Diritti respinti : Migranti e Richiedenti asilo alla frontiera del porto di Venezia
La redazione
Si è svolta ieri l’Assemblea cittadina promossa dalla rete di associazioni "Tuttiidirittiumanipertutti" per chiarire che cosa succede realmente alla frontiera del Porto di Venezia.
Un'assemblea aperta a tutta la cittadinanza per chiarire che cosa succede realmente alla frontiera del Porto di Venezia, ogni volta che a bordo delle navi contenenti tir provenienti dalla Grecia e diretti in tutta Europa vengono rivenuti, stremati dal viaggio e quasi asfissiati dalla mancanza d'aria all'interno dei container, uomini disperati che rischiano la vita per sbarcare nel nostro Paese. Oggi, 29 novembre 2008 alle ore 9.30 si sono ritrovate un ottantina di persone, fra le quali anche moltissimi studenti veneziani, nei locali dell'ex chiesa di santa Marta, nella zona portuale di Venezia, per ascoltare le testimonianze dei migranti e sentire il parere degli esperti.
"Veniamo qui perchè ci dicono che l'Europa rispetta i diritti umani", sono le parole di un ragazzo afghano intervistato da Hamed Mohamad Karim nel video girato a Patrasso e proiettato a Santa Marta durante l'incontro "ma poi scopriamo subito che non è così. La polizia ci arresta senza chiederci nemmeno come ci chiamiamo, e spesso veniamo picchiati violentemente", e mostra le ferite che lui e i suoi compagni, molti minorenni, mostrano fiduciosi alla telecamera. Si fidano di Hamed, afghano come loro, che però, più fortunato, è mediatore culturale del Comune di Venezia, e sta realizzando un film sulla situazione del suo paese martoriato dalla guerra.
"Il porto di Patrasso è uno di quei porti in Grecia", spiega Katerina Tsapopoulou "in cui i diritti fondamentali dell'uomo vengono costantemente violati". Katerina ci parla tramite un collegamento Skype, lavora per un'associazione che tutela i migranti del porto di Atene. La sua voce è lontana ma ferma e sicura, ci racconta che nel suo Paese è difficilissimo per un immigrato extracomunitario ottenere il riconoscimento di asilo politico,l o stesso vale per la protezione sussidiaria. Si calcola che in Grecia, nel 2006 solo lo 0,5% dei migranti richiedenti asilo è riuscito ad ottenerlo, mentre nel 2007 la percentuale si è abbassata allo 0,4 %.
In Grecia queste persone vengono rinchiuse nei CPT, senza possibilità di parlare con un interprete e di incontrare le organizzazioni non governative, vengono rinchiusi per un mese e poi spesso mandati in Turchia, laddove i Curdi non vengono certo accolti nel migliore dei modi. Lo stesso avviene con gli iracheni in Iran.
Rosanna Marcato, responabile del Pronto Intervento Sociale del Comune di Venezia, lavorava al Porto fino ad un anno fa, cercando di esercitare un controllo ausiliario a quello del CIR, Consiglio Italiano per i Rifugiati, presente alla frontiera con un team di avvocati esperti in materia d'immigrazione.
"Ce ne siamo venuti via dal Porto" spiega Rosanna, "perchè il nostro lavoro non riusciva ad essere incisivo come avremmo voluto. La polizia di frontiera ci considerava come un self service di interpreti da usare come e quando ne aveva bisogno".
"Si stima siamo entrati più di 800 clandestini insieme alle navi al Porto di Venezia nell'ultimo anno", dice Francesca Cucchi, responsabile del CIR per Venezia, "ma spesso è difficile quantificarne esattamente il numero; il più delle volte non vengono schedati, arrivano di notte negli orari di chiusura del servizio e vengono sommariamente visti dalla polizia di frontiera che li rimanda indietro con la prima nave diretta in Grecia".
Perchè la Grecia?
"La Convenzione di Dublino 2", spiega Fulvio Vassallo Paleologo, docente di diritto all'Università di Palermo e referente ASGI, Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione, "consente di rimettere la questione sulla gestione degli ingressi clandestini in Europa al primo paese di ingresso del migrante. In questo caso, la Questura rimanda in Grecia i clandestini arrivati a Venezia perchè la Grecia è il primo paese europeo che incontrano nel loro viaggio".
