Cibo per la mente
Paola Caridi - invisiblearabs.com
Aspetto i risultati ufficiali in Egitto, previsti per questa sera, per scrivere quello che penso: niente di eclatante, solo qualche puntualizzazione sull’islamismo e sul buon successo (non del tutto sorprendente…) dei partiti salafiti.
A domattina, dunque, per qualcosa di più ragionato. Intanto, nel frattempo, se non avete niente di meglio da fare, vi do qualche consiglio di lettura. Anzitutto, la pagina di jadaliyya sull’Egitto, molto curata ed esaustiva, per chi ha bisogno di sapere come funziona il sistema elettorale, quali le forze in campo, chi i protagonisti. I risultati di questa sera, ricordiamolo, si riferiscono solo al primo dei tre turni per l’elezione dei deputati all’assemblea del popolo, la camera bassa. E non comprendono la consultazione della Shura, prevista nei primi mesi del prossimo anno. Non solo: i risultati di questa sera indicheranno anche i seggi che andranno, lunedì, al ballottagio. Un esito, dunque, da prendere con le dovute pinze, anche se riguarda Cairo e Alessandria, ed è in sostanza già una indicazione di quello che sarà il colore dominante in parlamento.
E allora, su elezioni, islamismo, e Tahrir, ecco i consigli di lettura. Mona Anis, su Al Ahram, perché in Egitto ci sono delle ottime analiste politiche, e Mona Anis fa parte della intellighentsjia dell’opposizione al regime. E poi un giovane, sempre su Al Ahram, Ibrahim al Houdaiby, ex membro della gioventù dei Fratelli Musulmani, consulente, politologo: spiega, secondo me molto bene, perché voto e protesta possono (debbono?) andare di pari passo [nella foto, Mina Daniel in effigie: è il ragazzo ucciso negli scontri di Maspero, il 9 ottobre scorso). E perché la Turchia non può essere un modello per il rapporto tra forze armate e potere civile: in Turchia o vince l’uno o vince l’altro, come dimostra quello che Erdogan ha fatto all’esercito per evitare di esserne ostaggio. Su Al Jazeera, un ottimo articolo di Mark LeVine, che è uno studioso che si occupa di pop culture araba (un suo libro è stato tradotto in italiano, pubblicato pochi anni fa): intervista i ragazzi di Tahrir e parla di quel vulnus di cui nessuno vuole parlare, e cioè i 12mila detenuti civili condannati o in attesa di processo presso i tribunali militari. Compreso Alaa Abdel Fattah, la cui posizione negli ultimissimi giorni è peggiorata, a testimoniare quanto la sua figura fosse e sia importante per Tahrir, per la rivoluzione, e per il confronto con la giunta militare.
Per ora basta. A domani.
Fonte: http://invisiblearabs.com/
3 Dicembre 2011