Corea del Nord: il sistema anti-missile Usa contro le minacce di Pyongyang


Roberto Festa


Le azioni nord-coreane rappresentano “una minaccia chiara e reale” agli interessi di Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti.


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Le azioni nord-coreane rappresentano “una minaccia chiara e reale” agli interessi di Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Washington ha sinora risposto in modo “misurato, responsabile e serio”: ma “basta un solo sbaglio e non voglio essere il segretario alla Difesa che una volta si è sbagliato”. Così Chuck Hagel, in un discorso alla National Defence University di Washington, ha bollato le ultime iniziative di Pyongyang in tema di guerra nucleare. Poco dopo il Pentagono ha annunciato il dispiegamento sull’isola di Guam, nell’Oceano Pacifico, di un sistema anti-missile – la “Terminal High Altitude Area Defense”, o THAAD – per difendersi da eventuali missili a medio e corto raggio provenienti dalla Corea del Nord.

Gli Usa, si legge nel comunicato del Pentagono, sono pronti a difendere il territorio nazionale e gli alleati e “continuano a esortare la leadership nord-coreana a cessare le minacce provocatorie”. La mossa appare soprattutto precauzionale, ma la vera ragione strategica sta nel fatto che, una volta installato, il sistema THAAD renderà possibile il riposizionamento di due navi da guerra dotate di sistema antimissile “Aegis” vicino alla costa nord-coreana. Barack Obama potrà quindi decidere se abbattere il sofisticato sistema missilistico di Pyongyang, con ogni probabilità durante uno dei sempre più frequenti test missilistici. “Non abbiamo ancora preso una decisione”, ha detto al New York Times una fonte dell’amministrazione Usa, “ma vogliamo tenerci aperte quante più opzioni possibile”.

L’installazione del sistema THAAD, che comprende lanciatori, missili intercettori, radar e unità di controllo di fuoco, è soltanto l’ultimo episodio di una escalation militare che gli Stati Uniti hanno intrapreso con decisione e che ha portato al coinvolgimento progressivo di bombardieri B-52 e B-2, di caccia F-22 Raptor e di cacciatorpedinieri anti-missili. L’offensiva miltare è andata di pari passo con quella diplomatica, volta a isolare Pyongyang nel mondo. Quando, martedì scorso, la Corea del Nord ha annunciato di aver riattivato un reattore nucleare chiuso nel 2007, il segretario di stato Usa John Kerry ha definito il piano “inaccettabile” e si è lanciato in una serie di consultazioni con Giappone, Corea del Sud e Cina. Anche Hagel si è dato da fare, chiamando il suo omologo cinese Chang Wanquan per stabilire iniziative comuni.

L’attivismo militare e diplomatico di Washington risponde, secondo molti analisti Usa, soprattutto a due ordini di problemi. Da un lato, gli Stati Uniti sono convinti che la leadership di Kim Jong-un sia molto più debole di quanto appaia dall’esterno. “Ci sono purghe in corso a Pyongyang, continui avvicendamenti di funzionari”, spiega Bruce Bennett, un analista di Rand Corporation. “Kim Jong-un cerca di mostrarsi audace per assicurare che lui è davvero capace di mantenere il controllo sul Paese”. In realtà, il nipote del fondatore della nazione non sarebbe così saldo nella sua leadership. Il dispiegamento della forza americana servirebbe quindi a far emergere il bluff delle minacce di Kim, rendendo più instabile il suo governo e la situazione politica nord-coreana. C’è poi la questione sud-coreana. L’esibizione di muscoli di Washington, in queste ore, serve anche a tenere Seoul al suo posto. Gli Stati Uniti vogliono “assicurare la Corea del Sud che la difenderanno da ogni minaccia”, come ha spiegato il portavoce del Pentagono George Little. In questo modo, dovrebbero anche scongiurare la possibilità che Seoul prenda iniziative militari autonome che potrebbero rivelarsi disastrose, facendo precipitare l’intera Penisola in una guerra dagli esiti imprevedibili. Di più. La Corea del Sud potrebbe usare la minaccia nucleare nord-coreana per portare avanti la sua agenda nucleare. Washington e Seoul stanno entrando nella fase finale di lunghi negoziati.

Il governo sud-coreano chiede a Washington di poter riprocessare il materiale nucleare utilizzato. Lo scopo è quello di ridurre le scorie stoccate e aumentare la produzione del combustibile necessario ai reattori di ultima generazione. Nonostante l’assicurazione che il combustibile esausto delle centrali nucleari verrà utilizzato a fini pacifici – la Corea del Sud trae il 40% della propria energia elettrica dall’industria nucleare – il plutonio che deriva dal ritrattamento può essere usato anche per produrre armi atomiche. Un trattato stipulato tra Stati Uniti e Corea del Sud nel 1994 vieta a Seoul attività di questo tipo. Ma l’accordo è prossimo alla scadenza – il nuovo trattato verrà votato dal Senato Usa entro l’estate 2013 – e il governo sud-coreano potrebbe usare la minaccia di Pyongyang per ottenere condizioni più favorevoli. Di qui dunque la preoccupazione dell’amministrazione Obama, che ha deciso di rafforzare la sua presenza militare nella Penisola per dissuadere l’avversario nord-coreano”, uno dei Paesi “dell’asse del male” di George W. Bush, ma anche per riportare a più miti consigli il sogno atomico dell’alleato sud-coreano.

Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
4 aprile 2013

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