Cooperazione internazionale. Chi sta bene e chi sta male
Fabio Pipinato - unimondo.org
Tagliare si deve? Cominciamo dalla cooperazione internazionale. Così almeno ad analizzare le deludenti conclusioni dell’ultimo G8. Ma a livello locale succede anche di peggio.
Dalla città all’Onu v’è una sola risposta univoca: tagliare la cooperazione internazionale. Senza se e senza ma. Di fronte alla crisi si risponde con la chiusura a riccio, con “mamma casetta”. Come da copione. Dalla crisi del ‘29 s’erano aperte due strade. O il new deal americano che significò integrazione, apertura, mercato, sviluppo o il nazifascismo europeo che significò rigetto e chiusura. Del G8 di Camp David appena conclusosi non se n’è accorta l’opinione pubblica. Per due motivi. Non è stato permesso il contro G8 e, francamente, non ha molto da dire. Dei fondi per la cooperazione promessi a l’Aquila «è stato sborsato solo il 44%, ha spiegato Porter McConnell dell’Ong Oxfam America. Ma Obama al parallelo Simposio di Washington ‘‘Advancing Food and Nutrition Security at the 2012 G8 Summit‘‘ lancia l’alleanza con la Monsanto e con altre multinazionali sperando che i fondi mancanti possano venire dal privato.
Al G8 l’inquilino della Casa Bianca pensa di stupire affermando che vuole portare fuori dalla soglia della povertà nei prossimi anni “ben” 50 milioni di persone! Forse dimentica che l’impegno negli obiettivi del millennio era di 500 milioni di persone. Ed entro il 2015. Anno in cui verrà celebrato l’expò di Milano che avrà per tema, per l’appunto, “nutrire il pianeta”. Ciò spiega la presenza di Formigoni al summit che s’è confrontato, in termini di coop. Internazionale, con Bono Vox degli U2. Il cantante: “Conosco gli italiani, sono generosi’’…. Alcun cenno alle istituzioni….Gelo in sala! La Regione Lombardia, infatti, nonostante il suo Presidente si sia formalmente impegnato, nel 2010, con il CINI – Coordinamento Italiano Network Internazionali, ad aumentare le risorse destinate alla Cooperazione allo Sviluppo e alla lotta alla povertà nel mondo fino a una quota pari allo 0,7% del Bilancio Regionale (cifra pari a 161 milioni di euro) versa, in verità, lo 0,07% (1,61 milioni). Si fa aiutare, all’uopo, dalla Fondazione Cariplo – Cassa di Risparmio delle Province Lombarde che ne mette altrettanti.
La Regione Veneto che è stata una dei precursori della coop. decentrata e che vanta fior fiore di istituti di ricerca mette una cifra pari alla Regione Lombardia, di cui un terzo per bando e due terzi per “iniziativa diretta”. Si parla del 2011. Per l’anno in corso ancora nulla.
La Regione Piemonte vanta un investimento diretto e di sistema di oltre 10 milioni di euro. In verità, ha quasi azzerato la sua spesa per la cooperazione allo sviluppo. Era di 5 milioni di euro nel 2009, è crollata a 900 mila euro nel 2010, ed ancor meno per il 2011 come riporta puntualmente Emanuela Citterio.
“Tagliare le risorse della cooperazione è una scelta sbagliata” afferma l’ex assessore alla Regione Toscana Massimo Toschi, ora consulente del Presidente, per la gestione di appena un paio di milioni “La crisi economica non deve portare le Regioni e gli enti locali a chiudersi, è un grande errore…. l’idea che il nostro rapporto con il mondo si possa sacrificare è miope e pericolosa. Se avessimo fatto una cooperazione più seria con la sponda sud del Mediterraneo ora potremmo gestire l’emergenza che sta alle nostre porte, in nord Africa, in modo diverso".
Se la situazione a livello regionale è a dir poco drammatica, sconfortante è la situazione a livello statuale. Dal 2004 l’aiuto italiano all’Africa nel suo complesso è aumentato dell’8% (+84 milioni di dollari), a fronte del raddoppio promesso per il 2010. Si tratta dell’incremento più basso di tutti gli altri otto Paesi, a fronte di un aumento medio dei G8 del 35% (+8 miliardi di dollari).
Il ministro senza portafoglio Riccardi ha una popolarità ai minimi storici. 3 su 4 danno un voto negativo al suo operato. Auspica maggior cooperazione internazionale ma non riesce ad avere il governo della DG8 – Direzione Generale alla Cooperazione Internazionale che gestisce lo 0,19% pari ad un decimo di un’organizzazione come MSF. Nonostante questo ha aperto un importante dibattito a livello nazionale che si concluderà con un forum a Milano il 26-27 settembre 2012.
Per cui in agonia troviamo sia la cooperazione internazionale e sia la cooperazione decentrata di Regioni e comuni. Quest’ultimi si trovano dal basso un’opinione pubblica sempre più chiusa e dall’alto un Ministero o delle regioni sempre più burocratizzate.
Nella deregulation totale v’è un’eccezione che conferma la regola: il Trentino che devolve lo 0,25% delle proprie risorse per costruire relazioni con il mondo (e non è un caso che sia il territorio a minor disoccupazione d’Italia) in funzione antibarbarie.
Ma se le regioni ed i comuni, a partecipazione democratica, cessano di relazionarsi con il mondo chi lo fa in loro vece? A detta del Presidente delle ONG italiane Gianfranco Cattai: “Le strutture non democratiche: industria ed università”. Queste hanno molte più opportunità e rende il rapporto con le amministrazioni statuali molto più semplice. Su questa linea non si sta muovendo solo gli USA (Obama/Monsanto) ma anche l’Unione Europea che predilige la grande impresa a scapito dei territori.
Chi altro è in salute? I BRICS. Nonostante la crescita non sia più esponenziale stanno mostrando una voglia d’apertura senza precedenti. Si parla addirittura di “critica ascesa” con percentuali a due cifre. Dal 2005 al 2010 la spesa del Brasile per aiuti internazionali è cresciuta del 20,4% annuo, quelle di India, Cina e Sud Africa del 10,8%, 23,9%, e 8% rispettivamente. La Cina è, dunque, il maggior erogatore di aiuto all’estero. E se il capitolo “salute” è prioritario nelle agende di Brasile e Russia, resta comunque importante in quelle di Cina, India e Sud Africa. Complessivamente, i BRICS enfatizzano la cooperazione Sud-Sud e stanno contribuendo alla salute globale attraverso stanziamenti economici, “capacity building”, facilitato accesso a terapie e assistenza, sviluppo di nuove strategie e strumenti e difesa dei “farmaci generici”.
Fonte: http://www.unimondo.org
28 maggio 2012