Condannato a morte per un foglio


Peace Reporter


Non sono buone le speranze per il giovane giornalista afghano Sayed Parwez Kaambakhsh, condannato a morte il 22 gennaio per aver stampato un articolo trovato preso da internet. Con una procedura anomala la Camera alta del parlamento ha ratificato la sentenza. Il documento, che non è frutto di una votazione dei senatori, reca la firma del presidente del Senato, Sibghatullah Mojaddedi, stretto alleato del presidente Hamid Karzai.


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Condannato a morte per un foglio

Con una procedura del tutto inusuale, oltre che lesiva dell’indipendenza della magistratura, questa mattina la Camera alta del Parlamento afgano ha emesso un comunicato ufficiale che giudica come legittima la condanna a morte per blasfemia inflitta in primo grado al giovane giornalista Sayed Parwez Kaambakhsh. Il documento, che non è frutto di una votazione dei senatori, reca la firma del presidente del Senato, Sibghatullah Mojaddedi, stretto alleato del presidente Hamid Karzai.

Tutti contro il giovane giornalista. Kaambakhsh, condannato il 22 gennaio alla pena capitale per aver stampato da Internet e diffuso un articolo non suo ritenuto anti-islamico dai giudici, farà ricorso contro la sentenza di primo grado. Ma, come ha spiegato alla Bbc l’avvocato afgano Wadeer Safi, “questo atto anticostituzionale del Senato influirà certamente sulla neutralità dei giudici in appello”.

Se a favore del giovane giornalista e studente universitario di Mazar-i-Sharif si sono schierate Amnesty International e la Missione Onu in Afghanistan (Unama), contro di lui si sono espressi sedici studenti dell’Università di Balkh suoi compagni di corso, i Consigli degli Ulema delle province di Balkh e Kunduz e pure i talebani, che su un loro sito Internet hanno deplorato le “nefandezze” scritte dal ragazzo, appellandosi ai “jihadisti e agli afgani coraggiosi affinché lo puniscano con durezza”.
L’autore dell’articolo blasfemo. L’articolo incriminato che il giovane Kaambakhsh aveva stampato da Internet era stato scritto da Arash ‘Bikhoda’ (‘Ateo’ in farsi): un giornalista iraniano che vive a Londra e pubblica i suoi scritti su un sito Internet di ex-musulmani iraniani convertitisi all’ateismo militante e anti-islamico.
Bikhoda – che a Radio Farda ha dichiarato di non sentirsi responsabile per la sorte del “coraggioso” Kaambakhsh, visto che sul sito dov’era pubblicato l’articolo “si metteva in guardia dai rischi a cui va incontro chi decide di usare quel materiale in Paesi islamici” – ha una pagina personale di presentazione su Wikipedia, dove si presenta come “ex-musulmano, ateo, razionalista, umanista, liberlademocratico e repubblicano” e afferma che “combattere l’Islam è il principale scopo della sua vita”. Poi elenca le ‘colpe’ della religione islamica: “Viola la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, impone l’uccisione degli apostati e la lapidazione delle adultere e il suo profeta, Maometto, era un pedofilo, un terrorista e un omicida di massa, era quello che è oggi Hugh Hefner”, l’editore metodista e puritano della rivista PalyBoy.
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