Bologna, una Scuola di pace per educare alla nonviolenza
Michela Trigari
La presidente della Provincia di Bologna Beatrice Draghetti fa il punto della situazione sulle politiche di non violenza portate avanti dall’amministrazione per il 2007-2009, tracciando le linee di sviluppo per i prossimi anni.
Ancora sconcertata per l’assassinio di Benazir Bhutto, la leader dell’opposizione pakistana, e preoccupata per le conseguenze che l’attentato terroristico potrà avere su un futuro di pace e democrazia “in quella martoriata parte del mondo”, la presidente della Provincia di Bologna Beatrice Draghetti fa il punto della situazione sulle politiche di pace portate avanti dall’amministrazione provinciale per il 2007-2009, tracciando le linee di sviluppo per la seconda metà del mandato.
Quali sono le finalità dell’ente locale su temi come questi?
“Obiettivo principale della Provincia è quello di valorizzare le risorse di rete tra tutti i soggetti che, a diverso titolo, sono coinvolti nella costruzione di percorsi di pace, dalle associazioni alle ong fino agli enti locali: il risultato più evidente di questo modus operandi è il lavoro svolto dal Tavolo provinciale per la pace, un luogo di incontro, confronto ed elaborazione di idee che vede riuniti molti Comuni del bolognese, organizzazioni grandi o piccole, l’Università, diverse scuole del territorio e la Scuola di pace di Monte Sole, impegnandosi al contempo sia nei progetti di cooperazione internazionale sia a diffondere sensibilità e attenzione sul ruolo fondamentale che ogni cittadino può svolgere per diminuire lo squilibrio esistente tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo”.
Un ruolo di coordinamento, dunque?
“Si può dire di sì. La Provincia si Bologna ha creato e sta creando solide relazioni con la Regione Emilia-Romagna, con i Comuni dell’hinterland e con l’intero sistema degli enti locali, soprattutto attraverso la fattiva partecipazione al Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace. Vorrei però sottolineare un concetto: non esiste solo la pace lontana, quella da realizzare nelle zone di guerra, esiste anche una pace vicina, da mettere in pratica tutti i giorni nella vita quotidiana di ciascuno”.
Non violenza e dei diritti umani: che strumenti per contribuirvi?
“L’Ufficio pace e relazioni internazionali, innanzitutto, e poi la diffusione di una cultura di pace nei giovani, ma non solo, attraverso l’educazione alla giustizia, il coinvolgimento delle scuole e la promozione di stili di vita sani, di comportamenti responsabili e di uno sviluppo sostenibile. Inoltre ci battiamo per un’informazione obiettiva, libera e indipendente anche dalle zone di conflitto (quest’anno abbiamo organizzato il corso di formazione ‘Giornalisti fra pace e guerra’, in collaborazione con la Scuola superiore di giornalismo ‘Ilaria Alpi’ e l’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna). Gemellaggi, fondi europei, cooperazione decentrata e progetti di solidarietà nei Balcani, in Medioriente (a partire da Israele e Palestina), nell’Africa subsahariana e in tutte le zone oggetto di calamità sono poi un altro strumento per contribuire al diffondersi della non violenza. Infine, la Provincia di Bologna è stata, nel 2002, tra i soci fondatori della Scuola di pace di Monte Sole e oggi è tra i suoi più convinti sostenitori”.