La Norvegia però ha sospeso Dublino 2 perchè non considera la Grecia "un Paese terzo sicuro". Nella stessa direzione si è mossa la Germania, ma solo per ora nei casi di minori non accompagnati, e l'ONU ha inoltrato una richiesta a tutta la comunità internazionale chiedendo la cessazione dei respingimenti verso questo Paese.
"C'è bisogno di più pressione affinchè anche l'Italia sospenda la Convenzione", continua Vassallo "e questo va fatto sia con i casi concreti, come la decisione del Tar della Puglia, sia con le richieste collettive da parte delle Associazioni".
"E' molto difficile che questo avvenga in un contesto in cui si tende a restringere sempre più la libertà personale ed a limitare i diritti degli extracomunitari, in una politica di sicurezza come quella che il Governo sta perseguendo. E non è il solo" aggiunge Orsola Casagrande, giornalista del Manifesto. "La Gran Bretagna in questo senso fa scuola, nel 2002 ha emesso una sentenza che limita la possibilità di ottenere lo status di rifugiato, e consente poi di revocarlo arbitrariamente qualora il Governo decida che la situazione nel Paese di origine non sia più considerata a rischio di "well founded fear of persecution". Questo comporta un solo risultato: l'invisibilità dei profughi".
La testimonianza di Seiwan, un giovane profugo curdo iracheno chiude la conferenza.
Saiwan non aveva problemi economici. Non è fuggito per questo dalla sua terra. E' fuggito perchè dopo la caduta del regime di Saddam Hussein non era cambiato niente, gli era già capitato più volte di seppellire i suoi compagni di scuola, e la situazione era diventata impossibile. Doveva scegliere. Uccidere o venire ucciso a sua volta. Ha scelto di partire. Così è arrivato in Turchia, dove ha rischiato di venire arrestato. Da lì è passato in Grecia, dove invece lo hanno arrestato subito senza neppure chiedergli come si chiamasse e da dove provenisse. E' rimasto in prigione 3 mesi, dove se incrociava per sbaglio lo sguardo dei poliziotti veniva privato del cibo e picchiato. Poi è uscito e ha vissuto per 15 giorni per strada ad Atene. Lì ha conosciuto tanti ragazzi che come lui volevano tentare, provare a imbarcarsi per Venezia. Non si ricorda più nulla del viaggio. Sa che si è imbarcato aprendo il portellone di in un tir nel Porto di Atene e facendosi spazio in mezzo alle angurie. Si è svegliato al reparto rianimazione dell'ospedale di Mestre, chiedendo notizie dei suoi tre amici con i quali era partito per questo folle viaggio. E' stato fortunato Saiwan, è svenuto nel viaggio, mantenendo la quantità di ossigeno necessaria a tenerlo in vita, mentre gli altri tre sono morti nel tentativo disperato di aprire un varco all'interno del camion, e nel caldo torrido di mezza estate, non ce l'hanno fatta. Ora Saiwan è qui, sta bene, ed è contento i aver trovato la solidarietà di tanti operatori sociali e ragazzi delle associazioni che lo sostengono e non lo fanno mai sentire solo.
Alla fine dell'assemblea è stato organizzato un corteo, che recatosi alla banchina di Santa Marta, ha lanciato simbolicamente dei fiori in mare. Per ricordare e per denunciare tutte queste morti inutili, queste sofferenze silenziose.
L'incontro è stato realizzato da "Tuttiidirittiumanipertutti", la rete di Associazioni veneziane che per la prima volta, un anno fa, era insorta in difesa dei diritti dei Sinti nell'occasione della polemica nei confronti della costruzione di alloggi da parte del Comune di Venezia. Dal luglio scorso si occupa del Porto di Venezia. il suo obiettivo è allargare la rete ad altre associazioni interessate e a costruire stabili rapporti con le Associazioni interessate alla situazione degli altri porti del Mediterraneo orientale.