Crisi Caucaso, dal vertice Ue poca sostanza
Giovanna Marin
Dura condanna del riconoscimento russo dell’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e delle sue azioni in Georgia, ma lasciando aperta la porta del dialogo con Mosca. È questo il compromesso che è stato raggiunto ieri a Bruxelles dal vertice straordinario dei capi di stato e di governo.
Dura condanna del riconoscimento russo dell’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e delle sue azioni in Georgia, ma lasciando aperta la porta del dialogo con Mosca. È questo il compromesso che è stato raggiunto ieri a Bruxelles dal vertice straordinario dei capi di stato e di governo dei 27 paesi dell’Unione Europea, convocato d’urgenza dal presidente di turno della Ue, Nicolas Sarkozy, per prendere posizione sulla crisi russo-georgiana. E finito molto più tardi del previsto, a causa delle richieste da parte dei diversi paesi membri “di cambiare un aspetto o l’altro della bozza”, come dichiarato da fonti della presidenza francese nel corso del pomeriggio. Il compromesso alla fine raggiunto nasconde solo in parte la distanza esistente tra le diverse posizioni dei paesi europei, arrivati al summit con idee divergenti sulla linea da tenere nei confronti del gigante russo. E rischia di tradursi in un nulla di fatto, o quantomeno in un’ulteriore rinvio di qualsiasi decisione.
Nella bozza di dichiarazione finale circolata ieri pomeriggio si leggeva che l’Unione fa appello alla Russia affinché “non si isoli dall’Europa” e “attui il piano” in sei punti sottoposto da Sarkozy ai presidenti di Russia e Georgia a pochi giorni dall’inizio della crisi. Nel frattempo, i 27 nomineranno “un rappresentante speciale della Ue per la crisi in Georgia” e manderanno “immediatamente” una missione esplorativa per valutare la fattibilità dell’invio di una missione di osservazione e peacekeeping nella repubblica caucasica, che sarà deciso a metà settembre dal Consiglio dei ministri della Ue.
Ma sul piano delle relazioni tra Unione Europea e Russia, il vero tema caldo del vertice, qualsiasi decisione è stata rinviata alla metà di novembre, dopo una verifica delle “reali intenzioni di Mosca” nel Consiglio Europeo in programma a Nizza il 14 novembre. Le relazioni, dice il documento finale, “sono a un bivio”. Ma quale sentiero possano prendere rimane tutto da decidere. Ovvero a dire: trovare una sintesi delle divergenze esistenti tra le posizioni dei diversi paesi membri su questo difficile punto è stato impossibile. A guidare il fronte degli “intransigenti”, Londra e il suo premier Gordon Brown, che domenica, in un articolo pubblicato su The Observer, non ha mancato di usare toni molto duri contro Mosca, definendo “l’approccio unilaterale della Russia pericoloso e inaccettabile”. “Nessuno vuole una nuova guerra fredda”, ha sottolineato Brown, “ma non ci può essere un ritorno al ‘business as usual’”.
Una posizione, quella britannica, sposata in toto o quasi dalle repubbliche baltiche, dalla Svezia, dalla Repubblica Ceca e dalla Polonia. Che è arrivata ieri a Bruxelles con tre proposte nel cappello: aiuti umanitari immediati alla Georgia, “compresa l’Ossezia del Sud”, la preparazione di una “missione speciale di ricostruzione” e, soprattutto, l’inaugurazione di una “partnership” per i paesi dell’Est, con il chiaro compito di fare da argine all’influenza russa sui paesi dell’ex Unione Sovietica.
L’appello di Gordon Brown a “rivedere, alla luce delle azioni russe, le relazioni tra la Ue e la Russia” e l’invito di Varsavia ad agire per limitare le possibili mire di Mosca non hanno però incontrato i favori di altri paesi membri. Italia, Germania e Francia in primis, più orientate verso una linea soft nei confronti del gigante russo, che – è bene ricordarlo – fornisce ai paesi europei gran parte del loro fabbisogno di gas. Messaggio fermo alla Russia, “ma senza compromettere la cooperazioni e le relazioni con Mosca” è quanto ha proposto ieri al vertice la delegazione italiana, guidata dal premier Berlusconi. Parole simili a quelle usate dal ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, secondo cui azioni più risolute potrebbero far aumentare i toni della crisi, invece di aiutare a calmare le acque.
Nessun riferimento quindi a quelle sanzioni che il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner aveva paventato giovedì scorso accennando alle misure che il vertice di ieri avrebbe potuto adottare. Sanzioni, aveva immediatamente precisato, che il suo stesso governo non aveva intenzione di proporre e che anche Washington aveva subito detto non essere il modo migliore per affrontare la crisi. Perché, come ha sottolineato ieri quasi con soddisfazione l’ambasciatore russo alla Nato Dmitri Ragozin, “Russia e Unione Europea sono interdipendenti”. Imporre sanzioni a Mosca sarebbe quindi per Bruxelles come “strapparsi il fegato e buttarlo nella spazzatura”.
Fonte: Lettera22 e Il Riformista
2 settembre 2008