Come vivere da islamici in Europa. "No al terrorismo, diritti alle donne"
Alberto D'Argenio
Oggi a Bruxelles, con oltre 400 associazioni, la firma della Carta dei musulmani nella Ue. Il rispetto per le altre religioni e la condanna del terrorismo uno dei punti centrali del documento.
BRUXELLES – Se integrarsi pacificamente nelle società europee è un dovere, quello di costruire moschee e portare i propri abiti tradizionali è un diritto. Per la prima volta la società civile musulmana del nostro continente prova a parlare con una sola voce ad una vasta platea mediatica, rigettando qualsiasi forma di terrorismo, provando ad incollare tutte le sue anime e cercando di spiegarsi, a sé stessa e all'esterno.
Ma anche dicendo su quali punti non è disposta a cedere, come l'annacquamento della propria identità. Lo fa con la "Carta dei Musulmani d'Europa", un documento appoggiato dai maggiori organi religiosi islamici che sarà firmato oggi pomeriggio a Bruxelles da 400 associazioni musulmane provenienti da tutti i paesi dell'Unione europea e dalla Russia. Un documento che per volontà della Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa, l'anima dell'iniziativa, in futuro potrà essere firmato anche dalle associazioni cristiane.
Si tratta di sei pagine in cui si parla alle persone di fede islamica e al mondo esterno con l'obiettivo di rimuovere "i preguidizi e l'immagine negativa che si frappongono tra Islam e occidente". Ecco perché la prima parte del decalogo fornisce una rappresentazione dell'Islam ad uso e consumo dei suoi credenti e degli altri cittadini europei ben lontana dalle derive estremistiche: no al terrorismo, all'interpretazione violenta della Jihad e parità tra uomo e donna.
Con queste premesse la Carta chiede "il riconoscimento dei musulmani come comunità religiosa europea", ricordando che una mutua accettazione fondata sul dialogo e la conoscenza reciproca giova alla pace, al benessere delle nostre società e aiuta a rimuovere "estremismo ed esclusione". Due concetti accostati volontariamente, visto che proprio la ghettizzazione (imposta o voluta) delle comunità islamiche porta alla violenza. Un male da sconfiggere, così come la spaccatura tra le diverse etnie musulmane e le varie scuole islamiche presenti nel Vecchio Continente che, è uno dei messaggi chiave, devono "unirsi" per il bene proprio e degli altri. Guardando all'esterno e forti di questa unione, le associazioni esortano al rispetto delle leggi e delle autorità.
D'altra parte, il messaggio è espresso con grande chiarezza, i musulmani credono nella "neutralità dello Stato". Con un corollario non da poco: "Ciò significa agire in modo imparziale con tutte le religioni e permettere loro di esprimere i loro valori e il loro credo: per questo i musulmani hanno il diritto di costruire moschee e istituti religiosi, di praticare all'interno delle attività di ogni giorno la loro religione, anche nell'alimentazione e nel vestire". Un principio inviolabile bilanciato dall'esortazione ad essere "cittadini attivi e produttivi" e ad "integrarsi positivamente". Il tutto, però, preservando "l'identità musulmana", in quanto qualsiasi forma di integrazione che nega questo postulato "non serve l'interesse dei musulmani e della società".
Per scrivere la carta, spiega Farid El Machaud, portavoce della Lega per i musulmani in Belgio, ci sono voluti otto anni, anche perché dopo l'11 settembre tutto è diventato più difficile; innanzitutto in quanto le associazioni hanno dovuto fare i conti con il terrorismo islamico di provenienza europea, un fenomeno fino ad allora sconosciuto. Ma proprio dopo gli attentati che hanno scosso il mondo il documento vuole essere "una risposta a chi dice che i musulmani non fanno sentire la loro voce: si tratta di un passaggio storico perché per la prima volta i musulmani in Europa danno un'interpretazione comune sull'Islam". Per capirsi tra loro e farsi capire da chi vive nella casa accanto. Un tentativo non da poco.
fonte: Repubblica.it
(10 gennaio 2008)