Domenica alle urne “per sceglire il futuro”. Una testimonianza.
Misna
Intervista a Padre Ramon Echevarria, missionario dei Padri Bianchi e vicario della diocesi di Tunisi che racconta che “nelle ultime due settimane non si sono segnalati episodi di violenza o disordini. E non ci si aspetta che se ne verifichino dopo il voto”.
“Le città sono tappezzate di manifesti e alla televisione rimandano ossessivamente le informazioni sulle procedure di voto. Tra la gente c’è attesa e un po’ di confusione e ai caffè si fanno grandi dibattiti, ma su una cosa concordano tutti: per la prima volta il popolo tunisino è chiamato a scegliere liberamente del suo futuro e questa è una cosa enorme”: alla MISNA che lo intervista a due giorni dal voto per l’elezione dell’Assemblea Costituente, padre Ramon Echevarria, missionario dei Padri Bianchi e vicario della diocesi di Tunisi racconta che “nelle ultime due settimane non si sono segnalati episodi di violenza o disordini. E non ci si aspetta che se ne verifichino dopo il voto”.
La campagna elettorale si è svolta perlopiù nella calma, insiste il religioso, per cui “non bisogna credere a chi riduce questo voto ad una ‘scelta di campo’ tra laici e islamisti, tenendo conto che il primo voto democratico nel mondo arabo dopo le rivoluzioni della ‘Primavera’ è comunque denso di significati per l’intera regione”.
Per padre Ramon, l’appuntamento di domenica è al tempo stesso più e meno importante di quanto i tunisini credano: “lo è di più perché non è solo un’elezione, ma la scelta di un’Assemblea Costituente che determinerà che tipo di paese sarà, un domani, la Tunisia, e lo è di meno perché non risolverà –come ingenuamente credono le fasce più basse della popolazione – tutti i problemi di oggi”.
Sulla contrapposizione tra i partiti laici e il grande ‘favorito’ al voto di domenica, il movimento islamico ‘Ennahda’ di Rachid Ghannouchi, il missionario osserva che i primi hanno fallito, all’indomani della rivoluzione che ha portato alla caduta del regime “nel convertire i loro slogan in valori condivisi, continuando a insistere sui ‘no’, alla dittatura, al radicalismo islamico, piuttosto che costruire prospettive nuove per mostrare agli elettori il paese che vorrebbero creare”.
I partiti di ispirazione islamica, dal canto loro, sono divisi dall’interno, tra i riformatori e le frange più radicali. “L’assestamento, come è avvenuto anche in Europa con i partiti del dopoguerra sarà lungo e passerà attraverso scissioni e spaccature in numerose correnti” osserva Echevarria, senza escludere che “viste le enormi sfide che il governo si troverà ad affrontare non è detto che i partiti islamici mirino ad una rappresentanza maggioritaria nelle istituzioni. Meglio sarebbe, come fanno notare alcune eminenze grigie del partito, radicarsi sul territorio, nei comuni e nelle assemblee locali, e presentarsi con decisione alla prossima chiamata alle urne”.
Fonte: www.misna.it
21 Ottobre 2011