Clima: fatti e programmi concreti!
Agi
Il segretario generale dell’Onu chiama a New York ministri, premier e capi di Stato. Servono azioni urgenti per ridurre le emissioni di gas serra del 45% nel prossimo decennio, di bloccare ogni nuovo progetto di centrale di carbone dopo il 2020 e di porre fine ai finanziamenti alle energie fossili.
Si apre domani a New York il Climate Action Summit dell’Onu, il vertice mondiale convocato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, per parlare di strategie concrete contro il cambiamento climatico.
Parteciperanno capi di Stato e di governo – per l’Italia il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa (M5s) – imprenditori, Ong, amministratori locali e attivisti. Obiettivo dell’incontro è quello di fare il punto sugli sforzi di ciascun Stato nel combattere la crisi climatica.
La conferenza è stata preceduta dal vertice dei giovani sul clima, l’Un Youth Climate Summit, con Greta Thunberg in prima linea. Hanno preso parte all’iniziativa in tutto 500 giovani da tutto il mondo scelti dalle Nazioni Unite come leader nei loro Paesi della lotta alla crisi climatica. A rappresentare l’Italia Federica Gasbarro, studentessa di biologia 24 anni, attivista del movimento Fridays For Future.
“Ai leader è stato chiesto di venire a New York con piani concreti e realistici per accrescere i loro contributi nazionali entro il 2020, sulla scia degli impegni stabiliti nell’Accordo di Parigi del 2015″, recita un comunicato dell’Onu.”Per essere effettivi e credibili, questi piani non possono puntare solo alla mitigazione. Essi devono mostrare la strada verso una completa trasformazione delle economie, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile”, precisa la stessa fonte.
In reazione ad ogni calamità naturale in più parti del mondo, come l’uragano Dorian alla Bahamas, in ogni luogo colpito dagli effetti del riscaldamento globale, tra cui le piccole isole del Pacifico, ma anche al G20 e al G7, Guterres non si è mai stancato di ripetere che “la deregolamentazione climatica è più veloce di noi”, assicurando, però, che “questa battaglia per le nostre vite, possiamo vincerla”.
Azioni concrete e urgenti
Ecco perché ha invitato i leader mondiali a presentare piani concreti, e non più discorsi, per accelerare la decarbonizzazione dell’economia. A New York l’Onu non sarà la sede di nuovi negoziati climatici ma di proposte e impegni fattivi per piani nazionali più ambiziosi già dal 2020. Guterres ha già ribadito ai governi l’urgenza di ridurre le emissioni di gas serra del 45% nel prossimo decennio, di bloccare ogni nuovo progetto di centrale di carbone dopo il 2020 e di porre fine ai finanziamenti alle energie fossili.
In base alle intenzioni a lungo termine, 4 anni fa a Parigi i Paesi aderenti hanno stabilito di arrivare a zero emissioni nette al 2050. “E’ sempre piu’ chiaro che delle soluzioni abbordabili ed evolutive sono disponibili. E permetterebbero una transizione verso sistemi piu’ puliti e resilienti”, sottolineano i vertici Onu. “A New York faremo incontrare gli attori della politica e dell’economia. In particolare i gestori di asset che pesano per migliaia di miliardi di dollari. Soltanto con ambizioni estremamente elevate potremo ottenere risultati”, ha precisato Guterres.
Per questo il summit si concentrerà su “settori che generano la maggior parte delle emissioni climalteranti e su quelli nei quali lo sviluppo della resilienza avrà gli impatti maggiori. Daremo ai dirigenti e ai loro partner l’opportunità di fare la loro parte con azioni concrete a favore del clima”, ha sottolineato il segretario generale dell’Onu.
“È un momento di verità per l’accordo di Parigi, a un anno da una scadenza cruciale. Guterres ha posto l’asticella in alto, laddove deve essere”, secondo la giudice Laurence Tubiana, direttrice della Fondazione europea per il clima. L’accordo firmato nella capitale francese prevede che ogni 5 anni i 196 Paesi aderenti presentino nuovi piani di riduzione delle emissioni, più ambiziosi: dovrebbe succedere nel 2020 e il vertice Onu di domani vuole essere un richiamo agli impegni presi 4 anni fa.
Attesa per i piani di Pechino
A New York una sessantina di Paesi dovrebbero annunciare dei piani rafforzati, ma da alcuni anticipazioni non si tratta delle nazioni maggiormente inquinanti, quali gli Usa di Donald Trump, il Brasile di Jair Bolsonaro ma nemmeno Giappone, Arabia Saudita, Australia e Corea del Sud. Particolarmente attesi i segnali che lancerà la Cina in vista della scadenza del 2020. Ad oggi, secondo Climate Action Tracker, solo Marocco e Gambia hanno impegni compatibili con gli obiettivi dell’accordo di Parigi.
Invece il Climate Action Summit sarà a tutti gli effetti una prova generale della Conferenza dell’Onu Cop 25, che si svolgerà a Santiago del Cile dal 2 al 13 dicembre. Qualunque direzione prenda l’appuntamento di New York, il vertice non si concluderà con un documento vincolante, ma con una dichiarazione già firmata da 30 capi di stato, tra cui Sergio Mattarella. L’indomani si aprirà la 74esima Assemblea generale delle Nazioni Unite e nella settimana di lavori il clima sarà sicuramente uno dei temi principali, con la speranza che in quella sede possano essere integrati i risultati del Climate Action Summit.
Record negativo di emissioni
In più sedi gli scienziati hanno già chiesto di ridurre immediatamente i gas ad effetto serra in quanto le misure attuate finora non bastano: non solo le emissioni inquinanti continuano ad aumentare e di questo passo il riscaldamento della pianeta raggiungerà i 3,2 gradi entro la fine del secolo. Il trattato di Parigi stabiliva di contenere l’aumento delle temperature al di sotto di 2 gradi, possibilmente 1,5, imponendo ai firmatari di triplicare o quintuplicare gli sforzi messi in campo: per rientrarci il mondo dovrà arrivare alla neutralità carbone nel 2050.
Nel 2018 l’umanità ha realizzato un record negativo di emissioni di CO2 e l’ondata di caldo dell’estate 2019 è stata quella più forte mai registrata sulla Terra dal 1880, sulla scia dei 4 ultimi anni più caldi, accelerando lo scioglimento dei ghiacciai. E dal mese scorso stanno bruciando le foreste vergini dell’Indonesia, quelle tropicali dell’Amazzonia e del bacino del Congo.
23 settembre 2019
AGI