Da madre a madre, chiedo perdono per mio figlio
Antonio Sanfrancesco - Famiglia Cristiana
Delitto di Corigliano: perdonate mio figlio. Parla la mamma di Davide, il ragazzo che ha ucciso la fidanzata bruciandola mentre era ancora viva. La storia di un figlio “normale”, il dolore straziante che non si cancella.
Sparpagliati sul tavolo del soggiorno i documenti giudiziari. In cucina, una camicia di Davide non ancora stirata profuma di bucato fresco. “L’aveva indossata per una festa”, dice la madre in lacrime e la stringe a sé come una reliquia. “Ecco, questa è la casa del mostro. E io sono la mamma del mostro”.
Piange Pina Forciniti, la madre di Davide, che a 17 anni ha ucciso a coltellate e bruciata viva la sua fidanzata, Fabiana Luzzi, 15 anni, a Corigliano Calabro.
Ora è in custodia all’Istituto Penale Minorile di Catanzaro accusato di omicidio volontario aggravato.
“Sogno di svegliarmi domani mattina e trovarlo nel suo letto come sempre”, dice, “e io che vado da lui a svegliarlo e portargli la colazione”.
Per la prima volta la donna apre le porte della sua casa di Corigliano, una villetta alla periferia del paese, in località Gallo d’Oro, e accetta di parlare con un giornalista: “Ho scelto Famiglia Cristiana per lanciare un appello”, sillaba piano, “vorrei chiedere perdono alla mamma e alla famiglia di Fabiana anche a nome di mio figlio. Loro sono due fiori recisi, spezzati nella primavera della vita”.
Noi due famiglie distrutte. Per sempre. I riflettori su questa tragedia si spegneranno presto, la gente fra poco dimenticherà tutto ma io e la mamma di Fabiana porteremo questo fardello in eterno. Il nostro dolore sarà per sempre. Una condanna, la nostra, da scontare vivendo giorno dopo giorno”.
Il verdetto della giustizia arriverà. Quello della gente è già arrivato. Per Davide s’invocano pene esemplari. La mamma di Fabiana, che sta vivendo il suo dolore con dignità e ammirevole compostezza, ha chiesto più volte giustizia per quella figlia che sognava di fare danza e progettava serena il suo futuro. “È giusto che Rosa (la madre di Fabiana, ndr) chieda giustizia per Fabiana, anch’io farei lo stesso al suo posto. Ma è giusto anche che io chieda perdono. Sono una madre anch’io. Solo io posso capire quello che sta provando lei in questo momento”.
Nei giorni scorsi la signora Rosa aveva chiamato al telefono la madre di Davide. “Perché lo ha fatto?, dimmi, ti prego, perché?”. Un dialogo muto. Dall’altro capo della cornetta solo lacrime e singhiozzi. Le parole vengono meno quando si cercano spiegazioni a un orrore così grande. “Spero che un giorno arrivi il perdono della famiglia di Fabiana perché quello che è successo ha distrutto anche la nostra di famiglia”, dice la signora Pina.
Ora, accompagnata da uno dei suoi legali, l’avvocato Antonio Pucci, che le sta accanto in ogni momento, fa la spola tra Corigliano e Catanzaro. “Quando l’hanno portato via sabato scorso ha detto: ‘Mamma, tu devi venire con me. Ti voglio al mio fianco’. Ci sono andata, piangeva e tremava con un bimbo. Io non l’ho lasciato solo, non potevo abbandonarlo, non posso farlo. Sono sua mamma. Sono la persona più importante della sua vita. Ha bisogno delle mie carezze e dei miei baci. Una madre ha il dovere di restare accanto a suo figlio”.
In carcere, racconta Pina, Davide si è chiuso nel silenzio: “Piange continuamente. Mi ha chiesto di suo papà, forse ha preso già consapevolezza di ciò che ha fatto”.
Nella casa il tempo sembra essersi fermato. Un borsone con i vestiti aspetta di essere portato a Catanzaro. Nella camera, disposte una accanto all’altra sulla mensola, le coppe che Davide aveva vinto nelle gare sportive. Il computer ancora aperto, i peluche sul divano. “Una volta”, racconta la madre, “faceva la terza media e aveva vinto tre medaglie. Alla fine aveva deciso di regalarne una ad un suo amico che non aveva vinto nulla perché gli dispiaceva. Mio figlio era anche questo”.
Alto, belloccio, amava il rugby, Davide e sognava di fare nuoto. Due anni fa aveva frequentato un corso per diventare arbitro. Piaceva molto alle ragazze che a scuola se lo contendevano. “L’avevo soprannominato ‘O’scia’, significa ‘respiro mio””, dice Pina, “perché lui era davvero il mio ossigeno. Riempiva tutta la casa con la sua vitalità e la sua ironia. Non mi vergogno di essere sua madre. Ora questa casa è vuota, lui non c’è, il mio cuore è spezzato. Due famiglie distrutte”.
Gli aneddoti si mescolano ai racconti, i singhiozzi alle lacrime. “L’anno scorso”, racconta la donna, “Davide era andato per un mese a Novara per uno stage con la scuola e quando è partito mi diceva di avere cura di Fabiana. Era l’unico dei ragazzi che sul pullman piangeva per la partenza”.
Due mesi fa, Davide era stato sospeso da scuola per un mese dopo aver sferrato un cazzotto a un altro ragazzo. “Si era pentito di quel gesto”, dice, “alla fine aveva chiesto scusa. La scuola, poi, gli mancava molto”.
Quando parla del figlio la signora Pina parla solo al passato. “Oggi sono venuti i suoi compagni di classe a trovarmi e a uno gli ho detto: ‘Hai voluto tanto bene a Davide’. E lui mi ha risposto: ‘Voglio bene a Davide’, usando il presente. Sono scoppiata in lacrime”.
È consapevole, la signora Pina, che è difficile chiedere perdono. Soprattutto in una tragedia simile. Ma lei non dispera, anche un giorno lontano, di ottenerlo: “So che la famiglia di Fabiana è credente, è stata esemplare per come ha reagito in questi giorni. Prego spessa da sola. Quando l’ho visto nascere Davide ho detto: ‘Che bello che è, Dio lo affido a te. Custodiscilo tu’. Ma forse la mia preghiera non è stata ascoltata. O non era degna di essere esaudita”.
Il vento freddo di tramontana sferza Corigliano in questa primavera fredda che sembra già autunno. “A primavera”, dice la signora Pina sull’uscio di casa, “i fiori fioriscono. I nostri, Fabiana e Davide, sono stati recisi, spezzati per sempre. E noi con loro”.
Fonte: www.famigliacristiana.it
31 maggio 2013