“Dal Darfur alla Somalia. Le crisi umanitarie non fanno notizia”


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


La portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati: «Si parla di questi drammi solo quando c’è polemica politica, stampa italiana poco attenta al mondo». Intervista a Laura Boldrini.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
"Dal Darfur alla Somalia. Le crisi umanitarie non fanno notizia"

L’amara verità è che, sempre più spesso, si parla di situazioni umanitarie solo quando si arriva alla polemica politica. Se manca questa, di per sé la questione umanitaria perde di importanza, tende a scomparire. E’ come se ci fosse bisogno della diatriba politica per accendere i riflettori su vicende che invece meriterebbero indipendentemente attenzione e approfondimento». A sostenerlo è Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. «I media italiani – rimarca la portavoce dell’Unhcr – hanno accolto e alimentato una equazione spesso veicolata dalla politica, cioè immigrazione=minaccia alla sicurezza…». Gli appelli disperati lanciati dai 245 eritrei dal lager libico, non sembrano incrinare il Muro dell’indifferenza di molti, la stragrande maggioranza, dei media italiani. Perché? «Fare uscire delle notizie legate a crisi umanitarie come questa, è una specie di percorso ad ostacoli. La prima prova consiste nel convincere il giornalista che si occupa di questi argomenti e coinvolgerlo al punto che sia poi lui a farsi carico e a far passare il pezzo con il responsabile del servizio. Negli ultimi tempi, poi, è sempre più diffusa la richiesta di avere una esclusiva o una anticipazione, il che finisce per bruciare la notizia con gli altri organi di stampa. Quello che emerge chiaramente è che la stampa italiana è più concentrata sulle questioni interne e sembra trascurare quello che accade nel resto del mondo con delle gravi conseguenze sull’opinione pubblica…». Di nuovo: perché? «Perché se gli italiani avessero maggiori informazioni sui Paesi di origine dei rifugiati che cercano protezione in Italia, avrebbero maggiore predisposizione e comprensione nei loro confronti…». Invece? «Invece della Somalia, dell’Eritrea, del Darfur e di tante altre situazioni, si dice e si scrive troppo poco , addirittura niente per mesi. La triste verità è che sempre più spesso si parla di situazioni umanitarie solo quando si arriva alla polemica politica. Se manca questa, di per sé la questione umanitaria perde di importanza, tende a scomparire, non fa notizia…È come se ci fosse bisogno della diatriba politica per accendere i riflettori su situazioni che invece meriterebbero indipendentemente attenzione e approfondimento. Questa attitudine mediatica può causare un isolamento culturale dell’Italia nel contesto internazionale. Ci sono quotidiani, come Le Monde, che per tradizione hanno l’apertura sulle notizie internazionale, e lo stesso discorso vale per lo spagnolo El Pais o il britannico Guardian. Mi farebbe piacere che anche in Italia si andasse in questa meritoria direzione, offrendo agli italiani una fotografia più allargata, tale da consentire una lettura più ampia dei fatti. E poi c’è un altro aspetto da sottolineare…«. Qual è questo aspetto? «Per alcune notizie che anche riguardano il nostro Paese, i media italiani ne parlano solo dopo che queste notizie sono uscite sui giornali stranieri. Voglio aggiungere che in questi anni, per quanto riguarda le questioni migratorie, i media hanno accolto e alimentato una equazione spesso veicolata dalla politica, cioè immigrazione=minaccia alla sicurezza, senza passare attraverso una analisi del cambiamento della società italiana e degli aspetti, soprattutto positivi, di questo fenomeno». Può fare un esempio in merito? «Riportare la diminuzione degli sbarchi nel 2009 e la riduzione delle domande di asilo semplicemente come un dato, senza chiedersi che cosa questo implichi in termini di fruibilità del diritto di asilo». È solo questione di sottovalutazione, di provincialismo, o c’è anche la perdita del «diritto all’indignazione»? «Raccontare le storie altrui, significa farsene carico. Io ho voluto scrivere un libro, “Tutti indietro”, per raccontare anche storie di immigrazione, dando voce a chi arriva. Ad uscirne fuori, è l’altra faccia della medaglia: quella sconosciuta all’opinione pubblica».

Fonte: l'Unità

6 luglio 2010

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento