Come siamo arrivati a questo caos?


Roberto Savio


Un augurio cinese è “Possa tu vivere in tempi interessanti”. E’ il momento di impegnarsi tutti insieme per discutere di come affrontare il mondo che arriva.


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Come siamo arrivati a questo caos

Un augurio cinese è “Possa tu vivere in tempi interessanti”. Che significa che quando gli eventi sono troppi, l’elemento essenziale dell’armonia, su cui si basa il pantheon cinese.

Noi certamente viviamo in tempi molto interessanti, dove ogni giorno eventi drammatici si ammucchiano su di noi, dal terrorismo ai colpi di stato, dal disastro climatico al declino delle istituzioni ed alle turbolenze sociali. Sarebbe importante, anche se molto difficile, cercare in poche righe le ragioni del perché ci troviamo ora in questa “disarmonia”. Quindi, una spiegazione drammaticamente concisa.

Partiamo da un fatto poco noto.

Dopo la seconda guerra mondiale, ci fu un consenso generale sulla necessità di evitare la ripetizione dei suoi orrori. Le Nazioni Unite furono il luogo di incontro per tutti i paesi, e la guerra fredda creò come reazione, una associazione dei paesi di nuova indipendenza, i Paesi non Allineati, che fungeva da cuscinetto tra Est e Ovest. E fu questa divisione Nord-Sud che divenne l’elemento più importante delle relazioni internazionali. Tanto che nel 1973, l’Assemblea Generale adottò all’unanimità una risoluzione su un nuovo ordine economico internazionale (New International Economic Order – NIEO). Il mondo decise di stabilire un piano di azione per ridurre le disuguaglianze, promuovere la crescita globale, e fare della cooperazione e del diritto internazionale le basi per un mondo in armonia e in pace.

Dopo l’adozione del NIEO, la comunità internazionale cominciò a lavorare in quella direzione e, dopo una riunione preparatoria a Parigi nel 1979, un vertice dei più importanti capi di Stato fu convocato a Cancun, in Messico, nel 1981, per adottare un piano di azione globale. Tra i 22 capi di Stato, giunse Ronald Reagan, appena eletto qualche settimana prima, ed anche Margaret Thatcher che era stata eletta nel 1979. I due procedettero ad annullare la NIEO e l’idea della cooperazione internazionale.

I Paesi dovevano procedere in una politica di protezione dei loro interessi nazionali, senza piegarsi a qualsiasi principio astratto. L’ONU cominciò il suo declino di luogo di incontro per la governance. Il luogo per le decisioni divenne il G7, fino ad allora organo tecnico. Altre organizzazioni avrebbe difeso gli interessi nazionali dei paesi potenti.

Allo stesso tempo, altri tre eventi aiutarono Reagan e Thatcher a cambiare la direzione della storia.

Il primo fu la creazione del Consenso di Washington, elaborato nel 1989 dal Tesoro americano, dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, che imposero come politica che il mercato fosse l’unico vero motore della società. Gli Stati costituivano un ostacolo, e si sarebbero dovuti ridurre il più possibile (Regan pensò persino di abolire il Ministero della Pubblica Istruzione). L’impatto del Consenso di Washington sul Terzo Mondo fu molto doloroso. Adeguamenti strutturali tagliarono profondamente il fragile sistema pubblico.

Il secondo fu la caduta del muro di Berlino, anche nel 1989, che portò alla fine delle ideologie, e all’adozione obbligata della globalizzazione neoliberista, che si rivelò una ideologia ancora più severa. I punti principali della globalizzazione neoliberista comprendono:

– la regola del mercato (liberando “libere” imprese o imprese private da qualsiasi vincolo imposto dal governo);

– il taglio della spesa pubblica per i servizi sociali (con riduzione della rete di protezione sociale);

– la deregolamentazione (con la riduzione della regolamentazione da parte governativa di tutto ciò che avrebbe potuto diminuire i profitti);

– la privatizzazione (con la vendita a investitori privati di imprese di proprietà statale, e di beni e servizi;

– l’eliminazione del concetto di “bene pubblico” o di “comunità” sostituiti da quelli di “responsabilità individuale” (esercitando pressione sulle persone più povere di una collettività perché trovassero, tutto da sole, soluzioni alla mancanza di assistenza sanitaria, di istruzione e di sicurezza sociale – per poi incolpare di pigrizia, in caso di insuccesso).

