Cresce spesa militare: nel 2017 è di 1739mld di $
Rete Italiana per il Disarmo
Pubblicati i dati SIPRI con stime che evidenziano una crescita dell’1,1% rispetto all’anno precedente.
Le spese militari mondiali crescono dell’1,1% in termini reali, superando nel 2017 il muro dei 1.700 miliardi di dollari con una valutazione fissata a 1.739 mld US$ pari al 2,2% del PIL mondiale (230 dollari pro capite). Lo certificano le stime del Sipri, l’istituto svedese di ricerca sulla pace, diffuse oggi e relative alla spesa per eserciti ed armamenti di tutti gli Stati del mondo. La leggera crescita, che fa proseguire un trend in atto da alcuni anni, è il risultato dell’incremento ormai da tempo robusto nelle spese dell’area mediorientale – Arabia Saudita su tutti – e del continuo aumento dei fondi militari impiegati da Cina e India. Un aumento che avviene nonostante il drastico taglio delle spese militari della Russia (- 20%) e una stasi in quelle statunitensi che comunque superano, da sole, quelle dei successivi sette Paesi della lista e si prevedono in rialzo già sul 2018.
Il dato relativo al Medio Oriente risulta in crescita di oltre il 6% nonostante non siano valutabili (e quindi esclusi dal conteggio) i dati di paesi in guerra come Siria e Yemen oltre che di storici speditori militari come Qatar ed Emirati Arabi. In Europa si registra un incremento generalizzato, più pronunciato in quella centrale (+12%), e comunque presente in quella occidentale (+1,7%) sia per la percezione di pericolo russo sia per le richieste di aumento di spesa che la NATO sta reiterando.
I principali Paesi per spesa militare in Europa sono Francia (-1,9%)m Gran Bretagna (+0,5%), Germania (+3,5%) e Italia (+2,1%). Dunque anche il nostro Paese viene stimato con una spesa militare in rialzo e superiore ai 26 miliardi di euro, circa 29 miliardi di dollari, con un controvalore pari all’1,5% del PIL. Sono numeri che confermano il trend in rialzo già evidenziato dalle analisi dall’Osservatorio Mil€x, più specifico nelle valutazioni sul bilancio dello Stato Italiano.
Di fronte a questo continuo scelta di investimento militare da parte di tutti Paesi del mondo la Campagna globale sulle spese militari (GCOMS), le cui “Giornate di azione” internazionali si concluderanno domani, ribadisce la richiesta di una riduzione della spesa militare con conseguente spostamento di fondi su altre più urgenti necessità. Che andrebbero a favore delle popolazioni di tutto il mondo.
“I fondi attualmente destinati ad usi militari devono essere urgentemente reindirizzati verso i veri bisogni umani! I fondi che oggi vengono spesi negli eserciti sono necessari invece e con urgenza per ridurre le disuguaglianze, per aumentare la cooperazione mondiale, per eliminare le ingiustizie energetiche, per sfidare le dinamiche che stanno spingendo la massiccia crisi di rifugiati e sfollati, per implementare regolamenti globali di mercato basati sulle persone e per costruire un mondo pacifico” si legge nella Dichiarazione internazionale diffusa oggi dalla GCOMS.
“Come primo passo, chiediamo pertanto una riduzione del 10% della spesa militare in tutti i Paesi e le Alleanze, compresa la NATO, al fine di uno spostamento di questi fondi verso i veri bisogni umani e obiettivi sostenibili” è la richiesta fondamentale della mobilitazione internazionale promossa dall’International Peace Bureau e sostenuta da centinaia di organizzazioni della società civile di cinque continenti.
L’obiettivo della Campagna è far pressione sui Governi affinché investano denaro in salute, istruzione, posti di lavoro e cambiamenti climatici, oltre che alla costruzione della Pace, piuttosto che nelle spese militari.
La Rete Italiana per il Disarmo sostiene la GCOMS nella richiesta di una riduzione del 10% delle spese militari, a partire da quelli italiane che in particolare sono sbilanciate sulla spesa per il personale e prevedono quasi 6 miliardi di euro annui per l’acquisto di nuovi armamenti. La Rete Disarmo sottoscrive e rilancia del nostro Paese la dichiarazione conclusiva della Campagna internazionale che analizza la situazione derivante da scelte politiche globali influenzate dal complesso militare-industriale: “Gli affari di guerra si basano sul commercio di armi e sulla ricerca di strutture di potere, dominio e mascolinità che provocano morti civili, conflitti degradanti, sfruttamento predatorio del pianeta e contribuiscono attivamente al cambiamento climatico. Le azioni per promuovere la giustizia globale e ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici richiedono una riduzione delle spese militari e rinnovati sforzi per utilizzare i negoziati nel risolvere i conflitti. Produrre e vendere armi è un affare molto redditizio che uccide le persone, mentre l’acquisto di armi sottrae denaro da obiettivi positivi centrati sulle esigenze umane”.
Rete Italiana per il Disarmo
2 maggio 2018