Diventa prioritario scrutare l’orizzonte e impegnarsi nella progettazione
Tonio Dell'Olio - Mosaico dei giorni
Ci sono temi, punti di programma e proposte che oggi non sono assolutamente rappresentati ma non per questo hanno smesso di essere urgenti. I beni comuni, la riduzione delle spese militari, il contrasto efficace e diffuso alla criminalità organizzata, la lotta a tutte le forme di precarietà sociale, la laicità ereditata dalla Costituzione, il no alla guerra senza se e senza ma così come l’articolo 11 ce lo ha consegnato in dote…
Tutto quello che si poteva immaginare di dire, scrivere e riflettere sui risultati delle ultime elezioni è stato già abbondantemente reso pubblico dalla carta stampata, dai salotti televisivi e dagli appuntamenti istituzionali dei partiti. Penso che siamo ormai alle ultime battute delle riflessioni della serie: le ferite la leccarsi, i petti da battersi, gli errori commessi, la differenza tra sconfitta, disfatta e sfacelo… e pertanto avendo raschiato anche il sottofondo del barile di queste considerazioni, adesso per necessità prima ancora che per virtù o merito diventa prioritario scrutare l’orizzonte e impegnarsi nella progettazione. Finito il tempo in cui si maledice la grandine che ha compromesso il raccolto, si deve riprendere il lavoro della semina. Anzi, per dirla con don Tonino Bello: “Nel tempo della tempesta bisogna mettere da parte la semente!” Per questo l’invito è ad aguzzare la vista per rintracciare le orme della speranza e seguirle, per osare cammini non ancora sperimentati.
Direi che questo deve essere innanzitutto il tempo dell’ascolto in cui si cercano le parole nuove pronunciate dal profondo della esperienza dell’altro. Troppe volte la politica dei partiti ha praticato o almeno rischiato un’autoreferenzialità assoluta, autistica, chiusa in un vocabolario e in un immaginario che di fatto escludeva le parole degli altri e le parole altre. Proprio la politica che è chiamata per vocazione ad accogliere, interpretare e rappresentare le voci dei senza-potere, si è ritrovata spesso a celebrare come dei rituali vuoti in cui i cittadini sembravano appartenenti ad una religione lontana e incomprensibile. Un tempio in cui la gente comune non aveva né accesso, né diritto di parola, né potere di cambiamento. Per questo prima ancora che interrogarsi sugli scenari e sulle forme del fare politica da questo momento in avanti, è fondamentale piuttosto porsi in ascolto delle domande nuove, dei nuovi bisogni, del grido. E’ fuori di dubbio che chi sta male cerchi una soluzione, ma nel frattempo è importante sapere che ci sia qualcuno disposto ad ascoltare, ad intercettare quella domanda che a volte rimane forzatamente e dolorosamente inespressa. Siamo tutti molto stanchi di una politica che ascolta solo le proprie parole fino a compiacersene e non è più capace di stare, in silenzio, accanto alla gente. La folla dei centomila partecipanti alla Giornata della memoria e dell’impegno del 15 marzo a Bari in cui a parlare erano i familiari delle vittime innocenti di mafia, ha apprezzato il silenzio d’ascolto con cui Fausto Bertinotti ha seguito le testimonianze dei familiari senza prendere la parola. Non per questo quella presenza non è stato un atto politico. Al contrario è stata una presenza dal forte connotato politico che ha contribuito piuttosto a riconsegnare alla politica la dignità del silenzio che sa farsi vicino senza la pretesa illusoria di avere sempre la parola risolutiva. Per questo motivo è necessario attrezzarsi perché questo ascolto sia scrupolosamente attento e non trascuri il popolo dei senza-potere e dei senza-parole. Questa è una politica ancora tutta da scrivere e, per quanto possa sembrare paradossale, proprio le forze che non sono rappresentate nelle istituzioni nazionali vivono una condizione privilegiata per interpretare questa nuova modalità.
In altre occasioni ho già detto dell’assoluta orfananza di alcuni temi rispetto alla loro rappresentatività in Parlamento. Ci sono temi, punti di programma e proposte che oggi non sono assolutamente rappresentati ma non per questo hanno smesso di essere urgenti. I beni comuni, la riduzione delle spese militari, il contrasto efficace e diffuso alla criminalità organizzata, la lotta a tutte le forme di precarietà sociale, la laicità ereditata dalla Costituzione, il no alla guerra senza se e senza ma così come l’articolo 11 ce lo ha consegnato in dote… e tanti altri punti che si potrebbero elencare non hanno smesso di essere persino emergenziali per le sorti dell’umanità a cominciare dalla nostra nazione. Sono questioni di cui i cittadini del pianeta devono assumere consapevolezza per poter esigere di vederli rappresentati e risolti. In questo senso bisogna reinventare i luoghi della politica e forse la formazione permanente è il luogo privilegiato per raccontare i frutti amari della globalizzazione che vengono ingoiati troppo spesso dagli abitanti del sud del mondo. La stessa esigenza che don Milani viveva e soffriva nell’Italia dei primi anni 60 perché gli italiani tutti potessero operare quel passaggio fondamentale da sudditi a cittadini sovrani, oggi sentiamo di doverlo proporre con tenacia agli abitanti del mondo globalizzato. Essi necessitano di essere liberati dalla sudditanza dei consumi, del pensiero unico, dell’ideologia della violenza, della massificazione… Tutto questo è compito della nuova politica in cui forse il primo arnese di cui liberarsi è proprio la forma del partito in cui l’abbiamo coniugata finora.
Tonio Dell’Olio
Fonte: Liberazione
11 maggio 2008