Cent’anni fa (e don Abbondio)


Piero Piraccini


Pietro Ingrao e Renato Serra hanno una data in comune: giusto 100 anni fa, di questi giorni, l’uno è nato, l’altro è morto.


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giovanimarica

Pietro Ingrao e Renato Serra hanno una data in comune: giusto 100 anni fa, di questi giorni, l’uno è nato, l’altro è morto. L’uno ha trascorso un secolo di vita con un’inesauribile (e non ancora esaurita) curiosità per quanto il mondo ha offerto e offre. Un secolo che ha visto il dipanarsi di tragedie immani su tutti i teatri del mondo, che ha visto la parte peggiore degli uomini svelarsi in baratri senza fine dove quasi nessuno era più in grado di riconoscere l’altro uguale a sé, dove i vincitori, buoni per definizione, si sono confusi coi cattivi sconfitti. (L’annientamento di corpi nelle camere a gas e nei forni crematori di Auschwitz non è dissimile dal dissolvimento di altri corpi nel fungo atomico di Hiroshima). Lo stesso secolo che ha visto la fine dei colonialismi in gran parte del mondo, una conquistata dignità da parte dei lavoratori, la nascita di due costituzioni: quella del mondo – le Nazioni Unite – e quella dell’Italia. Costituzioni che sottraggono (vorrebbero sottrarre) la guerra alla disponibilità degli Stati, e comunque la ripudiano. Questo era il sogno, la nuova alba, disceso dagli incubi di decenni di stragi. Ingrao, quei tempi li ha vissuti e a quel ripudio è sempre stato coerente sapendo offrire, soprattutto ai più giovani (si ricordino le sue partecipazioni ai social forum), chiavi di lettura originali e affascinanti. “E’ vivo o è morto quell’articolo 11 della Costituzione che sancisce il ripudio della guerra? E’ solo una frase distratta per le anime belle o è un impegno cruciale? A secondo di come si risponde a questa domanda la Costituzione si presenta come un vincolo reale o invece come un mero gioco di frasi per ingannare gli sciocchi. Ormai si è liquefatto l’orrore che scosse la mia generazione che in quel maggio del ’45 ci fece giurare che mai più sarebbe tornato il massacro”.  E’ una domanda angosciata da porsi a questo governo che respinge un emendamento alla proposta di riforma della Costituzione volto a impedire che una minoranza d’italiani (il 25%) possa decidere l’entrata (tragica) dell’Italia in guerra.

L’altro, Renato Serra, prima di morire sulle trincee del Podgora, si era rivolto a “noi, quelli della mia generazione – gente sciupata e superba” nel suo libro “Esame di coscienza di un letterato”, confutando l’idea che la guerra muti in meglio qualche realtà. Non aveva forse scritto il letterato Giovanni Papini: “La guerra è spaventosa – e appunto perché è spaventosa e tremenda e terribile e distruttrice – dobbiamo amarla con tutto il nostro cuore di maschi”?  Scrive, invece senza alcuna retorica, Serra: “ La guerra potrà avere qualche interruzione nell’ordine temporale: ma come conquista spirituale, come esigenza e coscienza intima, essa resta al punto a cui l’aveva condotta il lavoro delle ultime generazioni. E’ inutile aspettare delle trasformazioni o dei rinnovamenti com’è inutile sperare che i letterati ritornino cambiati, migliorati, ispirati dalla guerra. Ognuno ritorna – di quelli che ritornano – al lavoro che aveva lasciato; stanco forse, commosso, come emergendo da una fiumana, coi modi e le facoltà e le qualità che aveva prima. Forse il beneficio della guerra, come di tutte le cose, è in se stessa: un sacrificio che si fa, un dovere cui si adempie. Ma del resto è una perdita cieca, un dolore, uno sperpero, una distruzione enorme e inutile”.

Di questi giorni, in quelle trincee del Friuli dove è stato ucciso Renato Serra, 3000 ragazzi coi loro insegnanti, rivivranno quei luoghi di tragedie come un grande laboratorio di Pace. Per alcuni sarà l’occasione per condividere i lavori realizzati nelle scuole durante l’anno, per altri una lezione di storia e di cittadinanza europea, per tutti un modo per vivere da protagonisti il nostro tempo.

Nell’attesa che il comune di Cesena, aggiungendosi alle centinaia di comuni e di regioni, decida di approvare l’ordine del giorno che dichiara la pace come un diritto umano fondamentale, perché – come dice il Papa – “il diritto internazionale alla pace è precondizione necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti”. Orsù, un po’ più di coraggio. Scimmiottare don Abbondio non è bello né I Promessi Sposi sono ancora scomparsi dalle scuole.

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