Democratici Usa, si ricomincia da capo
Gianna Pontecorboli
Il supertuesday conferma la forza di entrambe i candidati. Per le tappe future, Hillary avrà il supporto dei latini, che sono la minoranza in più rapida crescita, e Obama avrà più soldi. Ma alla fine a decidere sarà la capacità di leadership.
New York – Hanno vinto tutti e due. Otto stati, ma grossi, per Hillary, quattordici, ma piu’ piccoli, per Barack Obama. Un conto ancora provvisorio dei delegati, 825 contro 732, che premia la Clinton ma lascia al senatore nero dell’Illinois tutto lo spazio per recuperare la distanza. Cosi’, dopo un risultato che ha rispettato gran parte delle previsioni della vigilia, ma ha anche mostrato molti elementi di fluidita’ e di incertezza, i due candidati sono rimasti a battersi , testa a testa, per i prossimi verdetti delle urne.
‘’ Questa’’ dice John Mercurio, direttore del sito di analisi politiche The Hotline,’’ ha dimostrato di essere una campagna diversa da tutte le altre. Non si tratta soltanto della battaglia tra due diverse personalita’, ma anche della battaglia tra due gruppi demografici in lotta , le donne sopra i trentacinque anni che dicono ‘’ e’ arrivato il nostro momento’’, e i neri che chiedono la stessa cosa. E in mezzo si sono inseriti anche quelli che potremmo definire i ‘’nuovi cosmopolitani’’, gli americani ‘’beige’’ che tra quarant’anni rappresenteranno il paese. Sono forze che hanno un peso analogo e potrebbero trascinare l’incertezza fino alla convenzione’’.
Di certo, che il Supertuesday abbia rappresentato, per i democratici, una battaglia storica e diversa da tutte le precedenti, lo si e’ osservato facilmente per le strade, nei seggi elettorali, alle feste dei candidati. Dopo giorni di liti in famiglia e discussioni nei bar e nelle strade, l’affluenza ai seggi, che di solito e’ minima alle primarie, e’ stata massiccia, martedi, gia’ di buon mattino. Divisi sul nome tra genitori e figli, gli elettori democratici hanno dimostrato con l’affluenza un entusiasmo che non si notava da anni, e la convinzione di base che, al di la’ delle preferenze personali, ciascuno dei due candidati sia in grado di portare di nuovo il partito alla Casa Bianca. I grandi numeri, in complesso, hanno confermato gli schieramenti. Hillary ha avuto il voto di sei donne su dieci e di due ispanici su tre, Obama quello dell’ottanta per cento dei neri e di una percentuale crescente di uomini bianchi. Ciascuno dei due ha potuto contare sull’appoggio massiccio dello stato che rappresenta, Hillary su New York, Obama sull’Illinois, ma gli ispanici della California hanno regalato alla ex first lady il suo premio piu’ grosso. A favore di Hillary si e’ pronunciato gran parte del popoloso nordest, da New Jersey al Massachussetts di Ted Kennedy,con l’esclusione del Connecticut, e L’arkansas nel sud, ma Barack si e’ rifatto sul midwest, in Kansas e Minnesota e su parte del Sud, in Alabama e in Georgia.
Girando per le strade, tra gli elettori, pero’, il panorama e’ tutt’altro che netto.
‘’Pensa se il tuo giornale pubblicasse a novembre una foto del nostro nuovo presidente, nero, e con Hussein come secondo nome. Che bella immagine sarebbe dell’America!’’dice Jack. Pensionato, l’aspetto e il portamento che tradiscono una passata carriera a Wall Street, Jack dovrebbe essere l’elettore perfetto di Hillary. Invece, trascorre la giornata fuori dai seggi elettorali di New York, impegnato a incollare grandi cartelli blu con il nome di Obama.
All’interno del seggio, un vecchio cinese si chiude lentamente nell’urna. Poco dopo ne esce. ‘’Non riesco a votare per Obama’’, si lamenta con la scrutatrice. La donna gli spiega con pazienza che non puo’ farlo perche’ e’ registrato come repubblicano, ma che potra’ votare per chi vuole a novembre. ‘’Ma io voglio votare per Obama’’, insiste. Alla fine, deluso, se ne va, ma senza rientrare nell’urna. Votera’, per Obama, in autunno.
Adesso, la lotta si e’ spostata alle prossime tappe. E si tratta di una battaglia piena di incognite. Durante il week-enda, si vota in Luisiana, in Maine e nello stato di Washington, la settimana prossima in Virginia e in Maryland. Poi, dopo una pausa, sara’ la volta del Texas e dell’Ohio, che voteranno il 4 marzo, e infine, in coda, ci saranno la Pennsylvania, l’Indiana e la Carolina del Nord.
Ai prossimi appuntamenti, soprattutto in Texas, Hillary arrivera’ con un grosso vantaggio, il solido appoggio dei latino americani che le ha gia’ regalato la California. Solo nel 1992, gli ispanici, che votano solidamente in campo democratico, rappresentavano circa il 4 per cento dell’elettorato. Adesso, la loro percentuale e’ salita quasi all’undici per cento e i legami della comunita’ con l’ex first lady sono solidi e rodati. Barack, che pure ha provato a avvicinarsi, ha trovato fino ad ora molte porte sbarrate. In compenso, Obama avra’ altri punti di forza.
‘’Obama arriva alle prossime primarie con un grosso vantaggio perche’ ha raccolto nell’ultimo mese contributi per 37 milioni di dollari, una cifra eccezionale, mentre Hillary ha dovuto accontentarsi di poco piu’ di 13 milioni’’, osserva John Mercurio’’. Soldi e voto latino, tuttavia, non basteranno.
‘’ Due terzi degli americani considerano il paese in seria crisi, una percentuale che non si vedeva dai tempi dello scandalo Watergate. Gli elettori, sia da una parte che dall’altra, hanno mostrato quest’anno chiaramente di volere qualcuno che possa riunire il centro e riunire il paese, un pragmatico che possa risolvere i problemi’’, dice l’esperto di opinione pubblica John Zogby,’’E sceglieranno probabilmente il candidato democratico piu’ in grado di superare il test della leadership e di trascinare con se’ il proprio elettorato al momento della inevitabile ricongiunzione’’.
Fonte: Lettera 22 e Riformista
07 febbraio 2008