Decreto missioni: testo in aula


Emanuele Giordana - Lettera22


33 missioni e 8mila italiani impegnati all’estero.


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Decreto missioni: testo in aula

Alla vigilia della discussione sull'ennesimo rinnovo del decreto che ogni sei mesi rifinanzia le nostre missioni all'estero, nella basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma si svolgevano i funerali del caporal maggiore capo Gaetano Tuccillo ucciso in Afghanistan. La morte di Tuccillo, così come il decreto, rimbalzano in parlamento il dilemma della guerra come se a ricordarlo dovesse sempre essere o un esercizio di bilancio o la morte di un soldato italiano su un fronte lontano. Inutile stupirsi. Va sempre così.
La morte di un soldato – eroe per un giorno – così come la nota a piè di lista per le operazioni militari serve di solito a una polemica spiccia che si esaurisce in poche ore e qualche maldipancia. Oggi è soprattutto la Lega a cavalcarlo. Da quando la linea pacifista del capo, che ha contagiato anche il più bellicoso Maroni, si è coniugata alla difesa del bilancio nazionale. Insomma, il discrimine non è se una cosa è giusta o no ma quanto costa. Meglio un asilo a Lodi che un manipolo di eroi in Libano o a Herat. Il ragionamento leghista infatti fa di ogni erba un fascio: il Libano sta al pari della Libia e dell'Afghanistan. I sottili distinguo sul mandato, sui risultati, sugli impegni internazionali interessa poco. Assai più articolate da tempo le polemiche dell'Italia dei valori, della sinistra a sinistra del Pd (ma senza rappresentanza) e di qualche parlamentare del Partito democratico che più di una volta ha scelto l'astensione.
Ma, fatto qualche taglio qui e qualche aggiustamento là, il decreto dovrebbe passare. L'ultimo (del 2010 convertito in legge a gennaio 2011) ha prorogato “gli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia fino al 30 giugno 2011”. Dunque va rinnovato anche se il rinnovo dovrebbe iniziare dal titolo visto che, a leggerla, sembra una legge per finanziare la pace anziché la guerra sebbene l'ultimo DL abbia finanziato anche 4mila soldati in più a Herat.
In questo decreto di aumenti non si parla. Si prefigura semmai una riduzione dei soldati anche se gli impegni non sono definiti. La spesa non dovrebbe variare molto rispetto all'ultimo semestre: il ministro La Russa spera di aumentarla per circa 40 milioni in un anno per le attuali 33 missioni militari fuori dai confini nazionali a cui l’Italia partecipa impiegando circa 8.660 unità (poco meno di 1.800 in Libano e oltre 4.300 in Afghanistan se si considera anche la missione europea di polizia Eupol). Lo stesso La Russa ha lasciato capire che Bossi farà fumo e fiamme ma alla fine voterà, aggiungendo che le riduzioni dei soldati all'estero (in Libano e Kosovo già iniziate) sono solo questione di tempo (a Herat il ritiro dovrebbe iniziare entro fine anno). Per i tagli qualche colpo di scena non è escluso, specie da parte del Tesoro.
Il problema che resta aperto riguarda i conflitti: in prima pagina per un mercoledi da leoni – giusto il tempo di votare – e poi condannati a un oblio che sa ormai di abitudine, al più svegliata dalle esigenze politiche del momento e da una certa stanchezza dell'opinione pubblica. Ma l'ennesimo decreto finirà anche per sancire una tendenza ormai in atto da tempo e denunciata dai non governativi: in Afghanistan soprattutto (la Libia resta una nebulosa) la promessa inversione civile militare (ossia un maggior impegno nella ricostruzione) non solo non si è verificata ma si è fortemente depauperata. L'Ong Intersos rileva che agli interventi di cooperazione allo sviluppo sono stati finanziati solo per il 3,6% dei 754 milioni stanziati per il primo semestre 2011: cioè 27 milioni, da suddividere tra Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libano, Sudan, Somalia, Myanmar”. Anche il rapporto 2011 di Sbilanciamoci ha sottolineato lo stesso trend che equivale – dice – a una “militarizzazione” dell'aiuto umanitario.

Fonte: Lettera22

6 luglio 2011

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