Cop26, delusione per la bozza del documento finale
amelia rossi
Carbone, gas e petrolio non figurano mai esplicitamente in nessun punto del documento. Nemico numero uno: l’Arabia Saudita. Delusione per il target che resta “ben al di sotto dei 2°C”, lo stesso di sei anni fa. Ora iniziano i negoziati tra i 200 delegati per arrivare a una dichiarazione condivisa
C’è molta agitazione nei corridoi e nelle stanze chiuse dove discutono i negoziatori. E non solo per la fibrillazione di aver finalmente rivisto Barack Obama. Da qualche ora circola la prima bozza del documento politico finale di Cop26, diffuso nella notte dal presidente Alok Sharma.
Sono elencati tutti i punti principali di cui in parte si è già dibattuto e anche quelli ancora in agenda.
Il «Non paper: sommario della presidenza sui possibili elementi identificati dalle parti» elenca adattamento, finanza, migrazioni, transfer di tecnologia, implementazione dell’accordo di Parigi, la partecipazione dei giovani e la giusta transizione. Cita l’importanza del multilateralismo e della cooperazione internazionale, dell’«urgenza di un’azione per mantenere vivo l’obbiettivo di 1.5 °C».
Ma in quell’elenco di due paginette non vengono mai citati i combustibili fossili. E tanto basta per aver fatto scattare, dietro le quinte, la furia dei Paesi più vulnerabili e anche di quelli più ambiziosi.
Il contenuto del documento
La bozza sottolinea «l’importanza di rispondere alla scienza e fare riferimento ai risultati dell’IPCC»; cita l’obiettivo del Net Zero (l’economia a emission zero) entro il 2050, il target inseguito da Stati Uniti ed Unione europea. Chiede di «aumentare urgentemente i flussi finanziari ai livelli necessari per sostenere i paesi in via di sviluppo» ed esprime «profonda preoccupazione» che l’obiettivo del fondo per il clima da 100 miliardi di dollari (annui) non sia stato ancora raggiunto. Carbone, gas e petrolio non figurano esplicitamente in nessun punto. E tantomeno le due parole «combustibili fossili».
Il nodo dell’Arabia Saudita
Per ora i delegati non parlano, i negoziati proseguono. Ma è sulla bocca di tutti che il grande nemico, oggi come due anni fa a Madrid, è l’Arabia Saudita che si sarebbe messa di mezzo per far eliminare dalla dichiarazione finale ogni riferimento ai combustibili fossili. Nonostante il Patto per l’uscita dal carbone firmato da una quarantina di paesi giovedì scorso (ma Usa, Russia, Cina, non hanno firmato).
Gli unici a sbottonarsi pubblicamente sono gli ambientalisti di Greenpeace, che con un comunicato denunciano «l’ostruzionismo di chi porta avanti interessi legati ai combustibili fossili». «È molto preoccupante che la prima bozza dell’accordo di Glasgow sia già così debole», afferma Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International.
«Solidarietà e transizione verso le rinnovabili»
«Dai negoziati di Glasgow deve emergere la necessità di mettere fine ai nuovi progetti di sfruttamento dei combustibili fossili, accompagnata da un adeguato sostegno finanziario per i Paesi del Sud del mondo – dichiara l’ugandese Edwin Namakanga, 27 anni, attivista per il clima di Friday for future most affected people and areas (Mapa), arrivato la scorsa settimana alla Cop26 a bordo della nave Rainbow warrior di Greenpeace – abbiamo bisogno di solidarietà e di una giusta transizione verso le energie rinnovabili, perché qualsiasi altra decisione differente da questa sarebbe una condanna a morte per interi popoli, Paesi e territori».
Fonte: Il Corriere della Sera
10 novembre 2021