Cipriani: “Nuova legge e 50 milioni per far ripartire il servizio civile”
Redattore Sociale
Diego Cipriani, direttore dell’Unsc dal 2006 al 2008, fa il punto sulla situazione attuale delll’istituto indicando la strada da seguire in futuro: “Sogno il giorno in cui il nostro ministero della Difesa comprenderà anche quella nonviolenta”.
Una nuova legge e 50 milioni per far ripartire il servizio civile da altre basi. Sono le indicazioni che arrivano da Diego Cipriani, direttore dell’Unsc dal 2006 al 2008, in attesa della tavola rotonda con il ministro Riccardi.
Questo pomeriggio il ministro Riccardi ha convocato una tavola rotonda per fare il punto sulla riforma del servizio civile nazionale. Sarà la volta buona?
L’iniziativa del ministro è di estrema importanza, perché denota la volontà del governo di rispondere ad un’esigenza che da anni si è manifestata, quella cioè di riformare la legge del 2001 alla luce di questi anni di esperienza. Fino a qualche anno fa si diceva che bisognava “fare il tagliando” alla legge 64; forse oggi si dovrebbe addirittura cambiare macchina…
Quali sono le proposte in campo?
Una quarantina di deputati leghisti, capeggiati dall’on. Erica Rivolta, avevano presentato sin dal maggio 2009 un disegno di legge che attribuisce alle regioni molti dei poteri che oggi sono in capo allo Stato centrale, qualificando di fatto il servizio civile non più come forma di difesa della patria, ma derivandolo dai princìpi di solidarietà e sussidiarietà. L’on. Bressa, con altri 50 deputati del Pd (molti dei quali avevano firmato un altro progetto sostanzialmente diverso presentato un anno prima dall’on. Farinone), e la sen. Incostante, con altri 27 senatori del Pd, hanno poi presentato nel dicembre 2010 un identico progetto di legge in ciascuna delle due Camere col quale si ribadisce l’attuale impostazione di un servizio civile quale forma alternativa di difesa. Ci sono poi alcune proposte di legge su aspetti molto particolari: dal servizio civile nel settore agricolo a quello svolto all’estero, da quello a favore dei disabili gravi a quello aperto ai giovani immigrati, dal servizio per i ciechi e gli invalidi a quello per gli over-65 anni. Infine, c’è il disegno di legge presentato al Senato dal governo Berlusconi nel febbraio 2010.
Le proposte, dunque, non mancano. E allora perché non vanno avanti?
Credo per una oggettiva diversità di vedute, su questo istituto, esistenti all’interno della maggioranza che sosteneva il governo precedente. Per questo è importante l’iniziativa dell’attuale ministro perché fa ripartire (o, meglio, partire) un confronto tra le forze politiche le quali, tutte, sono convinte della necessità di riformare l’attuale legge. In tal senso, se fosse necessario si potrebbe semplicemente accantonare il disegno di legge governativo, anche perché è l’unico che prevede una “delega al governo” e visti i precedenti della legge 64/2001 e del decreto legislativo 77/2002 non credo che convenga perseguire su questa strada.
Tra le proposte giacenti in parlamento, lei quale approverebbe?
Personalmente non mi convincono le proposte che vorrebbero scindere ogni legame tra il servizio civile e la difesa della patria con mezzi civili e nonviolenti. Non si tratta di nostalgia: resto un obiettore di coscienza alla guerra e sogno il giorno in cui il nostro ministero della Difesa non sarà solo della difesa armata, ma anche di quella civile e nonviolenta. Altrimenti, che ne faremmo del milione di giovani che hanno scelto, in quarant’anni, questa forma di difesa? Li iscriveremmo tutti al partito dei romantici? La deriva di una simile impostazione conduce ad un servizio civile come stampella del welfare o come ammortizzatore sociale. Se questa deriva è già in corso, una nuova legge non può non fermarla.
C’è chi sostiene che non ci sono i tempi tecnici per approvare una riforma.
Nel 2001, la legge 64 fu approvata “in corner”, alla fine della 13ma legislatura e ci vollero circa 10 mesi per completare l’iter tra le due Camere. Esattamente quanti ce ne sarebbero oggi. La storia parlamentare ci dice che ce la si può fare.
In attesa della riforma, che cosa si deve fare per non far morire il servizio civile?
Trovare almeno 50 milioni di euro (50 ripeto, non 500!) per riportare in equilibrio le casse e garantire la partenza regolare dei volontari quest’anno. Ma non è solo una questione di soldi. Occorre che gli attori di tutto il sistema servizio civile riprendino a “pensare in grande”, a diffondere una cultura del servizio civile che mi pare stia scemando in questi ultimi tempi. Penso, ad esempio, ad una grande consultazione “popolare” (come già si fa in molti settori in Italia e all’estero) anche sui contenuti stessi della riforma e che si concluda magari con la convocazione degli “Stati generali” del servizio civile.
Fonte: www.redattoresociale.it
20 Marzo 2012