Crisi alimentare nella RdC
Michele Luppi da Goma
Il 70% della popolazione congolese soffre la fame. Aumento dei prezzi degli alimentari e difficoltà d’accesso ai mercati per la mancanza di vie di comunicazione le principali cause. Le tensioni nella regione orientale aggravano ulteriormente la situazione.
Preoccupa sempre di più la salute alimentare della popolazione congolese: in un paese con più di 80 milioni di ettari di terre coltivabili, il 70% della popolazione (circa 60 milioni) è denutrita o soffre la fame.
E’ questa l’allarmante considerazione con cui la scorsa settimana si è aperta a Kinshasa una conferenza, organizzata dal ministero dell’agricoltura congolese e dall’Istituto Internazionale di Ricerca sulle Politiche Alimentari per definire meccanismi per la lotta contro la povertà, la fame e la malnutrizione.
Un impegno quanto ormai urgente di fronte alla costante crescita a livello mondiale dei prezzi delle materie prime che ha portato, anche in Rd del Congo, all’aumento dei prezzi dei generi alimentari: in alcuni casi più che raddoppiati negli ultimi mesi. Un fenomeno che ha pesantissime ricadute sulla salute alimentare della popolazione quando gli aumenti riguardano prodotti di base come la manioca, il riso o i fagioli che rappresentano il cibo quotidiano per milioni di persone.
Secondo gli studiosi la principale causa del mancato sviluppo agricolo del paese è la difficoltà nell’accesso ai mercati dovuta alla mancanza di vie di comunicazione, in particolare quella fitta rete di strade rurali che permettono ai prodotti di raggiungere i grandi villaggi e le città. Questa debolezza infrastrutturale costituirebbe anche un chiaro freno allo sviluppo del settore agricolo relegando la produzione, salvo rare eccezioni, alla semplice sussistenza.
Non solo molti villaggi ma anche grandi città, specialmente nel bacino del fiume Congo, risultano oggi completamente isolate e raggiungibili quasi esclusivamente per via aerea. L’alternativa è rappresentata da settimane di viaggio su strade dismesse che diventano inservibili durante la stagione delle piogge.
I notevoli costi di strasporto fanno lievitare i prezzi dei prodotti a tal punto da diventare inaccessibili per la maggioranza della popolazione ; una mancanza di sbocchi commerciali che si traduce in un disincentivo alla produzione, creando un circolo vizioso alla base del mancato sviluppo delle colture.
Nell’est del paese la situazione è aggravata dal clima di insicurezza che avvolge le province orientali. La guerra nel Kivu (vana la conferenza di pace a gennaio) e le tensioni dell’Ituri, continuano ad impendire la coltivazione di migliaia di ettari di terre fertili, rendendo più difficile anche il transito delle merci lungo le strade. Dall’altra parte nel Sud Kivu nell’area di Uvira, al confine con il Burundi, una malattia ha colpito le coltivazioni di manioca della valle del Ruzizi. Un’epidemia che grazie all’intervento tempestivo di varie organizzazioni e delle autorità è stata circoscritta ma che ha compromesso il raccolto dello scorso anno, con ulteriori ricadute sull’economia della zona.
La necessità di porre rimedio a questi problemi rilanciando l’economia del paese ha spinto l’amministrazione Kabila, su pressione delle grandi organizzazioni internazionali, ad investire nella ricostruzione delle infrastrutture dei trasporti.
Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e grandi donatori stanno finanziando vari progetti per il ripristino delle principali arterie viabilistiche del paese, per un totale di 15 mila chilometri di strade. I lavori, anche se lentamente, stanno proseguendo ma gli eventuali frutti saranno visibili solo tra alcuni anni.
Fonte: Nigrizia.it
23 settembre 2008