Dalla denuncia alla politica
Flavio Lotti
La crisi della politica è troppo seria per essere lasciata ancora nelle sole mani dei politici. Serve un nuovo coraggio civico e una più ampia assunzione di responsabilità della società civile. Flavio Lotti invita i costruttori di pace a ripensare il loro ruolo nell’anno che viene.
Dalla denuncia alla politica. Lo slogan non è nuovo e neanche originale. Ma a me sembra particolarmente adatto a definire il lavoro che ci attende nel 2008. Nessuno si può più permettere di restare alla finestra. La crisi della politica, che tanto sta condizionando la nostra vita e la vita nel mondo, è troppo seria per essere lasciata ancora nelle sole mani dei politici. “Serve un nuovo coraggio civico e politico” abbiamo detto lo scorso 7 ottobre marciando da Perugia ad Assisi. E serve una nuova e più ampia assunzione di responsabilità. La transizione dai vecchi ai nuovi partiti non basterà a risolvere la crisi se non crescerà anche un più forte impegno della società civile. Non basta più (se mai fosse stato sufficiente) chiedere o auspicare una politica nuova. Se la si vuole davvero occorre impegnarsi per costruirla. Rabbia e frustrazione sono sentimenti più che legittimi anche a fronte dell’autoreferenzialismo, della sordità e della chiusura imperante nel mondo politico. Ma a nulla vale lamentarci se poi prevale la rassegnazione. Né serve protestare se la protesta non è accompagnata da un atteggiamento costruttivo.
La politica è, certamente, solo una parte del problema che dobbiamo affrontare. Ma una parte importante, decisiva. Chi lavora per la pace non può non rendersene conto. Se non si avanza sul terreno della politica non si avanza sulla via della pace. E non penso al grande “sogno della pace” ma ai grandi drammi del nostro tempo e alle grandi minacce che incombono sull’intera umanità. Dalla politica, in fin dei conti, dipende la verifica sull’utilità storica del pacifismo. La politica (questa politica, per la precisione) ci può fare schifo, ma di essa non possiamo fare senza. Per questo si fa sempre più urgente il bisogno di crearne una davvero nuova.
Il 2008 ci offre una nuova bella opportunità. La celebrazione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, unita alla celebrazione del 60° della nostra Costituzione e dell’Anno Europeo del Dialogo Interculturale ci consentono di riproporre con forza la centralità della persona, di ogni persona, della sua dignità e dei suoi fondamentali diritti. Non si tratterà solo di indicare, ancora una volta, una diversa scala di valori. Si tratta di contribuire alla costruzione di una politica di pace tesa a promuovere, tanto sul piano interno che su quello internazionale, il riconoscimento e il rispetto di tutti i diritti umani per tutti. La ricerca delle soluzioni deve trovare più spazio della politica degli allarmi. Il lavoro d’informazione, formazione ed educazione che dovremo continuare a fare nella società, nelle scuole e nelle nostre comunità locali si deve saldare con la costruzione dell’agenda politica dei diritti umani. Un grande compito spetta alle “città della pace”, alle donne e agli uomini che le amministrano, perché nello spazio più ristretto di queste comunità possano crescere i germogli di una nuova primavera politica e sociale. La nostra azione capillare sul territorio deve necessariamente includere un più maturo impegno per costringere la Rai a svolgere sino in fondo il suo dovere di servizio pubblico aprendo le porte al mondo e ai costruttori di pace. Investire più energie per promuovere un diverso atteggiamento del complesso mondo dell’informazione pubblica e privata è parte fondamentale del cambio di marcia che dobbiamo innestare. Dobbiamo sviluppare la nostra capacità di guardare avanti, di progettare, di costruire e di agire insieme oltre le appartenenze. Se vogliamo fare qualcosa di incisivo nel nuovo anno non abbiamo alternative.