Ciò che è in gioco a Torino
Gabriele Polo
La fiera del libro che inizia oggi a Torino ha assunto una natura completamente diversa da quella delle precedenti edizioni . Rimane una Fiera, un misto di cultura e commercio, ma ciò che “promuove” quest’anno è l’anniversario della nascita di Israele. ..
La fiera del libro che inizia oggi a Torino ha assunto una natura completamente diversa da quella delle precedenti edizioni . Rimane una Fiera, un misto di cultura e commercio, ma ciò che “promuove” quest’anno è l’anniversario della nascita di Israele. Che non è uno Stato qualsiasi: perché è nato dalla Shoa – la più grande tragedia del ‘900 -, perché diede inizio alla diaspora di un altro popolo – i palestinesi, perché i governi di Tel Aviv in tutti questi anni hanno negato il diritto dei palestinesi ad avere una loro terra e un loro stato.
Inevitabilmente, per quanto si tratti di libri e scrittori, l’appuntamento di Torino ha assunto un carattere tutto politicoo, si è aperto un confronto molto aspro sulla partecipazione alla fiera, ne è stato proposto il boicottaggio. Proposta su cui si sono divisi gli intellettuali israeliani e palestinesi.
Questo giornale, pur con opinioni diverse al suo interno, si è pronunciato contro il boicottaggio. E ribadisce oggi questo giudizio, perché ha ancora la presunzione di ritenere che la cultura possa essere un luogo di incontro e confronto anche con chi lo nega. Perché non prevalgano le “pratiche di guerra”. Ma oggi, con la stessa forza con cui difendiamo la legittimità all’esistenza dello stato d’Israele difendiamo il diritto alla critica delle pratiche oppressive dei suoi governi, cosa che- del resto – facciamo ogni giorno su questo giornale. Da oggi a sabato, a Torino, non è in gioco il diritto di vivere dello stato israeliano, ma la libertà di denunciare e contestare le condizioni di non-vita cui sono ridotti i palestinesi, la possibilità di tenere aperta una prospettiva di pace e un movimento coerente con essa. Che non sarà dato da chi considera un omicidio meno grave di una bandiera bruciata, ne aiutato da chi quella bandiera la brucia.
Sappiamo che ci sarà una frattura tra ciò che accade dentro e fuori la Fiera del libro, ma ci battremo – dentro e fuori – perché ci sia un pacifico confront, non uno scontro che motteggi un potere prepotente o una guerra disperata. Sappiamo che è difficile, ma sinceramnete non vediamo un’altra strada possibile.
Fonte: il Manifesto
08 maggio 2008