Il terzo fu la progressiva eliminazione di regole del settore finanziario, iniziata da Reagan e conclusa da Clinton nel 1999. Banche di deposito furono abilitate ad utilizzare il denaro del depositante per speculazioni. La Finanza, che era considerata come il lubrificante dell’economia, continuò per la sua strada, imbarcandosi in operazioni molto rischiose, non più legata all’economia reale. Ora abbiamo per ogni dollaro di produzione per i beni e servizi, 40 dollari di transazioni finanziarie.

Nessuno difende oggi più il Consenso di Washington, e la globalizzazione neoliberista. E’ chiaro a tutti che, mentre a livello macro, la globalizzazione abbia accresciuto gli scambi commerciali, la finanza e la crescita globale, a livello microeconomico è risultata un disastro.

I sostenitori della globalizzazione neoliberale hanno affermato che la crescita avrebbe raggiunto tutti nel pianeta. Invece, la crescita si è concentrata sempre di più in sempre meno mani.

Nel 2010, 388 individui detenevano la stessa quantità di ricchezza di 3,6 miliardi di persone.

Nel 2014, il numero scende a 80 individui. Nel 2015, il numero di individui è sceso a 62.

Il FMI e la Banca Mondiale hanno chiesto di rafforzare lo Stato come regolatore indispensabile, invertendo la loro politica. Ma il genio è uscito dalla lampada. Dalla caduta del muro di Berlino, l’Europa ha perso 18 milioni di cittadini della classe media, e gli Stati Uniti 24 milioni di persone. D’altro lato, ora ci sono 1830 miliardari con un capitale netto di 6.400 miliardi di dollari.

Nel Regno Unito, il livello di disuguaglianza nel 2025 dovrebbe essere lo stesso di quello del tempo della regina Vittoria, nel 1850, alla nascita del capitalismo.

Il nuovo mondo creato da Reagan è basato sull’avidità. Alcuni storici sostengono che l’avidità e la paura sono i due motori principali della storia; e valori e priorità cambiano, in una società avida…

Ma veniamo ai giorni nostri. Abbiamo ancora un nuovo gruppo di tre cavalli dell’Apocalisse. I danni dei precedenti 20 anni (1981-2001), si devono aggiungere a quelli dei successivi venti anni (2001-2021)… e non sono ancora conclusi.

Il primo è che nel 2008 il sistema bancario degli Stati Uniti è andato in crisi per speculazioni assurde sui mutui. Quella crisi si trasferì in Europa nel 2009, causata dalla perdita di valore dei titoli di stato, come quelli greci.

Ricordiamo che per salvare il sistema bancario, i paesi hanno speso quasi 4000 miliardi di dollari. Una quantità enorme, se si considera che le banche hanno ancora titoli tossici per 800 miliardi di dollari. Nel frattempo, le banche hanno pagato 220 miliardi di dollari in multe per attività illegali. Nessun banchiere è stato incriminato. L’Europa non è ancora ritornata al suo livello di vita pre-crisi. Nel frattempo, molti posti di lavoro sono scomparsi a causa della delocalizzazione di attività produttive alla ricerca del posto di produzione più economico, ed i posti di lavoro con stipendi inferiori alla media sono aumentati, insieme a quelli precari. Secondo l’OCSE, oggi un lavoratore realizza in termini reali il 16% in meno rispetto a prima della crisi. Questo ha colpito soprattutto i giovani, con un media europea del 10,5% di disoccupazione giovanile.

Ancora, l’unico stimolo per la crescita è nel sistema bancario, in cui la Banca centrale europea sta iniettando 80 miliardi di dollari al mese. Questo avrebbe risolto facilmente la disoccupazione giovanile…

Gli economisti parlano ora di una “nuova economia”, in cui la disoccupazione è strutturale. Dal 1950 al 1973 la crescita mondiale è stata di più del 5% all’anno. Scese a circa il 3% nel 1973 e fino al 2007 (il blocco da parte dell’OPEP del prezzo della benzina nel 1973 ne segnò il passaggio). Dal 2007 non siamo in grado di raggiungere l’1%.

Dobbiamo aggiungere la crescente disoccupazione che lo sviluppo tecnologico sta causando. Le fabbriche hanno bisogno di una frazione dei lavoratori che avevano prima. La quarta rivoluzione industriale (robotizzazione), porterà la produzione di robot, ora al 12%, al 40 nel 2025. Alcuni tra gli economisti principali, come Larry Summers, (voce delle istituzione) dicono che siamo in un periodo di stagnazione che durerà per molti anni. La paura per il futuro è diventata una realtà, alimentata dal terrorismo e dalla disoccupazione, con molti che sognano che è possibile tornare ad uno ieri migliore.

