Cisgiordania: 544 nuove case coloniche in terra palestinese


Michela Perathoner


Il ritmo di costruzione successivo alla ripresa sarebbe, sempre secondo quanto dichiarato dall’agenzia stampa, quattro volte superiore a quello degli ultimi due anni.


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Cisgiordania: 544 nuove case coloniche in terra palestinese

È passato un mese dalla fine del settlement freeze, il congelamento di nuove costruzioni in Cisgiordania durato dieci mesi e terminato- tra dibattiti e polemiche- a fine settembre scorso. Una trentina di giorni, appena. Ma sono bastati, come denunciato dall’Associated Press e riportato sul quotidiano Haaretz, per preparare le fondamenta per 544 nuove case all’interno di varie colonie in Cisgiordania.

Il ritmo di costruzione successivo alla ripresa sarebbe, sempre secondo quanto dichiarato dall’agenzia stampa, quattro volte superiore a quello degli ultimi due anni e molte costruzioni verrebbero realizzate in aree che secondo qualsiasi scenario di pace dovrebbero diventare parte del futuro Stato palestinese.

Sono 1900, infatti, le costruzioni iniziate nel 2009, e circa 2100 quelle iniziate nel 2008, una media di 115 ogni tre settimane. Niente a che vedere con le cifre dell’ultimo mese, appunto, che sembrerebbero delineare una vera e propria accelerazione in vista, forse, di un temuto seppur poco probabile rinnovo del congelamento da parte del Governo israeliano.

Si costruisce un po’ ovunque, insomma, e a ritmi alquanto sorprendenti: 200 le nuove case nella regione di Binyamin, 45 quelle ad Ariel, 25 gli appartamenti di Beit Arieh, 62 quelli di Barkan, 46 quelli di Emanuel e così via. I numeri sarebbero stati forniti, secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano, dai coloni stessi e confermati dai portavoce delle colonie.

Cifre elevate che non dovrebbero però sorprendere. L’associazione Peace Now aveva denunciato la ripresa delle costruzioni diverse settimane fa preannunciando che 2066 unità abitative avrebbero potuto essere costruite dopo il 26 settembre, immediatamente al termine del periodo di congelamento: i permessi, infatti, erano già stati rilasciati e i lavori per le fondamenta in molti casi già iniziati.

Sempre secondo la ong Peace Now, che da anni si occupa di monitorare lo sviluppo delle colonie e la costruzione di nuovi edifici e a breve rilascerà un report dettagliato sugli sviluppi dell’ultimo mese, le costruzioni iniziate nelle ultime settimane sarebbero addirittura oltre 600. “L’associazione si occupa dal 1990 di raccogliere e fornire informazioni accurate sull’espansione delle attività delle colonie israeliane in Cisgiordania e a Gaza tramite un progetto denominato Settlement Watch”, dichiarano i portavoce, “il cui principale obiettivo è la sensibilizzazione su ciò che accade aldilà della Green Line e sulle risorse investite a tale proposito”. Una sensibilizzazione mirata che vuole coinvolgere i cittadini israeliani, ma non solo.

Nel mese di settembre, infatti, è stata lanciata dalla stessa organizzazione un’applicazione per Iphone che permette di seguire attività e sviluppi dei coloni all’interno dei Territori occupati. “La prima colonia israeliana, Kfar Etzion, è stata fondata in Cisgiordania sette mesi dopo la guerra dei sei giorni, mentre solo un anno dopo, nel 1968, diverse famiglie si sono insediate a Hebron”, spiegano i responsabili di Peace Now descrivendo la storia dei primi insediamenti verso la fine degli anni 60. Nei decenni successivi, poi, il numero è costantemente aumentato. “Oggi oltre 280.000 persone vivono in 121 colonie all’interno della Cisgiordania, senza includere Gerusalemme Est”, denuncia Peace Now, “colonie che ci costano 556 milioni di dollari l’anno”.

Secondo gli attivisti questo genere di misure hanno rappresentato e continuano ad essere un chiaro tentativo di prevenire la divisione del territorio in due Stati separati, come invece auspicato in un’ottica di compromesso tra palestinesi e israeliani.

Fonte: www.unimondo.org
30 Ottobre 2010

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