Berlusconi a Obama: impegno su Kabul


Marco Galluzzo


Il premier Silvio Berlusconi è arrivato a Washington alle 2.15 (ora italiana). I segnali: soldati operativi in tempo reale, sì ai detenuti in arrivo da Guantanamo. Aerei e 500 soldati in più.


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Berlusconi a Obama: impegno su Kabul

WASHINGTON – Un rafforzamento temporaneo del nostro contingente in Afghanistan che porterebbe a impiegare sino a 500 militari in più. La disponibilità ad entrare in azione immediatamente, a richiesta del comando delle operazioni, e non più con le tradizionali 6 ore di preavviso: un’operatività in tempo reale che cambierebbe il volto del nostro impegno, come da tempo chiedono gli americani. Sono alcuni dei dettagli dell’agenda, non senza contropartite, che il presidente del Consiglio discuterà oggi alla Casa Bianca nel suo primo incontro ufficiale con Barack Obama. Il Cavaliere è arrivato ieri sera nella capitale americana. Vedrà anche lo speaker del Congresso, Nancy Pelosi. Porta in «dote» una serie di offerte (e di richieste) utili a rinsaldare una relazione che se non è più quella con un Paese governato da un grande amico, com’era ai tempi di George Bush, è pur sempre un pilastro degli interessi strategici di entrambi gli Stati.

L’agenda ufficiale dell’incontro dice che i due presi­denti si vedranno nel pomeriggio, in un incontro allargato ai rispettivi staff. È un punto di vanto di Palazzo Chigi che Silvio Berlusconi sia il secondo leader europeo, dopo Gordon Brown, ricevuto alla Casa Bianca dal giorno dell’insediamento di Obama (e si rimarca che Prodi in quasi 2 anni non ci mise piede). Il piatto forte, oltre alla preparazione dei temi del G8, sarà l’Afghanistan. Nel Paese che combatte contro i talebani si avvicinano le elezioni. Gli americani chiedono a tutti gli Stati che partecipano al contingente Nato di aumentare, anche in modo temporaneo, la propria presenza sul territorio. Pure se le cifre sono ancora ufficiose, l’offerta che Berlusconi farà ad Obama porterebbe i nostri militari nella regione, almeno per alcuni mesi, a circa 3000. Sarebbero pronti a partire an­che 3 nuovi aerei e due elicotteri utili ad operazioni di soccorso. C’è poi il capitolo dell’impiego in operazioni di guerra. Finora l’Italia ha dispiegato i suoi soldati, a richiesta del comando centrale, avvalendosi della facoltà di rispondere con un preavviso di 6 ore (erano 76 sino a poco tempo fa).

Berlusconi sembra disposto a concedere un’operatività in tempo reale, ma in cambio dell’accesso, finora negato, al circuito completo delle informazioni sensibili. Solo in cambio di una piena disclosure dei dossier, d’intelligence e militari, utili all’impiego dei soldati, Roma accontenterà gli americani. Si discuterà anche di Guantanamo, della prigione cubana per sospetti terroristi che Obama, in segno di discontinuità con l’amministrazione Bush, intende chiudere. Il governo italiano ha già dichiarato di essere disposto a prende­re in carico alcuni di quei detenuti. Ora anche questo dossier prende forma: l’Italia potrebbe accettare sino a 5 o 6 ex detenuti assoggettandoli, ma anche questo è ancora in discussione, ad un regime speciale. Una sorta di ibrido fra il regime di libertà vigilata (con obbligo giornaliero di firma) e la protezione per soggetti a rischio. Si tratta infatti di persone che per gli americani sono ormai, in gergo tecnico, cleared for release. Ovvero che non hanno più pendenze con gli Usa, ma che invece rischiano grosso (in ter­mini anche di condanne a morte) nei Paesi d’origine. Il regime cui andrebbero incontro, con il consenso degli altri Paesi Ue, potrebbe prevedere un’eccezione all’obbligo di non lasciare l’Italia: una possibilità di circolazione (su permesso) entro i confini della zona Schengen.

È ovvio che questo sarà uno dei «grossi segnali», raccontano nel governo, che Berlusconi offrirà. «Vado lì come un amico, com’è sempre stato. Finora Obama le ha azzeccate tutte…». In queste due frasi c’è l’umore con cui ieri il Cavaliere è partito dall’Italia. Vi si dice della stima che nutre nei confronti della nuova guida della Casa Bianca. Ma anche della consapevolezza che nonostante i rumors su frizioni personali e geopolitiche fra i due leader (sempre smentiti da Palazzo Chigi) il rapporto fra i due Paesi resta strategico, come sottolineato nella nota diffusa dagli americani per annunciare l’incontro. Un umore non guastato dalla dichiarazioni di D’Alema sulla debolezza del governo: «L’ultima cosa di cui mi preoccupo sono le illusioni di un’opposizione che è a pezzi». Se poi anche con Obama il Cavaliere riuscirà a costruire un rapporto personale come quello intessuto negli anni con Bush, o come quello che lo lega a Putin, è da vedere. Di certo non farà nulla per nascondere una spensieratezza, anche linguistica, che attiene più al carattere personale che alle relazioni bilaterali: «Volete dire qualcosa ad Obama? Vado lì bello e abbronzato…», ha detto ieri prima di lasciare Genova alla volta di Washington.

Fonte: Corriere.it

15 giugno 2009

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