Questo è ciò che i leader populisti da Trump a Le Pen, stanno cavalcando. Una conseguenza della crisi è che in diversi paesi europei sono emersi i partiti populisti, impegnati in un ritorno nazionalista, in sella alla xenofobia e al nazionalismo: sono 47 nell’ultimo conteggio. Alcuni di loro sono già in coalizioni di governo, o direttamente al governo, come in Ungheria, Polonia, Slovacchia: guardiamo alle prossime elezioni austriache.

Il secondo dei cavalli dell’apocalisse è quello dei risultati degli interventi effettuati in Iraq dagli Stati Uniti, e poi in Libia e in Siria dall’Europa (con un ruolo particolare di Sarkozy).

Risultato: nel 2012 l’Europa ha iniziato a ricevere un’immigrazione di massa, per la quale non vi era alcuna preparazione. Improvvisamente, la gente ha cominciato ad avere paura dell’arrivo della marea umana, e del suo impatto sui posti di lavoro, sulla cultura, la religione. E questo è divenuto, per paura, il fattore più importante.

E poi il terzo cavallo è stato la creazione dell’ISIS in Siria, nel 2013, uno dei regali dell’invasione in Iraq. Non dimentichiamo che la crisi globale è iniziata nel 2008, e già da allora il populismo e il nazionalismo erano in crescita. Ma lo spettacolare impatto mediatico dell’ISIS e la radicalizzazione di molti giovani europei arabo-discendenti, generalmente ai margini della società e della legge hanno accentuato la Paura costituendo un regalo per i populisti, ora in grado di utilizzare la xenofobia per mobilitare cittadini scontenti e insicuri. Il declino delle istituzioni europee ha portato diversi paesi (dopo la Brexit), a chiedere una profonda revisione del progetto europeo. In Ungheria sta per avere luogo un referendum il prossimo 2 Ottobre: Volete accettare una quota di immigrati imposta dalla UE, contro la volontà del parlamento ungherese? Lo stesso giorno ci sarà la ripetizione delle elezioni austriache, che l’ala di estrema destra ha perso per 36.000 voti. Poi Olanda, Francia e Germania seguiranno, con una crescita prevista dei partiti di estrema destra. Allo stesso tempo, Polonia e Slovacchia vogliono anche avere un referendum sull’UE. Potrebbe anche essere che alla fine del 2017, le istituzioni europee saranno profondamente ferite.

Il vero problema è che dal momento del fallito vertice di Cancun del 1981, i paesi hanno perso la capacità di pensare insieme.

India, Giappone, Cina, e molti altri stanno attraversando una marea di nazionalismo. A Cancun, tutti i partecipanti, da Mitterrand a Indira Ghandi, da Nyerere a Trudeau, condividevano un insieme di valori comuni: giustizia sociale, solidarietà, rispetto del diritto internazionale, e la convinzione che le società forti fossero la base per la democrazia ad eccezione naturalmente di Reagan e Thatcher (lei notoriamente aveva dichiarato: non vi è alcuna cosa come una società, ci sono solo individui). Avevano condiviso molti libri. Consideravano la pace e lo sviluppo come paradigma per la governance. Tutto questo è stato spazzato via. Politici, lasciati senza ideologie, subordinati alla finanza, si sono dedicati principalmente ad un dibattito amministrativo, su temi singoli, senza un quadro di riferimento, dove sinistra e destra sono diventate difficili da distinguere, e con la corruzione in aumento.

Siamo chiaramente in un periodo di avidità e paura…

Il tempo non aiuta. Nel 1900, l’Europa aveva il 24% della popolazione mondiale. Alla fine di questo secolo, sarà il 4%. La Nigeria sarà più popolosa degli Stati Uniti. L’Africa, oggi 1 miliardo, sarà di 2 miliardi entro il 2050, e 3 miliardi entro il 2100.

Sarebbe il momento di impegnarsi tutti insieme per discutere di come affrontare il mondo che arriva. Ci siamo presi 25 anni per raggiungere un accordo sul clima, e potrebbe essere troppo tardi…

Su migrazioni e occupazione, 25 anni sono un’eternità. Ma questo deve essere un accordo globale, non solo un riflesso meccanico della Merkel in totale solitudine, senza nemmeno consultare Hollande… Ma questo tipo di programma è politicamente inimmaginabile. Come discutere di questo con Le Pen, Trump, altri populisti emergenti, e la marea nazionalista che gira nel mondo?

(Ovviamente, questa lettura della storia deriva anche dalla partecipazione alla stessa ma se il lettore vuole aggiungere le sue personali priorità, è benvenuto.)

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