Cagliari: è cambiato il vento e quando soffia, soffia forte


Massimo Zedda


Perché abbiamo vinto: scrive il primo sindaco di centrosinistra. “Il nostro non è un programma per giovani né giovanilistico, ma per tutti”.


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Cagliari: è cambiato il vento e quando soffia, soffia forte

Qualcuno ha parlato di “golpe dei ragazzini”, qualcun altro di “straccioni di Valmy”. Battute e similitudini per raccontare quello che è successo a Cagliari in questi mesi e che si è concretizzato lunedì pomeriggio alla chiusura dei seggi. Cioè che la città ha per la prima volta un sindaco di centrosinistra: quel sindaco, Massimo Zedda, 35 anni, sono io. Quelle due definizioni – belle ed efficaci per i giornali – non bastano però per spiegare cosa sia cambiato a Cagliari in questo periodo. Non bastano per il semplice fatto che non sono esaustive. Quei “ragazzini” sono in realtà giovani donne e giovani uomini che hanno deciso di impegnarsi, ogni giorno, volontariamente, per spiegare alla città che un'altra Cagliari è possibile. Prima qualche decina, poi centinaia. Hanno coinvolto, alla fine, decine di migliaia di cittadini. Molti padri e molti nonni che hanno scelto di puntare sul futuro dei propri figli e nipoti, che per la prima volta hanno una aspettative sulla propria vita e sul proprio futuro peggiore della loro. Molti padri sono tornati a fare politica attiva, dai volantinaggi all'organizzazione delle iniziative. Molti di loro, per la prima volta, hanno chiesto ai figli chi votare. Molti hanno pianto, lunedì sera in piazza: insieme ai figli e ai vecchi amici, quelli con cui facevano politica negli anni 70.
Abbiamo vinto perché il nostro non è un programma per giovani né giovanilistico, ma per tutti. Abbiamo vinto perché non abbiamo fatto promesse mirabolanti, perché i cagliaritani – anche quelli dei quartieri più popolari – sono stanchi di parole a vuoto. Abbiamo vinto, a Cagliari, perché abbiamo riconosciuto i problemi della città: avendoli studiati per anni dai banchi dell'opposizione, avendoli vissuti da semplici cittadini. Abbiamo vinto perché il nostro programma è semplice e attuabile: avremmo potuto, a esempio, promettere come primo punto il lavoro per tutti e invece abbiamo deciso di parlare di una pubblica amministrazione trasparente, efficiente e capace di dare risposte in tempi brevi ai cittadini e alle imprese.
Abbiamo detto, cioè, che il Comune non è un ufficio di collocamento ma che la pubblica amministrazione deve creare tutte le condizioni per cui possano nascere in città nuove opportunità di lavoro. Abbiamo sottolineato che la tutela dell'ambiente non è in contraddizione con la crescita economica della città, ma anzi che l'ambiente e il paesaggio devono essere uno dei motori di sviluppo per Cagliari. E lo stesso vale per la cultura, lo spettacolo, l'Università, la ricerca, il commercio e l'artigianato. Vale per le politiche sociali e per l'innovazione tecnologica.
Hanno provato a disegnarci come nemici dell'edilizia, e invece abbiamo proposto alle imprese che operano nel settore un grande patto per la città. Una riqualificazione urbana – a iniziare dal recupero e riuso degli edifici pubblici e privati in stato di degrado per trovare case per giovani e giovani coppie a prezzi agevolati senza consumare nuovo territorio – per arrivare alla messa in sicurezza di strade e marciapiedi con l'eliminazione delle barriere architettoniche: perché sappiamo che una città accogliente per i suoi abitanti lo sarà indubbiamente anche per i turisti. Abbiamo parlato della “città bambina” ma anche della città inclusiva per gli anziani. Abbiamo parlato alle famiglie raccontando la nostra idea per il trasporto pubblico integrato e per le politiche sociali.
Lo abbiamo fatto nelle strade, nelle piazze, nei bar e nei mercati. Quello che i cagliaritani mi hanno chiesto, in questi mesi, è di non sparire una volta eletto. La stessa richiesta arriva da tutti i settori della Cagliari organizzata: in questi anni non c'è stato dialogo con il Comune, nessuna condivisione dei progetti per la città, nessun coinvolgimento. Il governo di pochi per pochi. E' la tendenza che voglio invertire. L'ho spiegato nello slogan della mia campagna elettorale. “Ora tocca a noi”, durante le primarie, che poi è diventato “Ora tocca a tutte le Cagliari che ci sono”. Mi hanno detto non suoni perfettamente, però è chiaro. I cagliaritani l'hanno capito, hanno scelto me e il mio programma.
Non chiuderemo le porte del Comune. E non ci chiuderemo, come città, neppure rispetto al resto della Sardegna: anzi, dalla crescita di Cagliari dipende quella dell'area vasta e di tutta l'Isola. Cambierà anche questo: che Cagliari sarà protagonista, non potrebbe essere altrimenti, ma non primadonna. E' cambiato il vento, in Sardegna, e ha iniziato a tirare: e quando soffia, soffia forte.

Fonte: http://www.ebdomadario.com

giugno 2011

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