Blitz e agguati segreti. La vera guerra a Kabul
Francesco Grignetti
Le medaglie al valore svelano un conflitto duro e atti di eroismo. Sì, è stata una guerra segreta. La scopriamo solo perché questi soldati hanno meritato tante medaglie. E i documenti sono finiti necessariamente sulla Gazzetta Ufficiale.
Quando fu annunciato un parziale ritiro dall’Afghanistan alla fine del 2011, qualcuno si era illuso che un eccezionale sforzo militare, il cosiddetto «surge», avrebbe cambiato la situazione sul campo. Il ritiro è ora rinviato al 2014. Eppure l’offensiva c’è stata. È stata poderosa. Lo racconta il segreto bollettino di guerra del ministero della Difesa. E sono tanti i feriti di cui non s’è mai saputo nulla in Italia.
Il 23 luglio 2009, a Parmakan, tra le montagne settentrionali dell’Afghanistan, si registra un’imboscata a un convoglio italiano della Folgore. Il caporalmaggiore Stefano La Mattina, è il mitragliere di bordo. Il suo compito è pericolosissimo, in quanto deve stare con il busto fuori dal blindato, e viene gravemente ferito a un braccio, ma non molla. «A rischio della propria vita, sotto intenso fuoco, utilizzando il braccio ancora abile, proseguiva il tiro riuscendo a respingere l’attacco». Ha meritato la medaglia d’oro. Un mese prima, nell’area di Bala Murghab i paracadutisti devono conquistare un’altura. Si combatte per 48 ore di fila. Il tenente Lorenzo Ballin con la sua compagnia conquista l’area. «Nelle ventiquattr’ore successive, a seguito di ulteriori attacchi, il suo posto di osservazione veniva colpito e severamente danneggiato. Benché gravemente ferito, proseguiva nell’azione di contrasto, continuando a impartire disposizioni». Medaglia d’argento.
Sì, è stata una guerra segreta. La scopriamo solo perché questi soldati hanno meritato tante medaglie. E i documenti sono finiti necessariamente sulla Gazzetta Ufficiale. Così va anche all’avamposto di Bala Baluk. Durante uno scontro durissimo che dura cinque ore, il capitano Gianluca Simonelli accorre a soccorso di un gruppo di commilitoni. «Benché ferito, in condizioni di estrema difficoltà ed esponendo la propria vita a manifesto rischio, continuava in prima persona a impartire le disposizioni che consentivano d’infliggere gravi perdite all’avversario». Medaglia d’argento.
Preziosi si rivelano gli elicotteristi. A bordo dei «Mangusta», che sono terribili cannoniere volanti, vengono chiamati a soccorso delle forze di terra. Il colonnello Marco Centritto merita una medaglia d’oro a Bala Murghab. «Alla guida dell’aeromobile, benché colpito dal fuoco avversario, con manifesto rischio della propria vita completava le missioni». E’ il suo continuo supporto di fuoco che permette ai paracadutisti di uscire vivi da quattro giorni ininterrotti di guerriglia, tra il 10 e il 14 giugno 2009. Medaglia d’argento anche al tenente colonnello Andrea Ascani che accorre a salvare un posto di polizia. Questo il freddo resoconto dello Stato maggiore: «Manovrava a bassa quota per identificare con certezza la minaccia, evitando di coinvolgere nell’azione truppe amiche e civili presenti nell’area. A rischio della propria vita, benché fatto segno a fuoco e con il proprio elicottero colpito, proseguiva nell’azione riuscendo a neutralizzare gli elementi ostili». Una medaglia anche al maggiore elicotterista Stefano Salvadori che anch’esso «con sprezzo del pericolo manovrava a bassa quota per identificare la minaccia. Benché l’aeromobile fosse stato colpito, proseguiva con efficacia l’azione». Accade a Tshin e Afghani il 28 agosto 2009. E’ una guerra moderna, ma antichissima, quella che si combatte in Afghanistan. Gli italiani arrivano con gli elicotteri, ma poi devono battersi tra le pietre. Il colonnello Marco Tuzzolino, comandante del 183˚ reggimento paracadutisti, ha avuto la medaglia d’argento per la riconquista di un posto di frontiera a Morichak. «Conduceva personalmente un elisbarco ad altissimo rischio». Ne veniva un combattimento durato 48 ore.
Innegabili i tanti quotidiani gesti di coraggio. Il maresciallo incursore Marco Sponziello si muove assieme alle forze afghane per catturare un capo taleban. Fanno irruzione in una base nemica. Sponziello si muove come una pantera. «Agiva in modo rapido e risoluto disarmando e, successivamente, immobilizzando un individuo sospetto, senza ricorrere all’uso delle armi». Il caporalmaggiore Floro Guarna, coinvolto in un ennesimo scontro a fuoco a Bala Baluk, «gravemente ferito, incurante del dolore, organizzava con perizia e coraggio il ripiegamento della squadra… e solo dopo aver assolto il compito, stremato, si accasciava». Un altro caporalmaggiore, Andrea Mancino, si trova in servizio di scorta a un’autocolonna. Vengono attaccati dalle parti di Akazai. Sulla strada c’è un camion messo di traverso. «Scendeva con esemplare sprezzo del pericolo dall’automezzo protetto e si poneva alla guida di un camion civile».
Fonte: www.corriere.it
27 Dicembre 2011