org
11 aprile 2011