Contro tutti i bavagli all’informazione. Martedì alla Fnsi con Stefano Rodotà
Franco Siddi
Domani 14 luglio, i giornalisti italiani terranno una nuova giornata di impegno civile, con una riflessione aperta al pubblico confronto sulla democrazia dell’informazione, il dovere dei giornalisti di raccontare i fatti di interesse generale, il diritto dei cittadini a sapere.
La libertà, il pluralismo, il diritto all'informazione completa dei cittadini, come mostrano le vicende nostrane, non sono mai garantite una volta per tutte. Per affermarle e difenderle occorre stare perennemente in campo. Martedì prossimo 14 luglio, i giornalisti italiani terranno una nuova giornata di impegno civile, con una riflessione aperta al pubblico confronto sulla democrazia dell'informazione, il dovere dei giornalisti di raccontare i fatti di interesse generale, il diritto dei cittadini a sapere.
Il professor Stefano Rotodà, già presidente dell'autorità garante della privacy, introdurrà, per iniziativa della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, nella sala "Walter Tobagi" della sede di Corso Vittorio Emanuele 349 a Roma (inizio ore 10.30), questo momento di approfondimento, aggiornamento del dibattito e confronto di merito che trae origine, principalmente, dal ddl Alfano sulle intercettazioni e i bavagli alla stampa.
L'autorevole iniziativa del Capo dello Stato nei confronti del Governo, e in raccordo con il vertice delle Istituzioni parlamentari, ha fermato il corso di un disegno di legge demolitorio del diritto di cronaca giudiziaria e del diritto all'informazione. Grazie al Presidente Napolitano da parte del Sindacato dei giornalisti. Grazie perché la sua autorevole moral suasion apre la via ad un nuovo dialogo parlamentare e a un confronto approfondito sul merito di materie che tante legittime opposizioni e riserve hanno suscitato in tutti coloro che tengono ai valori costituzionali, all'indipendenza della Magistratura, all'autonomia dell'informazione e al rispetto della carta dei diritti fondamentale dell'uomo.
La voce di tante espressioni della società civile, del Sindacato dei giornalisti e di tutte le articolazioni istituzionali e organizzative della categoria ha trovato nel Colle ancora una volta il riferimento fondamentale nella rigorosa adesione ai principi, ai valori e ai beni costituzionalmente garantiti e protetti. Da questo punto di vista un successo per chi, come la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, ha sempre ritenuto necessario considerare nel merito e negli aspetti di valore tutti gli elementi di un provvedimento proposto con forza dal Governo e ritenuto, nel suo testo originario e in quello votato dalla maggioranza della Camera, grave, illiberale, tale da determinare un pericoloso deficit democratico, dannoso per l'Italia e per l'Italia in Europa.
Il problema non è scomparso, le preoccupazioni rimangono, ma il fatto che il Senato abbia deciso (anche su richiesta della Fnsi) di riaprire le audizioni sul merito del disegno di legge Alfano e di rimandare a dopo le ferie l'esame dell'Aula, consente – nel binario tracciato dal Capo dello Stato – nuovo dialogo parlamentare e di verificare così la possibilità di approfondimenti reali e di opportuni cambiamenti.
Quando sembrava che invece sarebbe stata seguita un'altra strada, quella di un'operazione "caterpillar"con passaggio del ddl in Senato e approvazione senza modifiche, magari ricorrendo al voto di fiducia, la Fnsi si era vista costretta a indire una giornata di silenzio, proprio per martedì 14 luglio, quale forma di protesta e di indignazione massima a fronte dell'assenza di ascolto verso qualsiasi richiamo e appello.
Le novità intervenute hanno determinato la sospensione, non l'annullamento della proclamata giornata di protesta, e la sua trasformazione in una nuova occasione, certo di dissenso, ma soprattutto di promozione del confronto vero sul merito delle questioni per le quali è sollecitato un più diffuso ragionamento.
Per la Fnsi le norme bavaglio devono essere comunque cassate dal ddl intercettazioni perché si tratta di pensare ad un aumento della libertà del nostro Paese e non a una sua limitazione. Sarebbe un grave impoverimento democratico il blocco dell'informazione sulle indagini amministrative e le inchieste giudiziarie, attraverso il bavaglio ai giornalisti (con carcere e multe) e le sanzioni economiche agli editori (anche 450 mila euro per una notizia che il dovere di informare impone di rendere pubblica e che un divieto improprio vorrebbe non pubblicata).
Nell'introdurre queste previsioni nel ddl intercettazioni, il Governo che l'ha proposto e quanti l'hanno votato alla Camera, come già avvenne due anni fa su un analogo disegno di legge Mastella, hanno invocato esigenze di tutelare la privacy rispetto al contenuto di intercettazioni finite negli atti di inchieste giudiziarie. Era ed è chiaramente una "scusa" che non sta in piedi, neanche sul piano giuridico.
Quanto ai diritti fondamentali che devono essere sempre garantiti, ci ha pensato da tempo la Corte Europea sui Diritti dell'Uomo a spazzar via questa tesi. Da ultimo, pochi giorni fa, nella sua relazione annuale, il necessariamente prudente e "istituzionale" Garante della Privacy il Professor Franco Pizzetti, non ha potuto mancare di esprimere le perplessità sul ricorso sanzioni penali a carico dei giornalisti e degli editori. Pur ritenendo necessarie nuove regole sui limiti di pubblicabilità delle informazioni acquisite e trattate dai giudici, per il professor Pizzetti basta osservare "scrupolosamente il codice deontologico dei giornalisti e il codice della privacy".
E' evidente che il problema posto dal ddl Alfano è un altro, è il fastidio del potere di fronte a notizie scomode che lo riguardano. Ma nessuna legge che voglia cancellarle, impedendone la pubblicazione potrà essere accettata.
Se c'è una questione di privacy – e sul tema questioni aperte certo esistono – si intervenga qui. Ci sono codici e leggi sufficienti, strumentazioni e interventi forse da rivedere. C'è una sola strada: cassare le norme bavaglio dal ddl Alfano e aprire un reale processo riformatore, democratico e liberale. Anche nel progetto di riforma del Consiglio Nazionale dell'Ordine c'è un'indicazione chiara che è patrimonio dell'elaborazione ultra decennale condivisa dal Sindacato dei giornalisti: il Giurì per la lealtà e la correttezza dell'informazione. Istituirlo sarebbe un segno riformatore importante, una riforma di valore di grande portata. Si può partire da qui. Si può fare molto e bene.
Ma se, dopo la pausa, il "caterpillar" dovesse tornare in campo, si riattiverà tutta l'iniziativa di indignazione e protesta ora sospesa.
Fonte: Articolo21
11 luglio 2009